Glioblastoma: efficace vaccino antipolio modificato
Glioblastoma: efficace vaccino antipolio modificatoUn vaccino contro la poliomieite modificato si è mostrato efficace nel trattamento del glioblastoma, un tumore cerebrale difficilmente curabile. Il vaccino, infuso mediante catetere nel tumore cerebrale, stimola il sistema immunitario a colpire le cellule tumorali
28 GIU -
(Reuters Health)– Circa il 21% dei pazienti con glioblastoma trattati con un vaccino contro la poliomielite modificato era in vita dopo tre anni, contro il 4% dei pazienti che ricevono la terapia standard. È il dato più rilevante di una sperimentazione di fase 1, i cui risultati sono stati pubblicati dall’
England Journal of Medicine e presentati in contemporanea all’International Conference on Brain Tumor Research and Therapy.
La premessa
Nella maggior parte dei pazienti che ha una forma ricorrente di questo tumore cerebrale, la sopravvivenza media è di 12 mesi. La terapia standard generalmente comprende chirurgia, chemioterapia e radioterapia e trattamento target. Il vaccino in sperimentazione, sviluppato al Duke Cancer Institute di Durham, nella Carolina del Nord, ha una forma geneticamente modificata di poliomielite che viene infusa nel tumore cerebrale attraverso un catetere impiantato chirurgicamente. Il vaccino agisce stimolando il sistema immunitario a colpire specificatamente le cellule tumorali.
Lo studio
Nello studio di fase 1, in cui gli scienziati hanno cercato di individuare una dose sicura del vaccino, sono stati coinvolti 61 pazienti, i cui progressi sono stati messi a confronto con dati storici ottenuti da pazienti simili in terapia standard. Il vaccino ha mostrato una buona efficacia in alcuni pazienti, con due che sono rimasti in vita per almeno 69 mesi, anche se la maggior parte dei malati non ha avuto benefici e il 69% ha avuto effetti collaterali attribuibili al vaccino.
In ogni caso, la sopravvivenza media è stata di 12,5 mesi, rispetto a 11,3 mesi del gruppo di controllo. Ma l’impatto del vaccino è stato più evidente tra i pazienti che sono vissuti più di due anni, con il 21% dei pazienti trattati ancora in vita, rispetto al 14% del gruppo di controllo storico. Un tasso rimasto stabile a tre anni, con il 21% dei pazienti ancora in vita, contro il 4% di quelli in cura con la terapia standard.
Fonte: New England Journal of Medicine
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
28 giugno 2018
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