Pillola dei 5 giorni dopo: no dei ginecologi al test ematico di gravidanza
Un sondaggio promosso dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna mostra che i medici italiani considerano errata l’ipotesi di sottoporre obbligatoriamente le donne all’esame. Merzagora: “L’esecuzione del test ritarderebbe l’accesso all’ultima possibilità per evitare un’interruzione volontaria di una gravidanza indesiderata”.
06 LUG - Non piace ai ginecologi italiani l’idea, in discussione dopo il via libera da parte Consiglio Superiore di Sanità alla “pillola dei 5 giorni dopo”, di attuare obbligatoriamente, prima della somministrazione del farmaco, un test ematico generalizzato di gravidanza.
Lo rivela un’indagine svolta da Datanalysis per conto dell’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da) su oltre 300 ginecologi italiani di Asl e ospedali, over 40, distribuiti uniformemente sul territorio italiano.
Dal sondaggio emerge che 9 ginecologi italiani su 10 sono contrari alla prescrizione del test, che non può ritenersi obbligatorio per tutte le donne che richiedono la contraccezione d’emergenza, ma solo dove una valutazione clinica lo rendesse necessario. Questa restrizione, inoltre, secondo la metà del campione, non sarebbe comunque in grado di escludere una gravidanza, specie se molto precoce, e di rispondere quindi a tempi compatibili con la tempestività d’uso della contraccezione d’emergenza. Infine, per i ginecologi, questa ipotesi sarebbe poco accettata anche dalle donne: solo il 15,7% ritiene che l’accetterebbe senza obiezioni, mentre il 32% pensa che le donne potrebbero rinunciare a questa opportunità.
“Questo farmaco – ha spiegato Rossella Nappi, ginecologa, endocrinologa e sessuologa all’Università di Pavia e Past Presidente dell’International Society for the Study of Women’s Sexual Health (ISSWSH) – non deve essere considerato come contraccezione di emergenza per donne ‘distratte’ o superficiali, ma come soluzione per donne che hanno avuto problemi seri o vissuto eventi ad alto rischio. Penso, ad esempio, a casi in cui una donna possa sentirsi in diritto di tutelarsi da una gravidanza a rischio o indesiderata, garantendosi una protezione più sicura rispetto alla pillola del giorno dopo attualmente in commercio e ultimo efficace baluardo prima di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, l’esperienza più dolorosa sotto tutti gli aspetti, fisici, psichici e morali. Pertanto – ha aggiunto Nappi – penso di potere esprimere a nome della comunità scientifica italiana l’imbarazzo a fronte delle posizioni assunte dagli organismi regolatori mondiali, delle società scientifiche internazionali specializzate nella contraccezione d’emergenza, nel caso in cui venisse applicata una restrizione d’accesso generalizzata alla contraccezione d’emergenza. Guardando al resto del mondo e al fatto che la scienza non è diversa da Paese a Paese, se l’Italia vuole restare in un palcoscenico internazionale deve allinearsi a quanto deciso e compiuto anche dai Paesi più conservatori che hanno visto in questo nuovo farmaco comunque una occasione educazionale per la salute della donna e una forma di contraccezione più sicura”, ha concluso.
Dello stesso avviso Emilio Arisi, presidente della Società Medico Italiana della Contraccezione, che avverte: “La pillola dei 5 giorni dopo non va assolutamente confusa con la pillola abortiva RU486. Da un punto di vista farmacologico, il principio attivo utilizzato appartiene alla categoria degli anti-progestinici, ossia quelle molecole che contrastano l’effetto del progesterone, indispensabile per creare le condizioni adatte alla fecondazione dell’ovulo e all’annidamento. Tuttavia il quantitativo di principio attivo in essa contenuto è talmente ridotto da essere inefficace per un’azione abortiva. È invece in grado di prevenire una gravidanza indesiderata ritardando l’ovulazione di 5 giorni, con una percentuale di successo del 98%. La pillola dei 5 giorni dopo può essere prescritta dal ginecologo, come da qualsiasi altro medico che abbia accertato l’assenza di gravidanza in atto”.
“Anche l’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da) si affianca a quanto espresso dal mondo clinico, ritenendo che l’Italia rappresenterebbe, in caso di restrizioni, un’eccezione assoluta tra i Paesi europei”, ha sottolineato la presidente O.N.D.a. Francesca Merzagora. “L’esecuzione di un test ematico ritarderebbe, infatti, l’accesso all’ultima possibilità per evitare un’interruzione volontaria di una gravidanza indesiderata. Per questo sarebbe molto importante raggiungere le donne italiane con una informazione capillare e chiara sugli strumenti oggi a loro disposizione”.
06 luglio 2011
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