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Breast Unit: l’integrazione con il territorio, verso una visione olistica della paziente


Il DM77 rappresenta una svolta e il modello di Breast Unit italiano deve necessariamente essere integrato con la “rivoluzione territoriale”. Manuela Tamburo De Bella, Mattia Altini e Rossana Berardi parlano dell’importanza delle Breast Unit per una presa in carico del paziente a 360 gradi

22 DIC -

L’Italia vanta un modello di Breast Unit (o Centri di Senologia) unico in tutta Europa, che può essere migliorato e arricchito affrontando le sfide dell’oncologia di prossimità e grazie a una presa in carico sempre più multidisciplinare e olistica. “Il nostro modello offre la possibilità di organizzare in maniera strutturata il percorso delle donne con tumore della mammella attraverso l’identificazione, da parte delle Regioni, dei centri che fanno parte della rete”, spiega in un’intervista Manuela Tamburo De Bella, Dirigente Medico Responsabile della UOS Reti Cliniche Ospedaliere e Monitoraggio DM70 - Agenas. “I centri Hub e i centri Spoke (a seconda del modello proposto dalla Regione per la rete) hanno funzioni diverse, che vanno dall’approccio diagnostico terapeutico alla chirurgia ad alto livello di specializzazione”.

Le Breast Unit sono considerate un Livello Essenziale di Assistenza (LEA) nel sistema sanitario italiano: “le Regioni sono obbligate a identificare centri, a far applicare PDTA specifici per patologia e ad avere un gruppo di lavoro multidisciplinare”, continua l’esperta.

Integrazione tra reti oncologiche e medicina del territorio

Secondo Tamburo De Bella, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha offerto la grande opportunità di includere nella rete oncologica una serie di strutture intermedie e di prossimità organizzate dal DM77 del 2022. Il Decreto Ministeriale definisce i modelli e gli standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ed è una riforma prevista dal PNRR nella Missione 6 Salute.

Le persone soggette a tumore mammario possono quindi accedere a diversi setting assistenziali, che includono anche sedi di prossimità per usufruire di ulteriori servizi, come terapie di supporto o di psico-oncologia. Tamburo De Bella racconta che un gruppo di lavoro dedicato dell’Agenas, presenterà all’attenzione della conferenza delle Regioni un modello di oncologia territoriale. Secondo questo modello “il paziente oncologico - sia quello in follow-up, sia il paziente cronico - può trovare nel setting territoriale un supporto di prossimità, nelle varie fasi del suo percorso di cura”.

Anche secondo Mattia Altini, Responsabile dell’Assistenza Ospedaliera della Regione Emilia Romagna, il DM77 rappresenta una svolta e il modello di Breast Unit italiano deve necessariamente essere integrato con la “rivoluzione territoriale”.

Secondo Altini l’evoluzione delle Breast Unit dovrebbe andare nella direzione della costituzione di una micro-rete nella quale la medicina di prima linea, la medicina di prossimità e la medicina generale svolgono un ruolo chiave. “Non può esistere una medicina moderna senza multidisciplinarietà”, commenta. Altini parla di una multidisciplinarità più ampia di quella attuale, che vede un grande contributo territoriale e la presenza di nuove figure, come l’infermiere di comunità e l’infermiere di famiglia che permettano, grazie anche alluso di nuove tecnologie, di seguire le pazienti a distanza.

Una presa in carico della paziente a 360 gradi

E ancora oltre la multidisciplinarità, per Rossana Berardi, Professore Ordinario di Oncologia dell’Università Politecnica delle Marche e Direttrice Clinica Oncologica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche, oggi non possiamo prescindere da una visione olistica, che permetta una presa in carico completa della paziente, tenendo conto dei suoi bisogni di salute, certo, ma anche dei bisogni complementari al percorso di cura e delle fragilità, in particolare nei casi più complessi, in presenza di malattia metastatica o di un cancro triplo negativo.

“Stiamo attraversando una vera e propria rivoluzione in ambito terapeutico. Non solo per le donne che hanno una malattia potenzialmente guaribile attraverso varie opzioni terapeutiche ma anche per le pazienti nelle fasi più avanzate della malattia”.

Oggi il destino di queste donne è completamente diverso rispetto ad alcuni anni fa. Il 13 ottobre è la Giornata Nazionale dedicata al Tumore al Seno Metastatico. Questa giornata è sicuramente un’occasione importante per sensibilizzare i cittadini e le istituzioni sulle necessità delle persone colpite da questa malattia in fase avanzata, ma è anche la dimostrazione, sottolinea Berardi, che le nuove terapie sono in grado di offrire anni di vita alle pazienti con malattia in fase avanzata.

Il ruolo delle associazioni pazienti

Nell’evoluzione delle Breast Unit, dice Berardi, è fondamentale il ruolo delle associazioni delle pazienti: “Sono le nostre sentinelle. Ci aiutano nel quotidiano nell'attività lavorativa e anche e soprattutto a comprendere meglio i bisogni delle nostre pazienti, quindi a mettere in atto una strategia di presa in carico che abbia come obiettivo non solo la terapia, ma anche tutto ciò che c’è nel tempo che intercorre tra una terapia e l’altra. Possiamo fare tanto nella presa in carico in queste fasi in cui molte pazienti sono sole”, continua Berardi. E conclude: “La sfida è di unirci con le strutture territoriali e contribuire a un’ulteriore rivoluzione, di una medicina di maggiore prossimità. Spesso le terapie che garantiscono una maggiore aspettativa di vita possono essere delocalizzate, quindi dobbiamo capire come offrire un sostegno e una presa in carico vicino al domicilio”.


Contributo realizzato con il contributo non condizionante di



22 dicembre 2023
© Riproduzione riservata

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