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Sindrome di Down: dal Cnr la mappa delle alterazioni genetiche


Non è soltanto la presenza di una terza copia del cromosoma 21 a determinare la malattia. Ma l’interazione dei geni che ne fanno parte con gli altri tasselli del genoma.

22 APR - Che fosse una malattia connessa ad anomalie del cromosoma 21, lo si sa da anni. Ora, uno studio condotto dall’Istituto di genetica e biofisica Adriano Buzzati Traverso del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli spiega che è l’interazione dei geni presenti sul cromosoma 21 con altri geni a determinarne le alterazioni patologiche caratteristiche della sindrome di Down.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista PLos ONE.
I pazienti affetti da sindrome di Down, come è noto, presentano un cromosoma 21 in triplice copia rispetto alle due copie degli individui normali. Da anni gli studiosi lavorano però per comprendere quali sono i geni responsabili delle manifestazioni cliniche della sindrome e per migliorare le condizioni e l’aspettativa di vita nei pazienti.
“Costruire una mappa accurata dei geni alterati degli individui malati è il primo passo verso la cura”, ha spiegato il coordinatore dello studio, Alfredo Ciccodicola. “Avere la possibilità di studiarne la sequenza può fornire una più accurata rappresentazione, ad alta definizione, di come la patologia nasce ed evolve”.
Ed è ciò che hanno fatto i ricercatori grazie a una tecnica di sequenziamento di nuova generazione. “Si tratta di una procedura di sequenziamento massivo (deep sequencing) su larga scala che richiede una stretta interazione tra competenze avanzate di biologia molecolare e di bioinformatica”, ha illustrato Ciccodicola. “Un software ricostruisce una mappa ad alta risoluzione componendo milioni di piccoli frammenti. Una procedura impensabile fino a pochi anni fa, poiché richiedeva anni di lavoro e ingenti investimenti”.
“Grazie a questa innovativa tecnologia siamo riusciti a comprendere che non solo i geni presenti sul cromosoma 21 sono responsabili della malattia”, ha spiegato Valerio Costa, primo autore dello studio, “ma è la loro interazione con altri geni a determinare le alterazioni patologiche della sindrome”.
Inoltre, “questa metodica, unita all’utilizzo di un nuovo protocollo sperimentale nella preparazione dei campioni da sequenziare, ha reso possibile l’identificazione di forme alternative di alcuni geni presenti esclusivamente nelle cellule dei pazienti”, ha aggiunto Costa, “e ha consentito, per la prima volta, di analizzare piccole molecole di RNA che interagiscono con i geni regolandone la loro espressione”.
 

22 aprile 2011
© Riproduzione riservata

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