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Sla. Parte oggi il trial italiano che sfrutta le staminali cerebrali

di Laura Berardi

Si tratta di una sperimentazione di fase I che valuterà la sicurezza e la non tossicità della terapia, consistente in un trapianto di cellule staminali cerebrali nella parte anteriore del midollo spinale. Il reclutamento dei pazienti, che saranno 18, parte oggi.

07 DIC - “Chiunque abbia mai visto un malato terminale di Sla sa perché questa sperimentazione è importante”. Così Angelo Vescovi, direttore della Banca delle Cellule Staminali Cerebrali di Terni e docente di Biologia Cellulare all’Università Bicocca di Milano, commenta l’inizio della prima sperimentazione italiana basata sul trapianto di cellule staminali cerebrali per i malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica. Il trial di fase I parte proprio oggi e in meno di due anni vedrà coinvolti 18 pazienti.
Il team che procederà alla sperimentazione ha infatti ottenuto a Novembre il parere favorevole all’avvio del progetto da parte dell’Ospedale di Novara, e seppure siano ancora in attesa di un identico documento da parte dell’ospedale di Padova, hanno deciso di partire con la coscrizione dei malati.
“In realtà bisogna mettersi d’accordo su cosa vuol dire iniziare un trial: oggi comincia il reclutamento, ma il primo paziente non entrerà in sala operatoria che dopo una osservazione clinica di 3 mesi”, spiega Vescovi. “Poi una volta iniziati i trapianti, tratteremo circa un paziente ogni 30 giorni”. La procedura consiste nel prelevare le cellule staminali del cervello da feti provenienti da aborti spontanei e nel trapiantarle in diversi punti del midollo spinale di persone affette da Sla.
Le sperimentazioni di fase I, per definizione, sono finalizzate a stabilire la sicurezza e la non tossicità dei trattamenti. “Chiaramente proveremo anche a fare una valutazione della possibile efficacia terapeutica, nella quale crediamo, ma non è detto che tutto funzioni al primo colpo. Per ora vogliamo solo valutare che la procedura sia sicura per i pazienti che la intraprendono. Ma siamo comunque ottimisti – ha continuato Vescovi – perché si è visto che per molte malattie che colpiscono il sistema nervoso o il cervello affiancare cellule sane a quelle compromesse può portare benefici. Ad esempio nelle ischemie questo funziona”.
 
Quello che parte oggi è il primo trial in Europa e il primo no-profit nel mondo. Esso, infatti, ha un “fratello” negli Stati Uniti, che usa cellule staminali leggermente diverse da quelle di Vescovi, ma il cui principio è lo stesso. “Quando inizieremo ad operare un mio collega volerà in Italia dalla Emory University per assistermi”, ha spiegato ancora il direttore della Banca delle Staminali.
Il ritardo rispetto agli Stati Uniti dipende da problemi economici e burocratici. “Le sperimentazioni oltreoceano sono partite un anno fa, ma lì la ricerca sanitaria è un vero e proprio impianto industriale”, ha spiegato il responsabile del trial. “Invece noi abbiamo dovuto recuperare tutti i fondi, che sono appena due milioni di euro, pian piano nel tempo. E poi ottenere l’approvazione per partire col trial dal’Iss, dall’Aifa, dal Ministero della Salute e da ben tre comitati etici”. Per una malattia così delicata, e per un trial innovativo, è comprensibile che si debbano collezionare tante autorizzazioni diverse. Il problema dei finanziamenti, invece, affligge tutto il mondo della ricerca in Italia (come vi avevamo già raccontato proprio ieri).
È una sperimentazione in cui i pazienti malati di Sla – e le loro famiglie – potrebbero riporre molte speranze. Ma è lo stesso Vescovi a frenare sull’entusiasmo. “Non è nostra intenzione dare false aspettative che poi non si concretizzano, come fanno altri. Sappiamo che il primo passo è questo trial di fase I, ma come ho già detto non siamo sicuri che tutto possa funzionare al primo colpo. Valuteremo alla fine, quando ci saremo assicurati che il trapianto è sicuro, se si potranno iniziare sperimentazioni più complesse, magari anche per altre patologie”, ha detto lo scienziato a Quotidiano Sanità. Dunque bisognerà aspettare la fine del trial per verificare se ci potrà essere un nuovo trattamento sicuro e forse efficace per curare la malattia. Insomma, per capire se ci saranno davvero speranze disattese.
 

07 dicembre 2011
© Riproduzione riservata

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