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Aiom. Cancro della pelle in aumento. Colpa del sole senza protezione


Il tumore della pelle colpisce sempre più pazienti in Italia. Soprattutto tra i 30 e i 50 anni. Nel corso del convegno nazionale Aiom gli esperti fanno il punto su epidemiologia e trattamenti, mettendo l’accento sulla prevenzione fin da bambini evitando l'esposizione al sole non protetta.

03 APR - Come ogni anno con l’avvicinarsi dell’estate il tema si fa sempre più caldo: l’esposizione ai raggi solari nelle ore più torride della giornata o senza protezione è altamente rischioso per la pelle, poiché può portare allo sviluppo di cancro alla pelle. Ancor più importante è la protezione nei bambini. “Più attenti alla prevenzione: i piccoli sono ‘l’anello debole’ della catena” è infatti l’avvertimento che arriva dall’Aiom, Associazione Italiana di Oncologia Medica, che arriva dal convegno nazionale “Nuove frontiere nel trattamento del melanoma” svoltosi a Napoli lo scorso fine settimana.
 
Secondo la letteratura, infatti, ripetuti eccessi di esposizione ai raggi solari durante l’infanzia triplicano il rischio di sviluppare il melanoma da adulti: ecco perché i più piccoli vanno difesi dal sole con adeguate protezioni, evitando sempre le ore centrali della giornata, soprattutto con l’arrivo della bella stagione. Parte dunque dalla prevenzione la lotta contro questo tumore della pelle particolarmente aggressivo, che colpisce ogni anno nel nostro Paese circa 7000 pazienti e uccide 1500 persone.
“La battaglia contro questa forma di cancro è difficile, ma si può vincere ponendo più attenzione a semplici regole di prevenzione”, ha spiegato Carmine Pinto, segretario nazionale AIOM. “Troppe persone si espongono al sole senza precauzioni, in particolare i bambini rappresentano l’‘anello debole’ della catena. Un richiamo da tenere in considerazione soprattutto in questi mesi, in cui molti approfittano del fine settimana per prendere un po’ di ‘colore’. Vanno inoltre totalmente bandite le lampade abbronzanti che, secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), aumentano il rischio di melanoma del 75%, al pari del fumo di sigaretta, se utilizzate prima dei 30 anni”.
 
Il melanoma fa registrare, nella fase metastatica, alti tassi di mortalità.
La sopravvivenza media infatti è di circa 6 mesi e il melanoma rappresenta il 4% dei tumori della pelle ma è responsabile dell’80% dei decessi per cancro della cute. Un paziente su cinque sviluppa infatti la forma aggressiva e avanzata della malattia.
Le Regioni settentrionali fanno registrare la maggiore incidenza, seguite da quelle del Centro e del Sud. E negli ultimi 30 anni non vi è stato alcun progresso terapeutico, a fronte di un costante aumento di casi. La sua incidenza è cresciuta ad un ritmo superiore a qualsiasi altro tipo di tumore, ad eccezione delle neoplasie maligne del polmone nelle donne.
Ma il dato messo in evidenza durante il convegno è che questa neoplasia colpisce persone sempre più giovani, di età compresa tra i 30 e i 50 anni. Un problema che va affrontato su base nazionale, ma anche regionale. “Per garantire compatibilità economica ed adeguati trattamenti per i pazienti oncologici in tutte le regioni del Paese bisogna lavorare in parallelo su appropriatezza delle cure e organizzazione del sistema sanitario. Un importante risparmio in oncologia si otterrebbe già riducendo la sola migrazione sanitaria, con una contrazione dei costi del 10%. Non va inoltre dimenticato il costo sociale per i pazienti ed i familiari, di cui quasi mai si tiene conto. Lo sviluppo delle reti oncologiche regionali, per il quale la nostra Associazione si sta oggi fortemente impegnando, potrà portare significativi vantaggi in prospettiva per il miglioramento e la razionalizzazione della sanità pubblica”.
 
Ma quali sono le armi, al di là della prevenzione e dell’organizzazione del sistema sanitario?“Oggi si stanno affacciando nuovi trattamenti realmente efficaci, come l’immunoterapia che agisce stimolando le difese immunitarie contro le cellule tumorali con importante beneficio per i malati”, fanno sapere dall’Aiom. Tuttavia, i tempi tra la registrazione europea e la successiva approvazione dei nuovi farmaci in Italia sono purtroppo ancora lunghi. Gli oncologi chiedono che vengano velocizzati i processi di registrazione per i trattamenti oncologici realmente “innovativi” come nel caso del melanoma. Stessa cosa anche per i farmaci mirati su bersagli cellulari da impiegare nei pazienti con melanoma metastatico che presentano specifiche alterazioni molecolari, in via di registrazione anche nel nostro Paese.
Un esempio di questa situazione è ipilimumab, farmaco che agisce potenziando le difese immunitarie contro le cellule tumorali, approvato in Europa nel luglio 2011 per la cura dei pazienti con melanoma metastatico, ma che non è ancora disponibile nel nostro Paese. Lo stesso medicinale è invece già disponibile in Francia, Germania, Regno Unito, Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca, Olanda, Austria, Svizzera e Belgio. “Questi tempi di latenza dovrebbero essere accorciati ed è importante che gli enti preposti agiscano quanto prima”, ha sottolineato Paolo Ascierto dell’Unità di Oncologia Medica e Terapie Innovative del ‘Pascale’ di Napoli. “Ipilimumab agisce al livello delle cellule del sistema immunitario, attraverso un meccanismo che rimuove i ‘blocchi’ della risposta immunitaria antitumorale. L’Italia ha svolto un ruolo essenziale nello sviluppo clinico della molecola: è la prima terapia che ha dimostrato di migliorare in maniera statisticamente significativa la sopravvivenza delle persone colpite da melanoma metastatico”.
“Le proprietà immunogeniche del melanoma metastatico e la sua capacità a indurre una risposta reattiva delle cellule T al tumore fanno sì che sia considerato un ottimo candidato per l’immunoterapia”, ha aggiunto Pinto. “Le cellule T sono una ‘sottopopolazione’ di globuli bianchi in grado di eliminare o neutralizzare corpi ‘estranei’ come le cellule cancerogene. Al contrario di quanto avviene con i criteri convenzionalmente utilizzati per la chemioterapia, nell’immunoterapia l’iniziale progressione di malattia non va interpretata come un fallimento del trattamento. La risposta clinica potrebbe infatti essere osservata anche proseguendo la terapia, quindi in fasi più tardive”.

03 aprile 2012
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