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Epatite C. Ok Aifa a rimborsabilità e riconoscimento di innovazione terapeutica per Daclatasvir


Daclatasvir, quando usato in associazione con sofosbuvir, è un regime tutto orale, da assumere una volta al giorno, che raggiunge percentuali di guarigione fino al 100%. In combinazione con sofosbuvir, offre alti tassi di cura per un'ampia popolazione di pazienti con HCV, inclusi quelli con infezione da genotipo 3 e pazienti falliti ad un inibitore della proteasi.

06 MAG - Bristol-Myers Squibb ha annunciato la decisione dell’Aifa di rimborsare come innovazione terapeutica daclatasvir, un potente inibitore pan-genotipico del complesso di replicazione NS5A (in vitro), per l'uso in associazione con altri medicinali nei genotipi 1, 3 e 4 per il trattamento dell’infezione cronica da virus dell’epatite C (HCV) in pazienti adulti. Entra in vigore oggi la determinazione di prezzo e rimborso pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

Daclatasvir in associazione con sofosbuvir è un regime tutto orale senza interferone che ha fornito percentuali di guarigione fino al 100% negli studi clinici, inclusi i pazienti con genotipo 3, con malattia epatica avanzata, e coloro che hanno precedentemente fallito il trattamento con inibitori della proteasi. Daclatasvir è il primo inibitore del complesso di replicazione NS5A approvato nell’Unione europea per l'uso in associazione con altri farmaci contro l’Epatite C, con una durata del trattamento più breve (12 o 24 settimane) rispetto alle 48 settimane del trattamento con regimi a base di interferone e ribavirina. Daclatasvir aveva ricevuto la valutazione accelerata della CHMP (Committee for Medicinal Products for Human Use), iter riconosciuto per i nuovi farmaci di maggiore interesse per la salute e, proprio recentemente, l’EASL ha incluso il regime a base di daclatasvir e sofosbuvir nelle linee guida 2015 per il trattamento dell’epatite C, come il primo trattamento per i pazienti con genotipo 3. Nonostante i progressi nel trattamento dell’epatite C, i pazienti con genotipo 3, coinfezione HIV/HCV, falliti a un inibitore della proteasi, malattia epatica avanzata e coloro che hanno subito un trapianto di fegato, sono ancora pazienti con importanti bisogni clinici non soddisfatti.

Il genotipo 3 rappresenta oggi il genotipo più difficile da curare e la sua natura più aggressiva è legata ai danni che provoca al fegato poiché è associato alla progressione della malattia, a un maggiore aumento della steatosi e a un più alto rischio di carcinoma epato-cellulare. Rilevanti dati dello studio ALLY 3, pubblicato recentemente su Hepatology, hanno dimostrato che, nei pazienti con questo genotipo, daclatasvir in combinazione con sofosbuvir, senza ribavirina, con 12 settimane di trattamento, ha raggiunto una risposta virologica sostenuta (SVR) a 12 settimane dalla fine del trattamento nel 90% dei pazienti naive e nell’86% dei pre-trattati.
 
A dicembre 2014 la Simit ha inserito daclatasvir nelle linee guida per il trattamento delle coinfezioni HIV/HCV e i dati dello studio ALLY 2, presentati al CROI lo scorso Febbraio a Seattle, hanno dimostrato l’efficacia di daclatasvir nei pazienti coinfetti con HIV, indipendentemente dalle caratteristiche dei pazienti al basale, senza necessità di modificare la concomitante terapia, a conferma della flessibilità di daclatasvir.
 
Durante il recente meeting annuale EASL è stato annunciato anche il raggiungimento degli endpoint primari nello studio ALLY-1, lo studio clinico di fase III che ha preso in esame un regime terapeutico di 12 settimane a base di daclatasvir e sofosbuvir, somministrati una volta al giorno in associazione a ribavirina, per il trattamento dei pazienti con cirrosi avanzata o recidiva di HCV post-trapianto epatico. Il regime a base di daclatasvir ha dimostrato percentuali di guarigione del 94% nei pazienti trapiantati e altissime percentuali nei soggetti con cirrosi avanzata.
 
Altre presentazioni di Bristol-Myers Squibb all’EASL hanno riguardato i dati dei programmi di uso compassionevole nell’Unione Europea (UE), che si sono aggiunti alle evidenze cliniche a supporto dell’utilizzo dei regimi a base di daclatasvir per il trattamento dei pazienti con particolari condizioni della malattia (HCV) e che presentano elevati bisogni clinici ancora insoddisfatti.

Inoltre, il regime ha evidenziato basse percentuali di interruzione (<1%) dovute a eventi avversi (AEs). Il tasso di eventi avversi gravi (SAEs) riscontrato è stato basso (4.7). Gli eventi avversi più comuni sono stati astenia, cefalea e nausea. Negli studi clinici, i regimi basati su daclatasvir sono stati generalmente ben tollerati con basse percentuali di interruzioni. Gli studi su daclatasvir, in corso e completati, hanno incluso più di 6.000 pazienti in una serie di regimi sia interferon-free che a base di interferone.
 
La sicurezza di daclatasvir nel trattamento dell’epatite C è stata dimostrata in diverse popolazioni che includono pazienti anziani, con malattia epatica avanzata, che hanno subito trapianto di fegato e con coinfezione da HIV. Nessuna problematica riguardo alla sicurezza è stata identificata in pazienti trattati con daclatasvir negli studi clinici e nel programma di accesso precoce.

06 maggio 2015
© Riproduzione riservata

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