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Autismo. I medici: “Solo la metà dei casi viene diagnosticata in terapia va solo 1 bambino su 3”


L’autismo colpisce un bambino ogni cento, ma la diagnosi arriva solo per la metà di loro. Tra tutti i casi individuati, un terzo è trattato con la terapia adeguata. Dati preoccupanti che la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Sinpia, rende pubblici in occasione della prossima Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo. Garantire terapie e cure adeguate anche nell’età adulta è uno dei principali problemi da affrontare.

31 MAR - Un bambino su cento soffre di autismo. Tra i piccoli con disturbo del neurosviluppo, solo uno su due riesce ad ottenere un percorso diagnostico nei servizi pubblici di neuropsichiatria infantile, e solo uno su tre riesce ad ottenere una risposta terapeutica. Meno di uno su dieci riesce ad avere risposte da un servizio per l’età adulta. È la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Sinpia, a tracciare un bilancio sugli obiettivi raggiunti e quelli da raggiungere, sugli elementi positivi e le criticità nelle risposte alle persone con autismo e ai loro familiari. La fotografia arriva a pochi giorni dalla “Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo”, in programma per il prossimo 2 aprile.

“I bambini che soffrono di autismo - ha spiegato la Sinpia - hanno, spesso, anche altri disturbi quali la disabilità intellettiva e-o sindromi genetiche o rare, determinando quadri funzionali anche molto diversi tra loro. Si tratta di condizioni che perdurano tutta la vita, e che possono determinare un peso significativo sulle famiglie al cui interno vi è una persona affetta”.
 
Tra le criticità rilevanti, che purtroppo non si sono modificate negli ultimi anni, Sinpia ricorda in particolar modo quelle relative all’accesso ai servizi di Npia e alla transizione verso l’età adulta. Dopo la pubblicazione dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), che per la prima volta hanno incluso in modo specifico i disturbi dello spettro autistico, va quindi deciso a livello istituzionale che tipo di risposte si vogliono dare davvero agli utenti e alle famiglie. “Il vero problema, infatti, per cui i LEA restano lettera morta – ha sottolineato la Sinpia - non è il mancato aggiornamento delle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità, ma la mancanza delle condizioni che permettono l’effettiva erogabilità di interventi appropriati: personale sufficiente, in servizi con organizzazione adeguata e omogenea, che garantiscano la formazione permanente degli operatori sulle più recenti evidenze”.

Se da un alto ci sono obiettivi ancora da perseguire, dall’altro ce ne sono altri già raggiunti. La Presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Antonella Costantino, si riferisce all’aumento della consapevolezza: “è certamente un obiettivo importante che è stato raggiunto - ha detto - gli ultimi anni hanno mostrato un incremento esponenziale di iniziative che si sono dimostrate assai efficaci nella sensibilizzazione della cittadinanza, nell’attivazione di reti di solidarietà e nel supporto all’inclusione. Altrettanto positiva è la sempre maggiore attenzione al coinvolgimento attivo dei genitori e dei contesti di vita e alla personalizzazione degli interventi a partire dalle migliori evidenze disponibili. Ma – ha concluso - si può e si deve fare di più”.     
 

31 marzo 2017
© Riproduzione riservata

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