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Tumore prostata. Stratificare rischio e migliorare appropriatezza diagnosi precoce con test  innovativi e risonanza magnetica. Lo studio dell’Istituto Humanitas


Nel 2023 sono stati circa 41 mila i nuovi casi in Italia di tumore alla prostata, che si conferma la neoplasia più frequente tra gli uomini. L’individuazione di un rischio genetico-familiare e la diagnosi precoce sono al centro di uno studio no profit condotto dall’Istituto Clinico Humanitas. Per offrire una corretta diagnosi è necessario tenere conto della rilevazione del marcatore biochimico phi (Prostate Health Index) in combinazione con la risonanza magnetica nucleare.

25 MAR - Con il 20% dei casi sul totale dei tumori maschili, il tumore alla prostata (PCa) è la forma di neoplasia più frequente tra gli uomini, con circa 41mila nuovi casi in Italia nel 2023 (fonte AIRC). Una diagnosi precoce, attraverso programmi di screening personalizzati e basati sul rischio clinico si rivela fondamentale.

L’individuazione di un rischio genetico-familiare e la diagnosi precoce del PCa sono al centro di uno studio no profit dell’Istituto Clinico Humanitas, finanziato dalla Fondazione AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), i cui primi risultati sono stati presentati nel corso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) Genitourinary (GU) Cancers Symposium 2024.

L’obiettivo è valutare l’efficacia dello screening precoce su individui ad alto rischio genetico, ovvero soggetti sani portatori di mutazioni DRG (Geni Riparatori DNA, uno dei più conosciuti è il BRCA2), che possono sviluppare precocemente tumori più aggressivi.

“I soggetti eleggibili per lo studio, che conta ad oggi più di 100 partecipanti – spiega Massimo Lazzeri, urologo dell’Istituto Clinico Humanitas – sono stati individuati utilizzando due modalità: investigando la linea femminile della famiglia, ovvero donne portatrici di mutazioni BRCA1-2 (una tipologia di DRG) e quindi con un aumentato rischio di sviluppare determinati tipi di tumore, in particolare alla mammella e all’ovaio; investigando pazienti con tumore alla prostata, cercando di individuare i portatori di mutazioni DRG. In entrambi i casi ai familiari di sesso maschile è stato offerto un counseling genetico per verificare la presenza di mutazioni DRG, ed i casi positivi sono stati monitorati attraverso uno screening personalizzato, comprensivo di test di laboratorio e diagnostica per immagini”.

“La combinazione di un nuovo marcatore biochimico come il phi (Prostate Health Index) e la risonanza magnetica nucleare – sottolinea Lazzeri – ha l’obiettivo di bilanciare i rischi di sovradiagnosi e sovratrattamento legati al PSA (Antigene Prostatico Specifico), evitando la mancata diagnosi e quindi sotto trattamento in una categoria di soggetti particolarmente a rischio di sviluppare un tumore prostatico”.

“L’obiettivo di questo studio – continua l’urologo dell’Istituto Clinico Humanitas -che ha avuto inizio nel 2022, è quello di offrire una corretta diagnosi del tumore alla prostata in una categoria specifica di soggetti non affetti ma geneticamente a rischio. Proprio in questo gruppo di uomini sarà necessario procedere con metodi di screening personalizzati che integrino nuovi marcatori biochimici, come il phi, o molecolari con le nuove metodiche di imaging”.

In particolare, la collaborazione in Humanitas con i dipartimenti di Laboratorio e Genetica, di Oncologia, di Patologia e di Radiologia, è cruciale per l’accurata diagnosi del tumore alla prostata.

“L’utilizzo del marcatore ematico come il phi, combinato alla risonanza magnetica – conclude Lazzeri – potrebbe attestarsi come uno strumento essenziale, per migliorare l’accuratezza del rilevamento del cancro alla prostata, in questo caso nei soggetti con predisposizioni genetiche, confermando anche l’importanza della multidisciplinarietà del percorso”.

25 marzo 2024
© Riproduzione riservata

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