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Presidenti, “Governatori”, chi latita sul morente SSN?

di Roberto Polillo, Mara Tognetti

Il silenzio dei Presidenti Regionali e degli Assessori alla sanità delle Regioni (con l’unica eccezione di Raffaele Donini) è decisamente preoccupante poiché gli interventi, i pochi che il Ministro della salute sta portando avanti, sono azioni di nicchia che contribuiscono a frammentare ulteriormente l’operatività del SSN.

18 MAG -

Il dibattito in corso sui molti tentativi e i relativi rischi di affossare completamente il SSN nonostante sia molto “soffocato” e solo fra i cosiddetti “esperti” e il Ministro della salute, è una questione che interroga tutti.

Si registra la convinta partecipazione dei sindacati della dirigenza medica, che hanno appena effettuato una giornata di mobilitazione ma non si può dire altrettanto dei decisori regionali e in particolare dei Presidenti Regionali rimasti silenti sulla questione.

Le posizioni della Conferenza delle regioni sul sottofinanziamento del SSN ci sono state, come già da noi commentato, e a queste si è aggiunto ora il parere espresso sul Documento di economia e finanze del 2023 in cui le regioni si sono limitate a ricordare al governo le seguenti necessità:

Stabilizzare il rapporto spesa sanitaria /PIL per poi crescere al 2024 e non al 2025 come previsto dal Governo;

Rinnovare il «Patto Salute»: l’ultimo è del 18 dicembre 2019, ormai scaduto;

Riformare il sistema di «payback»;

Fabbisogno di risorse per la chiusura definitiva dell’emergenza Covid-19 e sostegno per il caro prodotti energetici.

Un linguaggio, dunque, molto attento alle virgole che dimostra come gli interessi della stabilità del Governo siano prevalenti rispetto a quello della salute dei cittadini

La posizione “solitaria” dell’assessore Raffale Donini

Certo la posizione espressa da Raffaele Donini nella sua intervista a QS è sicuramente diversa. L’assessore alla Salute della Regione Emilia-Romagna, che coordina anche la Commissione Salute delle Regioni, ha infatti ricordato come le Regioni abbiano dovuto sopperire con risorse proprie per garantire i pareggi di bilancio per un importo di 3,8 mld di euro di spese Covid non rimborsate dallo Stato, solo per il 2021, a cui si sono aggiunti i costi sostenuti contro la pandemia nel 2022 (per i quali non erano previsti rimborsi). Infine, il “Caro Bollette” causato dalla guerra Russia-Ucraina e che è già costato alle Regioni e in particolare a quelle con un sistema sanitario pubblico e universalistico più forte e capillare, come quello dell’Emilia-Romagna 1,4 mld in più rispetto al 2021.

Soldi che nessuno ci rimborserà mai”. Nel merito, dunque per Donini il governo: “Prima di incrementare la spesa agli armamenti dovrebbe investire le risorse in sanità. Basta non spendere 3 mld per gestire un condono fiscale, basta non attuare la flat tax e la diminuzione della pressione fiscale sui ceti più ricchi. Questi sono solo alcuni esempi, ma potrei farne altri. Serve però la volontà del Governo”.

La volontà del governo e il silenzio dei Presidenti
Abbiamo già avuto modo di evidenziare come il Governo con l’ultima legge di bilancio non sia riuscito a realizzare nessuno degli obbiettivi (pensioni, flat tax, etc) che erano stati parte integrante del proprio programma elettorale e come le poche risorse che si libereranno in futuro saranno necessariamente vincolate a tali programmi e non certo a impedire il collasso del SSN

Una previsione fosca che dovrebbe trovare la netta opposizione dei Presidenti di Regione che invece si voltano dall’altra parte per non vedere o per dedicarsi ad altro.

Fatto ancora più preoccupante se pensiamo che più del 70% del bilancio delle Regioni è dedicato alla Sanità. Ricordiamo poi che con la pandemia le scelte o le non scelte regionali sono state determinanti sulle modalità di gestire la pandemia e il relativo numero di morti.

Il dis-allineamento delle regioni
La letteratura ci dice che i nostri 20 sistemi sanitari regionali si muovono non sempre allineati, i così detti modelli di quasi mercato (la Lombardia con le sue scelte di privilegiare le strutture ospedaliere ed in particolare quelle private, a discapito dei servizi territoriali) il modello integrato territorio ospedale (il Veneto con una maggior attivazione del territorio e con esiti distanti dalle altre Regioni), il modello burocratico o riparativo di molte Regioni (la Campania e la chiusura degli ingressi da altre Regioni per carenza di servizi in generale).

Le Regioni che costituiscono l’operatività del SSN in relazione alle specificità territoriali e dei bisogni delle rispettive popolazioni sono le grandi assenti del dibattito sulla riorganizzazione del SSN e del suo urgente rilancio.

Anche le spese in sanità forniscono un quadro assai frastagliato con gravi criticità ben rappresentato da un recente articolo su QS di pochi gironi orsono di Ettore Iorio a cui si rimanda

Gli effetti sciagurati della bozza Calderoli di autonomia differenziata
Quadro che peggiorerà e creerà ulteriori e preoccupanti differenze, a partire dall’ incremento delle disuguaglianze sanitarie (anche grazie alla diffusa indifferenza dei decisori pubblici, degli organismi rappresentanti dei lavoratori, degli intellettuali e di tutti coloro che presiedono lobbies a partire da quella sanitaria) se la riforma Calderoli procederà nel suo iter.

E a tale proposito, emblematico è il parere fortemente critico espresso su tale proposta dal dossier elaborato dal Servizio bilancio del Senato e prontamente ritirato dal sito ufficiale appena dopo la sua pubblicazione.

Nel merito il dossier chiarisce come nel caso di un trasferimento alle regioni di un consistente numero di funzioni oggi svolte dallo Stato “ci sarebbe una forte crescita del bilancio regionale ed un ridimensionamento di quello statale, col rischio di non riuscire a conservare i livelli essenziali delle prestazioni presso le regioni non differenziate. Le regioni più povere, oppure quelle con bassi livelli di tributi erariali maturati nel proprio territorio, potrebbero avere maggiori difficoltà a finanziare, e dunque ad acquisire, le funzioni aggiuntive" e come poi "potrebbe far venir meno il conseguimento di economie di scala, dovuto alla presenza dei costi fissi indivisibili legati all’erogazione dei servizi la cui incidenza aumenta al diminuire della popolazione. Andrebbe dunque assicurato che tale ulteriore attribuzione di funzioni amministrative agli enti locali avvenga in assenza di ulteriori oneri aggiuntivi a carico dei bilanci dei predetti enti territoriali".

Quanto basta per affermare che con l’approvazione della bozza Calderoli il SSN non esisterebbe più e ogni regione seguirebbe la sua strada.

La mancanza di una diffusa cultura riformatrice
La mancanza di una diffusa cultura riformatrice che è stata alla base del disegno originale del SSN, o come vogliamo chiamarla in termini più moderni, è e deve essere elemento di preoccupazione per tutti coloro che hanno responsabilità pubbliche e collettive.

Il persistere di un quadro disallineato e silente nonostante l’ esistenza della Conferenza Stato Regione, la presenza di Agenzie di verifica delle performance sanitarie, è una questione rispetto alla quale non bastano integrazioni o interventi monetari di settore, bensì è questione che rimanda ad un ridisegno organico del SSN e ad un ruolo attivo del livello regionale anche in contrasto e in contraddizione con il decisore centrale se questi non persegue la salute di tutti i cittadini come succede e sta succedendo da troppo tempo.

Il silenzio dei Presidenti Regionali e degli Assessori alla sanità delle Regioni (con l’unica eccezione di Raffaele Donini) è decisamente preoccupante poiché gli interventi, i pochi che il Ministro della salute sta portando avanti, sono azioni di nicchia che contribuiscono a frammentare ulteriormente l’operatività del SSN.

Il silenzio delle Regioni circa lo smantellamento del SSN e ancora più preoccupante poiché i servizi territoriali, l’integrazione territorio ospedale, strumenti essenziali per fronteggiare il quadro nosologico della cronicità e delle urgenze, può essere pensata organizzata e validata solo dal livello regionale, pur in presenza di una regia è di una garanzia nazionale.

Abbiamo forse bisogno di un’altra pandemia per sentire e vedere gli amministratori regionali difendere il più importante bene economico pubblico ossia la sanità?

Roberto Polillo
Mara Tognetti



18 maggio 2023
© Riproduzione riservata


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