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Ipercolesterolemia familiare: aumenta di 22 volte il rischio di infarto precoce

di Maria Rita Montebelli

Il colesterolo LDL elevato è un importante fattore di rischio per complicanze cardiovascolari aterosclerotiche, ma nei soggetti portatori anche di una delle mutazioni a carico di tre geni dell’ipercolesterolemia familiare, il rischio cardiovascolare diventa letteralmente esplosivo, aumentando di ben 22 volte rispetto ai soggetti con valori normali di LDL. I risultati dello studio pubblicati su JACC e presentati al congresso dell’American College of Cardiology di Chicago.

05 APR - Il 7% circa della popolazione statunitense è affetto da ipercolesterolemia grave (colesterolo LDL non in trattamento ≥ 190 mg/dl), un problema solo a volte imputabile all’ipercolesterolemia familiare (FH), definit come una condizione causata da una singola mutazione a carico di uno di tre geni (LDLR, APOB, PCSK9).
 
E’ noto che elevati livelli di LDL rappresenti di per sé un importante fattore di rischio per eventi aterosclerotici cardiovascolari, ma quando questa condizione si verifica nel contesto di una forma di ipercolesterolemia familiare, si sospetta che il rischio di queste complicanze sia decisamente più elevato.
 
Per valutare la veridicità di questa ipotesi, un gruppo di ricercatori internazionali, tra i quali gli italiani Gina Peloso, Stefano Duga, Adolfo Correa, Piera Angelica Merlini e Diego Ardissino, è andato a valutare, la prevalenza di una qualsiasi mutazione FH tra i pazienti con ipercolesterolemia grave e a determinare se il rischio di eventi cardiovascolari aterosclerotici variasse a seconda dello stato mutazionale, al di là di quanto atteso rispetto ai livelli di LDL. Si tratta della più vasta analisi di sequenziamento genico focalizzata su soggetti con ipercolesterolemia mai effettuata finora.
 
Primo obiettivo dello studio è stato quello di determinare la prevalenza delle mutazioni FH tra le persone con livelli di LDL molto alti, superiori a 190 mg/dl. “Molti medici afferma Amit V. Khera primo autore dello studio pubblicato su JACC e cardiologo presso il Massachusetts General Hospital di Boston – ritengono che i pazienti con valori di LDL superiori a 190 mg/dl sia molto probabilmente affetti da FH; in realtà un individuo può presentare elevati livelli di colesterolo per tante altre ragioni, come una dieta sbagliata, la mancanza di attività fisica e una serie di comuni varianti geniche che singolarmente hanno uno scarsa influenza sui valori di colesterolo, ma che quando si verificano contemporaneamente possono avere un impatto clinico significativo”.
 
Gli autori dello studio pubblicato su JACC hanno effettuato su 26.025 partecipanti a 7 studi caso-controllo (5.504 casi di CAD e 8.577 controlli) e 5 studi di coorte prospettici (11.908 partecipanti)  il sequenziamento dei tre geni responsabili di FH (LDLR, APOB, PCSK9). Le mutazioni FH considerate comprendevano delle varianti ‘perdita-di-funzione’ del gene LDLR, delle mutazioni ‘missense’ dell’LDLR inducenti danno e varianti legate alla FH in un database di genetica clinica.
 
Tra gli 8.577 controlli senza patologie cardiovascolari, 430 presentavano livelli di LDL ≥ 190 mg/dl e tra di loro, soltanto l’1,9% era portatore di una mutazione FH. Tra gli 11.908 partecipanti ai 5 studi di coorte sono stati individuati 956 soggetti con LDL ≥ 190 mg/dl; solo l’1,7% di loro è risultato portatore di una mutazione FH.
 
Secondo obiettivo dello studio era valutare le conseguenze sulla salute dell’essere portatori di una mutazione dell’ipercolesterolemia familiare, a prescindere dai livelli di LDL. Per questo i ricercatori si sono focalizzati sulla comparsa di coronaropatie ad esordio precoce (CAD), cioè insorte prima dei 55 anni negli uomini e prima di 65 anni nelle donne.
 
Il rischio di CAD è risultato in generale più elevato tra i portatori delle mutazione FH, rispetto ai non portatori. Confrontati con un gruppo di riferimento, composto di soggetti con valori di LDL < 130 mg/dl e senza mutazioni, i pazienti con LDL  ≥ 190 mg/dl e senza mutazioni presentavano un rischio maggiorato di 6 volte di presentare una coronaropatia a esordio precoce. Laddove invece, oltre ad un LDL  ≥ 190 mg/dl, era presente anche una mutazione FH, il rischio di sviluppare una complicanza cardiovascolare è risultato aumentato di ben 22 volte, soprattutto tra quanti avevano anche livelli di LDL superiori a 190.
 
“Una delle spiegazioni per questo incredibile aumento di rischio – spiega Khera - è che se si è portatori di una di queste mutazioni, i livelli di colesterolo sono elevati dalla nascita. Riteniamo dunque che sia l’esposizione cumulativa alle LDL durante tutto il corso della vita il fattore chiave nel determinare questo aumento del rischio”.
 
In conclusione dunque , tra i soggetti con LDL  ≥ 190 mg/dl, i portatori di una mutazione FH sono una esigua percentuale, inferiore al 2% e dunque più contenuta rispetto a quanto studi precedenti avevano fatto sospettare (si parlava del 25% tra i soggetti con elevati livelli di colesterolo). Tuttavia, nonostante la relativa rarità di queste condizioni, la presenza di una mutazione FH espone ad un notevole aumento del rischio di sviluppare una complicanza cardiovascolare precoce, a parità di livello di LDL.
Lo screening genetico potrebbe dunque consentire di individuare i soggetti a rischio di malattia cardiovascolare precoce e di intervenire con terapie idonee.
 
“I nostri risultati – suggerisce Khera – suggeriscono che effettuando uno screening su tutti i soggetti con livelli di LDL molto elevati, alla fine ci si ritroverebbe con un piccolo numero di individui portatori delle mutazioni della FH; ma per loro, il fatto di essere stati ‘scoperti’ potrebbe fare la differenza dal punto di vista clinico. E questa scoperta potrebbe essere rilevante non solo per le persone portatrici delle mutazioni della FH ma anche per i loro parenti”.
 
 
Maria Rita Montebelli

05 aprile 2016
© Riproduzione riservata

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