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Tiroidectomia transascellare con il robot. Per la prima volta anche nel centro-sud

di Maria Rita Montebelli

L’intervento realizzato al Policlinico Gemelli di Roma dall’équipe del prof. Rocco Bellantone. La chirurgia robotica con il da Vinci® è indicata per ora sono nelle patologie benigne della tiroide. In Italia, oltre al Gemelli, è praticata anche a Modena e Pisa.

22 GEN - E’ un nuovo traguardo della chirurgia della tiroide: l’intervento completamente invisibile, realizzato con il robot da Vinci® mediante approccio trans-ascellare. Ad effettuarlo è stata, lo scorso 17 gennaio, l’équipe di Chirurgia Endocrina e Metabolica del Policlinico ‘A. Gemelli’ di Roma, diretta dal professor Rocco Bellantone. La paziente, una donna di 37 anni affetta da gozzo multinodulare, è stata dimessa il giorno dopo in ottime condizioni.
 
La tecnica robotica per la tiroidectomia, messa a punto nella Corea del Sud dal dottor Woong Youn Chung, (Yonsei University College of Medicine, Seoul), sta avendo una buona diffusione anche nel mondo occidentale, dove da qualche anno si è andata affiancando alla chirurgia tradizionale, che prevede un’incisione alla base del collo (ideata un secolo fa dal dottor Emil Theodor Kocher) e alla tecnica mininvasiva endoscopica (MIVAT, Minimally Invasive Video Assisted Thyroidectomy), che produce una piccolissima cicatrice nella regione anteriore del collo.
 
“La tecnica mininvasiva endoscopica – spiega il professor Celestino Pio Lombardi, primario Chirurgia Endocrina Policlinico A. Gemelli – CIC – è ormai assolutamente consolidata e può essere eseguita nel 25-30% dei pazienti candidati a tiroidectomia, con risultati ottimali, sovrapponibili o anche migliori a quelli della chirurgia tradizionale open. Va riservata però ai casi in cui i noduli non superino i 30-35 mm. E’ una chirurgia molto dolce, che viene fatta con strumenti dedicati, con una telecamerina che consente di ingrandire i nervi ricorrenti e le paratiroidi. Il risultato estetico è eccellente perché l’incisione praticata è di appena 1,5-2 cm, che tende a vedersi sempre meno nell’arco dei mesi, fin quasi a scomparire. Può essere utilizzata anche per piccoli tumori.
 
“Nell’intervento robotico invece – prosegue il professor Lombardi - la regione del collo resta completamente indenne da cicatrici perché il chirurgo rimuove la ghiandola passando attraverso un’incisione di 7-8 cm praticata a livello del cavo ascellare; da qui vengono introdotte le ‘braccia’ del robot e la telecamera che permette una visione 3D ingrandita fino a 10 volte; gli strumenti vengono guidati in una sorta di ‘tunnel’ sotto la ghiandola mammaria e sopra il muscolo pettorale, fino a raggiungere la regione anteriore del collo, dove si trova la tiroide. L’intervento con il robot può durare fino a tre volte tanto un intervento in MIVAT o di chirurgia tradizionale. Al momento inoltre non è stato completamente risolto come visualizzare bene alcune strutture, quali il nervo ricorrente controlaterale rispetto all’approccio ascellare. L’unico vero vantaggio, almeno per ora,  è quello di non avere alcuna cicatrice sul collo ”
 
“La tiroidectomia robotica - sottolinea il professor Rocco Bellantone - è al momento indicata solo per il trattamento della patologia tiroidea nodulare benigna. Il suo impiego è in corso di validazione per il trattamento delle lesioni maligne, in pazienti a basso rischio”.
 
L’unica casistica numericamente importante di tiroidectomia con il robot da Vinci® è al momento quella coreana, ma l’intervento di tiroidectomia robotica si sta diffondendo anche negli Stati Uniti. In Italia, oltre che al Gemelli, viene effettuata nei centri di endocrinochirurgia di Modena e di Pisa.
 
Maria Rita Montebelli

22 gennaio 2014
© Riproduzione riservata

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