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La dipendenza da videogame riconosciuta ufficialmente come ‘patologia’ dall’OMS

di Maria Rita Montebelli

Le madri, quelle in lotta perenne con i figli adolescenti costantemente attaccati a smartphone, tablet e computer, lo avevano capito da un pezzo. Ma adesso a dar loro ragione è addirittura l’Organizzazione Mondiale della Sanità che, nell’edizione 2018 del manuale diagnostico delle patologie (ICD, International Classification of Diseases), inserirà per la prima volta anche il ‘disturbo da videogame’.

29 DIC - Minecraft, Fortnite, Rainbow Six Siege, Fifa18 dal prossimo anno potrebbero diventare eponimi di malattia, il disturbo da video game che si configura quando l’attaccamento ai videogiochi diventa pervasivo nella vita di un ragazzo (o di un adulto,  non fa differenza), quando ne condiziona i progetti per la giornata, o quando arriva ad imporsi come l’unico programma della giornata.
 
Il Gaming Disorder sarà dunque incluso dall’OMS nella sezione dell’ICD  ( International Classification of Diseases) relativa ai disturbi dovuti a comportamenti che generano dipendenza, della quale fa già parte il disturbo da Gioco d’Azzardo (DGA), o gambling patologico.
 
Questa la bozza relativa alla descrizione del Gaming Disorder (6D11) che comparirà nella nuova edizione dell’ICD:
“Il gaming disorder è caratterizzato da un pattern di gaming persistente o ricorrente (‘gaming digitale’ o ‘video-gaming’), che può avvenire online (cioè connessi ad internet) o offline; si manifesta con le seguenti caratteristiche: 1) alterato controllo sul gioco (cioè sull’inizio, sulla frequenza, sulla sua intensità e durata, sulla capacità di interromperlo e sul contesto); 2) una sempre maggiore priorità data al gioco, fino al punto che il gaming acquisisca la precedenza su altri interessi della vista e sulle attività della vita quotidiana;  3) la persistenza o un’escalation del gaming nonostante la comparsa di conseguenze negative. Il pattern del comportamento è di gravità sufficiente a determinare problemi significativi nella sfera personale, familiare, sociale, scolastica, lavorativa o in altre importanti aree di funzionamento. Il pattern del comportamento di gaming può essere continuo o episodico o ricorrente. Il comportamento di gaming e le altre caratteristiche devono essere normalmente evidenti per un periodo di almeno 12 mesi per poter fare diagnosi, ma questo lasso di tempo può essere ridotto, qualora ricorrano tutti i requisiti diagnostici o in presenza di sintomi gravi”.
 
Un’iniziativa quella dell’OMS di riconoscere l’esistenza di un disturbo da videogame che riconosce e sottolinea ulteriormente l’effetto negativo che l’uso eccessivo del computer, (ma anche di tablet, smartphone) può avere sulla vita delle persone.
Trascorrere troppe ore al computer in compagnia dei videogame è dunque ufficialmente  una patologia, che ha già raggiunto proporzioni epidemiche. La dipendenza da videogame è un problema troppo diffuso e grave per continuare ad ignorarlo. E la decisione dell’OMS dovrebbe aiutare ad aprire gli occhi.
 
Maria Rita Montebelli

29 dicembre 2017
© Riproduzione riservata

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