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Arteriopatie periferiche. Efficaci le statine

di Will Boggs

Le statine rappresentano la terapia d’elezione nella malattia arteriosa periferica (Pad). Una ricerca statunitense condotta sui dati del Veterans Health Administration dimostra ancora una volta che la prescrizione di statine a dosaggio alto e moderato riduce il rischio di mortalità e amputazione

08 FEB - (Reuters Health) – Sembra proprio che le statine migliorino i risultati nella malattia delle arterie periferiche. Infatti, secondo i dati del Veterans Health Administration, l’uso di statine è associato a più bassi tassi di amputazione e mortalità nei pazienti con malattia delle arterie periferiche (Pad).  La Pad colpisce fino a 12 milioni di persone negli Stati Uniti ed è causa annualmente 148.000 amputazioni importanti. Ci sono prove limitate, tuttavia, sull’impatto della riduzione del colesterolo nel sangue sugli esiti dell’arteriopatia periferica.

Lo studio
Partendo da questa considerazione, Shipra Arya e colleghi, della Emory University School of Medicine di Atlanta, in Georgia, hanno utilizzato dati di 155.647 veterani (98% maschi) affetti da Pad per studiare l’impatto della terapia con statine e l’influenza sui risultati della Pad rispetto ad amputazione e mortalità. Al momento della diagnosi di Pad, il 38,8% dei pazienti era in trattamento con statine a dosaggio moderato e il 12,4% era in trattamento con statine ad alto dosaggio, mentre il 28,0% non aveva assunto alcuna statina.

A circa il 42% dei pazienti affetti da sola Pad non sono state prescritte statine, rispetto al 35% di quelli che avevano una diagnosi concomitante di stenosi dell’arteria carotidea, al 18% di quelli con una diagnosi concomitante di malattia coronarica e al 16% di quelli diagnosticati con tutte e tre le patologie. Dopo aggiustamento per età e altri potenziali fattori confondenti, le statine di bassa o moderata intensità sono state associate a una riduzione del 17% della mortalità e ad una riduzione del 24% del rischio di amputazione. Le statine ad alta intensità sono state associate a una riduzione del 30% del rischio di mortalità e una riduzione del 39% del rischio di amputazione.

Con ulteriori aggiustamenti per tali fattori confondenti come la razza, l’indice di massa corporea, i farmaci antipiastrinici e la severità della Pad, i rischi di morte e amputazione sono rimasti significativamente inferiori per gli utilizzatori di statine a bassa/media intensità e alta intensità. Nelle analisi dei sottogruppi, le riduzioni di rischio non differivano per età, sesso, razza, condizione del diabete e della malattia coronarica.

Le conclusioni
“Dopo la diagnosi di Pad, un paziente dovrebbe iniziare una terapia con statine al più alto dosaggio che possa essere tollerato, proprio come si fa per la malattia coronarica (Cad), per ridurre il rischio di amputazione e morte per tutta la vita”, osservano gli autori dello studio. “È necessario porre tutta l’attenzione possibile sulla diagnosi precoce e sul trattamento della malattia arteriosa periferica, in particolare in assenza di malattia cardiovascolare (Cad), e questo da parte di tutti gli operatori sanitari, compresi i medici di base, i cardiologi e gli specialisti vascolari”.

Fonte: Circulation

Will Boggs

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

08 febbraio 2018
© Riproduzione riservata

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