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Vaccinazione antinfluenzale pediatrica. Per gli esperti “importantissima per la salute pubblica”. Ma in Italia coperture ferme al 14%


Non sempre è “una banale influenza”. E non è vero che a rischiare complicanze gravi sono solo gli anziani, anzi. Inoltre i bambini sono coloro che più facilmente diffondono il virus: in classe tra i compagni, a casa tra genitori, fratelli e nonni. Per questo, igienisti, infettivologi, pediatri e istituzioni richiamano all’importanza della vaccinazione antinfluenzale pediatrica, per proteggere i bambini e chi li circonda.

13 MAR - “L’influenza non è un problema solo dell’anziano, ma è un virus che mette a dura prova la salute dei bambini. Se in generale il 40% delle sindromi respiratorie acute sono associate all’influenza, nei bambini tra 0 e 5 anni di età il dato sale al 60-70%. I bambini sono i più colpiti, soprattutto i più piccoli”. A dirlo Paolo D'Ancona, Dirigente di ricerca, Dipartimento di Malattie Infettive, Reparto di Epidemiologia, Biostatistica e Modelli Matematici (EPI) dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), intervenendo oggi al convegno “Il valore della vaccinazione antinfluenzale pediatrica: nuove sfide e opportunità”, promosso da AstraZeneca a Roma.

D’Ancona ha sottolineato come sia sbagliato parlare di “banale influenza”, perché “questi bambini hanno avuto bisogno del medico, alcuni anche del ricovero in ospedale. Proprio in questi giorni - ha aggiunto - gli Stati Uniti hanno riferito che sono stati superati i 100 decessi nella fascia 0-5 anni per le complicanze associate a queste infezioni, ma sappiamo anche che l’80% di questi bambini non era vaccinato. È quindi evidente come la vaccinazione antinfluenzale pediatrica sia importante per ridurre i rischi e i tassi di ospedalizzazione”.

A confermare il preoccupante quadro Marta Ciofi Degli Atti, responsabile dell'Unità di ricerca "Esiti e Percorsi clinici” dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, che ha raccontato come l’ospedale della Santa Sede abbia contato, nel 2023, oltre 100mila accessi in Pronto Soccorso, il 20% dei quali per infezioni respiratorie acute. “Il 10% dei bambini con infezione respiratoria acuta viene ricoverato, con un rischio di ricovero molto maggiore per i bambini piccoli e nei bambini e adolescenti con condizioni croniche complesse. L’influenza va considerata un rischio, per il bambino sano, per il bambino piccolo, per il bambino con un problema di salute di base”.

In Italia la vaccinazione antinfluenzale pediatrica è offerta gratuitamente a tutti i bambini di età compresa tra 6 mesi e 6 anni e ai pazienti pediatrici di età superiore ai 6 anni a rischio di complicanze in corso di influenza. Dallo scorso anno la vaccinazione antinfluenzale è entrata anche nei Lea (Livelli essenziali di assistenza). Lo sforzo delle istituzioni è quindi evidente, eppure la copertura vaccinale nella fascia di età tra i 6 mesi e i 6 anni resta ancora “bassa, inferiore al 14%”, ha detto Anna Maria Caraglia, Dirigente Sanitario Medico del ministero della Salute. Molto poco, se si considera che la copertura ottimale sarebbe del 95% e quella minima auspicata del 75%.

C’è quindi ancora molto da fare. Ne sono convinti tutti, in primis i pediatri di libera scelta, che nella sfida per ampliare le coperture vaccinali contro l’influenza dei bambini possono indubbiamente ricoprire un ruolo importantissimo, considerato il rapporto di fiducia che li lega alla famiglia fin dalla nascita di un bambino. “L’Italia è l’unico paese in Europa ad avere istituto la figura del pediatra di famiglia – ha ricordato il presidente della Fimp, Antonio D’Avino -. Parliamo di 6.712 professionisti che rappresentano, in ogni area del Paese, un presidio di prevenzione. Fare prevenzione ed educazione sanitaria è alla base della nostra professione e siamo pronti a fare ancora di più per aumentare la diffusione della vaccinazione antinfluenzale nei bambini. Ritengo che la vaccinazione antinfluenzale debba diventare un’attività obbligatoria per ogni pediatra”, ha detto il presidente della Fimp sottolineando come oggi i pediatri possano contare anche sul vaccino antinfluenzale pediatrico nella formula di spray nasale, “più tollerato dai bambini e meglio accolto dai genitori”.

Pediatri di famiglia, dunque, ma non solo. Giancarlo Icardi, presidente del Comitato Scientifico della Siti, ha riferito, ad esempio, dell’esperienza del Regno Unito che dal 2023 propone la vaccinazione gratuita dai 6 mesi ai 17 anni e che, “sfruttando tutti i setting a disposizione e anche grazie a una campagna vaccinale diffusa attraverso le scuole, ha raggiunto una copertura vaccinale di circa il 51%”. Un ampliamento dei setting vaccinali, con il coinvolgimento anche delle scuole, è un elemento che per Icardi andrebbe valutato anche in Italia.

Anche Roberto Ieraci, Infettivologo e Vaccinologo, Ricercatore associato Senior CNR, Strategie Vaccinali Regione Lazio, Nitag, è convinto che sia necessario rendere la vaccinazione più accessibile. “Le basse coperture che abbiamo in Italia sono un effetto della scarsa organizzazione che c'è sul territorio”, ha detto. Le vaccinazioni, per l'infettivologo, “devono essere di facile accesso per tutti. A questo scopo è necessario anzitutto migliorare la logistica, perché ancora oggi i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta non sono ancora adeguatamente supportati in modo da avere subito a disposizione il vaccino più appropriato quando c’è la maggiore richiesta da parte degli assistiti. Dobbiamo rendere le vaccinazioni più accessibili, in più setting, che sia nei centri vaccinali, negli ambulatori dei medici di famiglia, dei pediatri di libera scelta o nelle farmacie”.

La sfida, dunque, è chiara. “Le vaccinazioni sono uno strumento formidabile di salute pubblica e il loro utilizzo va implementato”, ha ribadito Francesco Vitale, professore di Promozione della Salute, Materno-Infantile, di Medicina Interna e Specialistica di Eccellenza “G. D’Alessandro”, Università degli Studi di Palermo. Per Vitale le strategie per farlo “sono ben indicate nel Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2023-2025”, che non a caso “dedica 7 dei 10 obiettivi al suo interno alla creazione di reti territoriali di interazione tra vari professionisti e sottolinea come, sotto il coordinamento del Dipartimento di prevenzione, sia necessario ampliare i luoghi della vaccinazione. Perché la vaccinazione non appartiene a una sola categoria o una sola frazione della medicina”.

La prima cosa da fare però, per gli esperti, è però creare una “cultura” della prevenzione e della vaccinazione. Una cultura che devono anzitutto avere gli operatori sanitari, ma che deve poi ampliarsi all’intera società, anche attraverso le scuole.

A tirare le fila della mattinata di lavoro il presidente della XII commissione Affari Sociali della Camera, Ugo Cappellacci, che ha raccolto le riflessioni e le istanze dei professionisti: “Il primo dovere della politica – ha detto – è l’ascolto. Perché dall’ascolto consapevole nascono soluzioni efficaci e consapevoli. La sfida della vaccinazione in età pediatrica è importantissima”. Per vincerla “vanno valutati tutti gli strumenti”, anche “il medico scolastico". Cappellacci ha quindi auspicato che possa essere “presto incardinato in commissione il Progetto di legge che punta a istituire l’educazione sanitaria nelle scuole dell’obbligo, per trasferire alle generazioni la necessaria attenzione alla prevenzione”.

13 marzo 2024
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