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Farmaci biosimilari, gli esperti concordano: "Un’opportunità da non trascurare"


No alla sostituzione automatica dei biosimilari ai loro originatori biotecnologici; si all’autonomia e alla responsabilità prescrittiva del medico; si all’utilizzo dei biosimilari per generare risparmi da destinare ai molti farmaci innovativi in arrivo per non mettere in crisi le finanze regionali. Queste le conclusioni di un incontro tenutosi al Senato sul futuro ormai prossimo delle terapie biologiche.

18 GEN - Curiosamente, l’appuntamento romano dedicato a “Biologici e biosimilari: la nuova frontiera dei farmaci”, non ha mantenuto le aspettative. Chi infatti poteva attendersi un vivace scambio di opinioni tra i produttori di farmaci generici – tra loro anche quelli che si occupano di farmaci biosimilari – e quelli dei farmaci “originatori”, è certamente rimasto deluso. L’incontro, voluto anche per fare il punto sul disegno di legge AS 1875 (con norme ad hoc per questa nuova categoria di farmaci), a firma di Antonio Tomassini, presidente della  commissione Igiene e sanità di Palazzo Madama, del suo collega Cesare Cursi, presidente della commissione Industria del Senato e di Stefano De Lillo, componente della XII commissione,ha fatto registrare il consenso di tutti i partecipanti su alcuni punti “cruciali” della questione relativa all’ingresso nel Prontuario e all’utilizzo dei farmaci biosimilari.
Che, come ha sottolineato Tomassini nell’avviare il dibattito, appaiono destinati a occupare spazi sempre più rilevanti nel mercato: “Si stima” ha affermato “che nel 2016 su cento farmaci almeno 48 saranno biologici e che la percentuale di prescrizione di questi farmaci supererà ampiamente quella dei medicinali destinati alle cure primarie (70% contro 30%)”.
Il primo dei punti sul quale è stata registrata l’opinione concorde di tutti i partecipanti alle due tavole rotonde – una “scientifica” e una  “tecnica” – in cui è stato diviso l’incontro, è stato quello della impossibilità di sostituzione automatica del biosimilare.
Questi, infatti, al contrario di quanto accade per il normale farmaco generico (lo ha chiaramente spiegato Paola Minghetti, docente di Tecnologia, Socio-economia e legislazione farmaceutiche dell’Università di Milano), è solo una copia del farmaco biologico originale che richiede per il suo sviluppo procedure di particolare complessità. Il biosimilare, insomma, può soltanto copiare, ma non sovrapporsi, sostituendolo,  all’originatore. Lo dimostra anche la procedura di registrazione – centralizzata a livello europeo, dove l’Aic è rilasciato dall’Emea ed è valida per tutti i Paesi Ue – che richiede ai produttori di biosimilari una documentazione ben più corposa di quella necessaria per i generici “chimici”.
L’aumento dell’offerta dei biosimilari, comunque meno costosi (fino al 20%) rispetto ai farmaci biologici originali, potrebbe però indurre le amministrazioni regionali a cercare facili risparmi attraverso norme che non solo imporrebbero ai medici una precisa scelta terapeutica ma limiterebbero la possibilità dei cittadini di poter accedere a farmaci innovativi.
Un rischio che va assolutamente evitato: lo hanno sostenuto con forza Tomassini, Cursi e il vicepresidente della XII commissione del Senato Daniele Bosone. E con loro anche i medici presenti all’incontro – Paolo Carlini dell’Aiom, Gianfranco Ferraccioli,  responsabile della Reumatologia del Policlinico Gemelli di Roma, Fabrizio Pane presidente della Società italiana di Ematologia – ma anche i farmacologi – Carlo Riccardi presidente della Società italiana di Farmacologia – e gli stessi farmacisti ospedalieri, rappresentati da Laura Fabrizio, presidente della Sifo, che ha ricordato come il farmaco biosimilare costituisca una scelta oculata per i malati che iniziano una terapia, ma una sua sostituzione “d’imperio”, decisa da una Regione piuttosto che da un’altra, sulla scorta di considerazioni economiche, potrebbe esporre a gravi rischi pazienti che già seguono una terapia con il farmaco originatore.
E sono stati proprio questi due temi – l’autonomia decisionale del medico e l’accessibilità dei farmaci a livello nazionale – a tenere banco nel corso della seconda “sessione” dell’incontro romano. Alla quale hanno preso parte Guido Rasi e Stefano Vella, rispettivamente direttore generale dell’Aifa e direttore del Dipartimento del farmaco dell’Istituto superiore di sanità, Massimo Scaccabarozzi, vice presidente della Farmindustria, Riccardo Palmisano, presidente di Assobiotec, Giorgio Foresti, presidente di Assogenerici, Teresa Petrangolini, segretario generale CittadinanzAttiva e Luigi Mezzalira, direttore del Servizio farmaceutico della Regione Veneto.
Anche qui, nei vari interventi, molte posizioni condivise: la necessità di informazione (indipendente) al medico (che deve pero utilizzare realmente questi farmaci, ha ricordato Foresti) e ai pazienti, la capacità dei biosimilari di costituire una risorsa per lo sviluppo della ricerca sui farmaci innovativi, l’importanza di un processo di farmacovigilanza post marketing ancor più accentuato che sul farmaco chimico.
Di particolare interesse l’intervento di Mezzalira, secondo il quale un innovativo utilizzo dei Registri Aifa potrebbe costituire la “chiave di volta” per un diffuso ricorso ai biosimilari. Attraverso il Registro, ha ricordato, possono essere garantite sia l’appropriatezza prescrittiva, sia la responsabilità del prescrittore, che potrà contare anche sull’ausilio della tecnologia informatica per snellire il percorso “burocratico”. Certo,le difficoltà delle Regioni sul piano economico, soprattutto dinanzi all’arrivo di nuove molecole,ancor più costose,sono note a tutti. Ma – lo ha ribadito Mezzalira – la strada da percorrere non è certo quella della sostituibilità tout court dei biosimilari ai loro originatori, quanto piuttosto quella delle “gare”. I farmaci scelti in questo modo potranno essere destinati ai pazienti che devono iniziare una terapia, salvaguardando così chi invece la terapia l’ha cominciata da tempo e potrà continuare a utilizzare il farmaco originario.
All’incontro ha preso parte anche il ministro della Salute Ferruccio Fazio che ha sottolineato come l’area del farmaco biologico rappresenti la punta avanzata del processo di evoluzione della farmacologia. Per questo è opportuno che un “nuovo modo di fare farmaci” destinati alla cura di patologie di grande rilevanza sociale, possa contare su una normativa ad hoc come quella del Pdl Cursi-Tomassini, per il quale ha assicurato il pieno appoggio del Governo. Anche per eventuali e ulteriori disposizioni relative a un sistema avanzato di farmacovigilanza.
 

18 gennaio 2011
© Riproduzione riservata

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