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Il Tavolo sulla revisione degli standard di ospedale e territorio e i dieci punti su cui riflettere per rilanciare la sanità pubblica

di Filippo Palumbo, Maria Giuseppina La Falce

Saranno molte le difficoltà che il Tavolo si troverà davanti e che riguardano il persistere nel nuovo Governo di scelte ambigue ereditate dal precedente Governo in materia di riposizionamento dell’assistenza territoriale e dell’assistenza ospedaliera. L’obbiettivo è non solo l’attuazione della Missione 6 e di parte della Missione 5 del PNRR, ma anche il rilancio più complessivo del SSN.

28 AGO -

Nei mesi scorsi QS ha dato notizia della nascita e poi dei molteplici allargamenti del Tavolo tecnico incaricato di valutare le criticità emergenti dall’attuazione del DM 70/2015 e del DM 77/2022 (NOTE 1 E 2) recanti rispettivamente il Regolamento dell’assistenza ospedaliera e il Regolamento dell’assistenza territoriale.

In questa sede non tratteremo delle perplessità che il gigantismo del Tavolo tecnico fa nascere. Non si può, però, sottacere il rischio che sui lavori di questo Tavolo e dei relativi Gruppi di lavoro pesi la difficoltà generale che si sta registrando nel nostro SSN sui temi delle relazioni interprofessionali. Ciò che si paventa è che il tema dell’integrazione assistenziale venga ad essere inadeguatamente sviluppato, in quanto l’aspetto del rapporto tra le varie professioni sanitarie rappresenta solo una parte di questa tematica.

Diciamo allora che questo possibile snaturamento del lavoro affidato al Tavolo si aggiungerebbe alle difficoltà più generali che lo stesso Tavolo si troverà davanti e che riguardano il persistere nel nuovo Governo di scelte ambigue ereditate dal precedente Governo in materia di riposizionamento dell’assistenza territoriale e dell’assistenza ospedaliera. Per questi aspetti rinvio a precedenti articoli pubblicati su QS e ad un contributo pubblicato recentemente sulla rivista Corti Supreme e Salute (NOTA 3) evidenziando alcuni punti di cui il nuovo Tavolo potrebbe (dovrebbe) tener conto, nella elaborazione di proposte utili. L’obbiettivo è non solo l’attuazione della Missione 6 e di parte della Missione 5 del PNRR, ma anche il rilancio più complessivo del SSN.

I punti su cui riflettere sono i seguenti.

PUNTO 1. Di cosa parliamo: LEA e standard dei LEA

Utile è il richiamo alla definizione che fu predisposta ed inserita nello Schema di Piano Sanitario Nazionale 2011-2013 che recitava:

L’individuazione dei Livelli essenziali comporta anche la determinazione di alcune caratteristiche essenziali delle attività, dei servizi e delle prestazioni tali per cui, in loro assenza, la prestazione o il servizio non possa essere qualificato come tale. Queste caratteristiche possono riguardare, ad esempio, il tempo minimo di durata di una prestazione, la dotazione tecnologica minima necessaria per garantire la sua qualità, la presenza o la disponibilità in servizio di personale qualitativamente e quantitativamente adeguato, la garanzia di accesso al servizio per appuntamento, e così via.

Questa tematica si avvicina a quella della valutazione e del monitoraggio dei servizi sanitari attraverso la fissazione di “standard” o “parametri di riferimento” ma attiene, in questa prospettiva, alla individuazione di requisiti “qualificanti” della specifica attività e si colloca quindi a pieno titolo all’interno della definizione dei Livelli.

L’uniforme applicazione dei LEA a livello nazionale deve comunque salvaguardare le specificità territoriali, in rispondenza alle analisi dei bisogni di ciascun contesto locale.

Come è noto, lo schema di PSN 2011-2013 non è approdato alla fase di documento approvato come D.P.R. ma è rilevante il fatto che su di esso si era favorevolmente espressa sia la Conferenza delle Regioni che la Conferenza Stato-Regioni. Il che significa che vi era stata un’ampia convergenza e condivisione su di esso al massimo livello politico istituzionale della concertazione Stato-Regioni. Ciò anche in relazione ad una pronuncia della Corte Costituzionale (che più avanti richiameremo) sullo stretto e necessario rapporto tra individuazione dei LEA e determinazione di alcune caratteristiche essenziali delle attività, dei servizi e delle prestazioni

PUNTO 2. La prima elaborazione dei LEA e l’imporsi della tematica degli standard

Il primo DPCM sui LEA del 2001 (NOTA 4) fu redatto ed approvato nella fase straordinaria e peculiare di prima applicazione della riforma costituzionale del Titolo V. Fissati i LEA, ci si dovette confrontare con il problema di come inquadrare la tematica della fissazione dei requisiti minimi delle strutture per l’esercizio delle attività sanitarie, già regolamentato con il D.P.R. 16 gennaio 1997. Questa tematica si posizionava tra la competenza legislativa esclusiva in capo allo Stato in materia di fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni e la competenza legislativa concorrente in materia di organizzazione sanitaria.

Questo aspetto delle competenze era maggiormente importante, in quanto proprio in quegli anni il modo di fare medicina, chirurgia e in generale assistenza sanitaria accelerava in maniera significativa il suo cambiamento operativo. L’ambulatorio, l’ospedale, ma anche l’assistenza presso residenze o a domicilio erano diventati altro, grazie ad una evoluzione tecnologica e informatica ormai matura. Ciò consentiva di configurare nuovi percorsi di diagnosi, cura e riabilitazione, ma poneva anche l’esigenza di garantirne e monitorarne il profilo della sicurezza e di valutarne l’efficacia pratica. Erano gli anni in cui si diffondeva la chirurgia ambulatoriale e si poneva la necessità di definire requisiti tecnologici e strutturali oltre che criteri clinico assistenziali

Dopo l’entrata in vigore del D.P.C.M. 29 novembre 2001, nei percorsi valutativi, utilizzati per esaminare proposte di modifiche, integrazioni e aggiornamenti allo stesso D.P.C.M. sui LEA, si è fatto riferimento ad uno schema basato sulla seguente impostazione concettuale:

Prestazioni>>>Attività>>>Servizi>>>>Sottolivelli>>>>Livelli

Questa impostazione, pur permettendo una certa elasticità nella definizione dei LEA sanitari da garantire, consente di fissare con chiarezza e specificità il quadro prestazionale da considerarsi assunto nei LEA e di applicare nelle periodiche revisioni i criteri della metodologia valutativa basata sulle evidenze in riferimento ai tre assi della valutazione di qualità: 1-Risorse, 2- Procedure, 3-Esiti. Ciò nel rispetto del principio di uniformità in campo nazionale, di garanzia dell’efficacia sul piano applicativo e di efficienza tecnica ed economica.

Rispetto a tale schematizzazione i Livelli Essenziali di Assistenza in campo sanitario come definiti dal D.P.C.M. 29 novembre 2001 si dislocavano in maniera diversificata:

-per alcune aree prestazionali era indicata la singola prestazione direttamente citata nel D.P.C.M. oppure richiamata attraverso il rinvio al provvedimento che l’aveva introdotta (es. le prestazioni protesiche);

-per altre aree prestazionali, per esempio le prestazioni ospedaliere, si procedeva per liste negative, facendo riferimento ad un livello aggregativo più alto, quale un’Attività o un Servizio, per esempio il Servizio ospedaliero.

Nacque l’esigenza di individuare, rispetto allo schema, i contenuti tecnico funzionali indispensabili, cioè gli standard, senza i quali, la uniformità delle prestazioni non è garantita.

Ciò comportava il dover procedere all’arricchimento della definizione, contenuta nel D.P.C.M. 29 novembre 2001, del livello essenziale delle prestazioni afferenti all’assistenza ospedaliera

Nel DPCM 29 novembre 2001 il macrolivelli Assistenza ospedaliera era semplicemente descritto così:

  1. Assistenza ospedaliera
  2. Pronto soccorso
  3. Degenza ordinaria
  4. Day hospital
  5. Day surgery
  6. Interventi ospedalieri a domicilio (in base ai modelli organizzativi fissati dalle Regioni)
  7. Riabilitazione
  8. Lungodegenza
  9. Raccolta, conservazione, controllo e distribuzione degli emocomponenti e servizi trasfusionali
  10. Attività di prelievo, conservazione e distribuzione di tessuti, trapianto di organi e tessuti

Questa estrema sinteticità veniva controbilanciata da una impostazione basata su liste negative assolute o relative: l’allegato 2A conteneva la lista delle prestazioni escluse dai LEA (lista negativa), mentre gli allegati 2B e 2C contenevano l’elenco delle prestazioni erogabili in particolari condizioni. Il D.P.C.M recava inoltre un riquadro sulle norme vigenti.

Per cui nell’ambito delle prestazioni ospedaliere genericamente assunte nei LEA, si indicavano quelle totalmente escluse dai LEA, quelle parzialmente escluse dai LEA e quelle ad alto rischio di inappropriatezza.

In ogni caso, il D.P.C.M recava inoltre un riquadro sulle norme vigenti, nonché degli Accordi Stato-Regioni, rilevanti ai fini LEA, che, richiamati nel testo del DPCM, ne costituivano parte integrante.

PUNTO 3. L’avvio del percorso relativo agli standard

Il lavorio ricordato nel PUNTO precedente con la oggettiva spinta ad un maggior dettaglio tecnico nella definizione dei LEA trovò uno sbocco legislativo con l’adozione dell’articolo 1, comma 169 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

Con tale norma si stabiliva che occorreva garantire che le modalità di erogazione delle prestazioni rientranti nei Livelli Essenziali di Assistenza, fossero uniformi sul territorio nazionale. Pertanto, si doveva, con regolamento ai sensi dell’art. 17, co. 3, legge 23 agosto 1988, n. 400, procedere a fissare gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai Livelli Essenziali di Assistenza, sentita la Conferenza Stato-Regioni.

Come è ben noto, questa norma ha dato luogo ad un contenzioso davanti alla Corte costituzionale che è esitato nella Sentenza della stessa Corte n. 134/2006, che riguardava la legittimità costituzionale della competenza che lo Stato si riconosceva in materia di fissazione degli standard qualitativi, strutturali e tecnologici, di processo e possibilmente di esito e quantitativi ai sensi dell’articolo 1, comma 169 della legge 30 dicembre 2004, n.311.

Qui va ricordato che con tale sentenza la Corte:

-ha sì ritenuto ingiustificata la riduzione delle modalità di coinvolgimento delle Regioni nel procedimento di individuazione degli standard, dichiarando l’illegittimità della norma nella parte in cui prevedeva il semplice parere e non l’intesa con le Regioni nella sede della Conferenza Stato-Regioni;

-ma, nel merito, ha riconosciuto per gli standard la competenza statale come strumento attuativo dei Livelli Essenziali di Assistenza nel settore sanitario, volti ad assicurare la migliore erogazione ritenendo che la fissazione degli standard costituisca esercizio della competenza assicurata allo Stato dall’art. 117, co. 2, lett. m) della Costituzione, purché soggetta al vincolo della previa intesa con le Regioni.

Ad avviso della Corte, il regime giuridico dei limiti che possono essere posti alle Regioni sulla base dell’articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione – tenuto conto che i Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale – esige «che queste scelte, almeno nelle loro linee generali, siano operate dallo Stato con legge. Questa dovrà inoltre determinare adeguate procedure e precisi atti formali per procedere alle specificazioni ed articolazioni ulteriori che si rendano necessarie» (sentenza n. 88 del 2003).

La Corte affermava che “… gli standard sono evidentemente individuati (dalla legge finanziaria n.d.r.) in termini tali da rendere evidente che si tratta di integrazioni e specificazioni sul versante attuativo dei LEA esistenti nel settore sanitario e che intenderebbero assicurare una migliore erogazione…” e che “…non può pertanto dubitarsi che anche la fissazione degli standard costituisca esercizio della competenza assegnata allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”.

PUNTO 4. La riforma Balduzzi del 2012

Il primo decennio degli anni 2000 si chiude con un’acquisita consapevolezza di dover procedere ad una maggiore specificazione del quadro prestazionale configurante i LEA sanitari. L’esigenza era quella di garantire uniformità, sicurezza, efficacia ed efficienza. Tale spinta era stata avvertita soprattutto per l’ambito dei LEA sanitari, in particolare, nel campo dell’assistenza ospedaliera caratterizzata da forti innovazioni tecnologiche e tecnico organizzative, ma la già citata norma che dispone tale specificazione e che è oggetto della sentenza dell’Alta Corte n. 134/ 2006, viene formulata in riferimento all’intero spettro assistenziale coperto dai LEA sanitari.

Nel secondo decennio degli anni 2000 si registra un ulteriore sviluppo della vicenda normativa riguardante gli standard ospedalieri. Ciò avviene nell’ambito di quella che è stata definita la Riforma Balduzzi. Ci si riferisce alle norme approvate con la legge di conversione del DL 95/2012 e con la legge di conversione del DL 158/2012. Tali norme costituirono un pacchetto di misure configuranti una fase di riforma non sistemica ma comunque riferita ad alcuni aspetti molto strutturali e molto critici: accanto al tema degli standard ospedalieri, si sentì l’esigenza di affrontare le problematiche delle cure primarie, della libera professione, del rischio clinico e della responsabilità professionale. In particolare, il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, all’articolo 15, comma 13, lettera c) dispose che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottassero provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici ed assumendo come riferimento un tasso di ospedalizzazione pari a 160 per mille abitanti di cui il 25 per cento riferito a ricoveri diurni.

Nell' applicare questa disposizione, le regioni e le province autonome dovevano attenersi alle seguenti 3 indicazioni e condizioni:

1- rispettare gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi ai LEA, fissati con regolamento approvato ai sensi dell’articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano

2- tener conto della mobilità interregionale

3- rispettare la riorganizzazione di servizi distrettuali e delle cure primarie finalizzate all'assistenza 24 ore su 24 sul territorio adeguandoli agli standard europei.

PUNTO 5. Il contenuto del Decreto ministeriale 70/2015.

Un effetto di quanto richiamato nel punto precedente è stata l’effettiva adozione del DM 70/2015. Il documento, si configura come il Regolamento previsto dall’articolo 1, comma 169 della legge 311/2004, propedeutico all’attuazione delle disposizioni normative recate dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, ed in particolare l’articolo 15, comma 13, lettera c).

Tale regolamento:

A-si muove verso una direzione che è quella di:

– aumentare la qualità dell’assistenza;

– incrementare la sicurezza delle cure;

– perseguire l’uso appropriato delle risorse;

B-finalizza le attività dell’ospedale al trattamento di patologie ad insorgenza acuta e con rilevante compromissione funzionale e alla gestione di attività programmabili che richiedono un contesto tecnologicamente ed organizzativamente articolato e complesso;

C-prevede che l’integrazione tra l’ospedale e i servizi sanitari territoriali sia specificamente disciplinata dalla Regione.

Il numero massimo di posti letto ospedalieri per acuti (presidi pubblici e privati accreditati) è fissato in applicazione dei parametri indicati dal medesimo articolo 15, comma 13, lettera c), del citato DL 95/2012 come convertito dalla L. 135/2012.

I presidi ospedalieri sono classificati in tipologie definite in relazione a bacino di utenza, presenza di specifiche specialità, ruolo svolto nella rete di emergenza urgenza. Le tipologie sono tre:

  1. Presidiospedalieri di base;
  2. Presidiospedalieri di I livello;
  3. Presidiospedalieri di II livello.

Nell’adeguamento della rete di emergenza urgenza è previsto che specifiche misure devono essere predisposte nelle situazioni ordinarie e in quelle in cui sono prevedibili picchi di accesso, comunque nel rispetto degli standard di cui al comma 2 dell’art. 1.

In coerenza con questo impianto, il DM 70/2015:

-fissa i bacini di utenza delle varie specialità;

-prevede, per l’accreditamento degli ospedali/strutture polispecialistiche di ricovero

ospedaliero, soglie minime di posti letto per acuti

-per alcune procedure indica soglie minime di volume di attività e soglie di rischio per esito.

In definitiva il DM mira a conseguire una convergenza tra le iniziative finalizzate a promuovere la qualità nelle strutture sanitarie e la pratica assistenziale, nonché a basare sui risultati conseguiti la valutazione delle strutture e del personale addetto.

Sul piano generale, l’indicazione del lavoro in rete degli ospedali viene basata sull’ attivazione delle reti per patologia prevedendo il modello hub & spoke con prioritaria attenzione alle reti tempodipendenti. Tale scelta viene assunta anche per rendere più agevole il percorso dell’integrazione fra ospedali e territori.

La implementazione delle iniziative per la continuità ospedale-territorio viene indicata come impegno primario per le regioni, le quali, contestualmente alla ridefinizione della rete ospedaliera, devono provvedere ad un riassetto dell’assistenza primaria, di quella domiciliare e di quella residenziale.

PUNTO 6. L’aggiornamento dei LEA. Il DPCM 12 gennaio 2017

Un ulteriore elemento che caratterizza il secondo decennio degli anni 2000 in campo sanitario è l’adozione del D.P.C.M. 12 gennaio 2017 (NOTA 5) per l’atteso aggiornamento del DPCM 29 novembre 2001, ricordando che, intanto, con numerosi Piani e programmi sanciti in Conferenza stato Regioni si erano andate ad aggiungere e modificare prestazioni.

Il legislatore con l’occasione della legge finanziaria n.208/2015 (art 1 commi da 554 a 559) ha previsto due modalità differenti di aggiornamento dei Lea:

-la prima per la fattispecie dell’inserimento nei Lea di nuovi servizi e prestazioni con incremento di oneri per la finanza pubblica

-la seconda per i casi in cui, a parità di risorse, vengono introdotte modifiche agli elenchi delle prestazioni per incrementarne l’appropriatezza di erogazione.

Al momento non vi sono stati aggiornamenti al DPCM del 2017.

Rispetto al DPCM 29 novembre 2001, l’Assistenza ospedaliera è trattata in maniera più dettagliata al Capo V (artt. 36-49) definendone le aree di attività (art. 36), articolate in: pronto soccorso (art. 37); ricovero ordinario per acuti (artt. 38 e 39); day surgery (artt. 40 e 41); day hospital (artt. 42 e 43); riabilitazione e lungodegenza post acuzie (artt. 44 e 45); attività trasfusionali (art. 47); attività di trapianto di cellule, organi e tessuti (artt. 48); donazione di cellule riproduttive (art. 49) Inoltre, di prevalente interesse ospedaliero sono le indicazioni di cui a: 1- Allegato 4B Condizioni per l’erogazione della chirurgia refrattiva; 2-Allegato 6A DRG ad alto rischio di non appropriatezza in regime di degenza ordinaria; 3- Allegato 6B Prestazioni ad alto rischio di non appropriatezza in regime di day surgery - trasferibili in regime ambulatoriale

Altra differenza è riscontrabile nel fatto che il DPCM del 2017 non ha riportato in allegato i provvedimenti Stato Regioni rilevanti ai fini LEA che pure negli anni hanno costituito tema di verifica degli adempimenti regionali ai fini dell’accesso alla quota premiale e alla definizione del punteggio dell’ex Griglia LEA.

PUNTO 7. Posizionamento del DM 70/2015 rispetto al primo e al secondo D.P.C.M. LEA

Occorre tener conto del fatto che il vigente testo del DM 70/2015 è stato predisposto quando ormai si era chiarito (vedi sentenze della Corte Cost.) che gli standard sono integrazioni e specificazioni sul versante attuativo dei LEA esistenti nel settore sanitario e che tali integrazioni sono state formulate in riferimento ad una definizione dei LEA che era necessariamente quella del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, e successive modificazioni (NOTA 3), la quale per l’assistenza ospedaliera poggiava su liste negative piuttosto che su una definizione in positivo. Inoltre, si era in presenza di una difficoltà relativa al fatto che per i requisiti minimi delle strutture non era chiaro il percorso da seguire per il loro aggiornamento dopo la Riforma del Titolo V.

Va anche aggiunto che nell’articolato del DPCM 12 gennaio 2017, il DM 2 aprile 2015 viene citato esplicitamente (art. 38 comma 3) sia pure in riferimento ad un aspetto molto specifico.

PUNTO 8. Il DM 77/2022

Fare il punto sul DM 77/2022 è alquanto complesso. Il problema è la gracilità di questo provvedimento, sul quale viceversa il precedente Governo (ma, a quanto sembra, anche l’attuale Governo) ha costruito un complesso e pesante apparato programmatico e assistenziale, non sostenuto da un incremento delle risorse correnti, con il rischio che tutto crolli.

A differenza del DM 70/2015, che, come abbiamo visto, si è mantenuto nei limiti delle norme che ne avevano previsto e disposto l’adozione e nel rispetto del riparto delle competenze dello Stato e delle regioni, il DM 77/2022 si configura come strumento attuativo di diversificate finalità e disposizioni che riguardano:

-la fissazione di standard in materia di LEA territoriali

-il riassetto dell’assistenza territoriale

-la convergenza con i livelli essenziali di assistenza in campo sociale,

Tutto ciò in presenza di una Riforma sulle Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza che viene data come già approvata (nella parte motiva del DM 70 : “Vista la Riforma sulle Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale e rete nazionale della salute, ambiente e clima nell'ambito del PNRR (M6Cl-1 «Riforma 1: Definizione di un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale”) ma di cui poi, nella parte introduttiva dell’allegato al DM, si dice che viene approvata con il medesimo DM (nella parte introduttiva dell’allegato: “ Il presente documento costituisce la Riforma di settore del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) - M6Cl-1 - Riforma 1: Definizione di un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale”)

In ogni caso qui di seguito ricordiamo il contenuto dei vari articoli.

Articolo 1

Al comma 1 afferma che Il modello per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio Sanitario nazionale e gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico sono individuati, rispettivamente, negli Allegati 1 avente valore descrittivo, e 2, avente valore prescrittivo, che costituiscono parte integrante del presente decreto. L'allegato 3, costituente altresì parte integrante del presente decreto, reca, a fini definitori, il glossario degli acronimi impiegati.

Al comma 2 prevede che le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano provvedono entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del Regolamento ad adottare il provvedimento generale di programmazione dell'Assistenza territoriale ai sensi del presente provvedimento.

Al comma 3 prevede che le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare l'organizzazione dell'assistenza territoriale e del sistema di prevenzione sulla base degli standard di cui al presente decreto, in coerenza anche con gli investimenti previsti dalla Missione 6 Component 1 del PNRR.

Articolo 2

Si riferisce al monitoraggio e alla verifica del processo implementativo degli standard. Parla del monitoraggio della implementazione degli standard territoriali

Articolo 3

Si occupa dell’applicabilità degli standard alle Regioni a statuto speciale e alle Province Autonome

Articolo 4

Prevede la clausola di invarianza finanziaria

Il sommario dell’Allegato1 contenente, con carattere “descrittivo”, il modello per lo sviluppo dell’assistenza territoriale, è il seguente

-PREMESSA

-SVILUPPO DELL'ASSISTENZA TERRITORIALE NEL SSN

-STRATIFICAZIONE DELLA POPOLAZIONE E DELLE CONDIZIONI DEMOGRAFICHE DEI TERRITORI COME STRUMENTO DI ANALISI DEI BISOGNI FINALIZZATA ALLA PROGRAMMAZIONE E ALLA PRESA IN CARICO

-DISTRETTO: FUNZIONI E STANDARD ORGANIZZATIVI

-CASA DELLA COMUNITA’

-INFERMIERE DI FAMIGLIA O COMUNITA'

-UNITA' DI CONTINUITA' ASSISTENZIALE

-CENTRALE OPERATIVA TERRITORIALE

-CENTRALE OPERATIVA 116117

-ASSISTENZA DOMICILIARE

-OSPEDALE DI COMUNITA'

-RETE DELLE CURE PALLIATIVE

-SERVIZI PER LA SALUTE DEI MINORI, DELLE DONNE, DELLE COPPIE E DELLE FAMIGLIE

-PREVENZIONE IN AMBITO SANITARIO, AMBIENTALE E CLIMATICO

-TELEMEDICINA

-SISTEMI INFORMATIVI E DI QUALITA'

-DOCUMENTI TECNICI DI RIFERIMENTO

L’allegato 2, presentato come “prescrittivo”, è titolato “Ricognizione Standard” e contiene gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all’assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario.

Si fa riferimento a:

-Casa della Comunità

-Centrale operativa territoriale

-Centrale Operativa 116117

-Unità di Continuità Assistenziale

-Assistenza Domiciliare

-Ospedale di Comunità

-Rete delle cure palliative

-Servizi per l Salute dei minori, delle donne, delle coppie e delle famiglie

-Prevenzione in ambito sanitario. ambientale climatico

-Telemedicina e Sistemi di qualità

Per ciascuna tipologia di struttura vengono indicati: il contenuto della missione assistenziale, gli standard delle persone, i requisiti tecnologici e strutturali nonchè i documenti tecnici di riferimento.

Questa parte risente molto della interlocuzione con il Consiglio Stato chiamato ad esprimere il suo obbligatorio parere. Il risultato è in molti punti ambiguo. Nell’allegato 1 abbondano espressioni come “devono”, “si deve” ecc. Nell’allegato 2 si parla di “ricognizione” degli standard laddove ci si sarebbe aspettato d trovare una espressione del tipo “fissazione degli standard”

PUNTO 9. Rapporto tra DM 70/2015 E DM 77/2022.

Il tema che andava prioritariamente affrontato, cioè, rendere strutturale la capacità di risposta nei nuovi scenari epidemiologici e assistenziali, era ed è quello dell’integrazione Ospedale- Territorio: il Piano Nazionale di Recupero e Resilienza (parte sanitaria) avrebbe dovuto investire soprattutto su questa tematica senza la quale né l’ospedale né il territorio potranno funzionare. In particolare, andava promossa l’adozione di strumenti di governance e di gestione tecnico assistenziale (prioritariamente quelli di gestione del personale dipendente e di quello convenzionato) in grado di facilitare l’attuazione della nuova tipologia di interventi e servizi assistenziali). Va evidenziato che il DM 70/2015 dando indicazioni anche sulle cure intermedie e sullo stesso Ospedale di Comunità ha di fatto già indicato in termini operativi la indispensabilità di una integrazione tra assistenza territoriale e assistenza ospedaliera. Questo aspetto è importante perché, se valorizzato ed operativamente perseguito, permetterebbe di portare a sintesi e a coerenza i testi dei due DM sugli standard nei due settori. Il DM 77/2022 si porta dietro un’ambiguità in quanto, anche se ad esso si è inteso conferire un ruolo di provvedimento riformatore, si configura, piuttosto, come un rafforzamento di LEA territoriali già vigenti. Solleva qualche perplessità la previsione che le Regioni possano dare attuazione a un così complesso apparato unicamente con un atto generale di programmazione, ignorando le vigenti leggi regionali che disciplinano l’assistenza sanitaria territoriale. D’altra parte, gli allegati al DM 77/2022 presentano un profilo incerto sulla loro natura (programmatica? regolamentare? impositiva? descrittiva? esemplificativa?). Un esempio di questa incertezza definitoria è costituito dagli standard organizzativi, che compaiono e scompaiano nei vari testi.

La sensazione è che ci si è inoltrati in un tunnel senza sbocchi.

Per superare questa situazione e avviare un percorso che consenta di dare coerenza a questa fase che si apre con la realizzazione del PNRR Salute, appare ragionevole tentare di riprendere il discorso da dove si era interrotto. Il DM 70/2015 fu adottato in attuazione di una specifica norma e nel contesto di una innovazione normativa di più ampia portata, che già abbiamo sopra richiamato. Il DM 77/2022 potrebbe essere applicato come rafforzamento operativo delle strutture territoriali, sinergico con la ripresa del processo di innovazione e adeguamento del SSN, reso ancora più urgente dal mutato quadro epidemiologico. Non è un’operazione semplice, in quanto l’evoluzione sul campo delle modalità con cui si fa assistenza sanitaria è continua, ma è una operazione necessaria che sarebbe opportuno portare avanti prima che la parte più cospicua degli interventi strutturali finanziati con il PNRR sia realizzata.

Si tratta di evitare la infelice prospettiva di una messa a disposizione di contenitori che poi sarà difficile riempire di attività assistenziali a causa della insufficienza del finanziamento di parte corrente.

Punto 10 Alcune considerazioni tra i Lea vigenti, i regolamenti trattati nel presente articolo, la recente legge di deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane e il disegno di legge governativo sull’autonomia differenziata all’esame del Parlamento.

Sul tema dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali e sanitarie si è creato e sembra via via aumentare un ingorgo istituzionale e legislativo.

Si tratta della recente legge di deleghe al Governo in materia di politiche per le persone anziane (n.33/2023) che definisce all’articolo 1:

-i “livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS)»:

-i processi, gli interventi, i servizi, le attività e le prestazioni integrate che la Repubblica assicura su tutto il territorio nazionale sulla base di quanto previsto dall'articolo 117, secondo comma ,lettera m), della Costituzione e in coerenza con i principi e criteri indicati agli articoli 1 e 2 della legge 8 novembre 2000, n.328, recante «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», e con quanto previsto dall'articolo 1, comma 159, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, commi da 791 a 798, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, e dall'articolo 2, comma 2, lettera h), numero 2), della legge 22 dicembre 2021, n. 227.

La legge precisa che nell’individuazione dei LEPS, in un’ottica di integrazione con i LEA, va assicurato il raccordo con l’articolo 2, comma 2, lett. h) n.2 della legge 22 dicembre 2021, n.227.

(Si tratta della legge delega al Governo in materia di disabilità, che prevede di “definire, anche avvalendosi del supporto della Commissione tecnica per i fabbisogni standard di cui all’articolo 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, le procedure volte alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, con riguardo alle prestazioni in favore delle persone con disabilità, con l'individuazione di una disciplina di carattere transitorio, nelle more dell'effettiva applicazione dei livelli essenziali delle prestazioni, volta a individuare e garantire obiettivi di servizio, promuovendo la collaborazione tra i soggetti pubblici e i privati, compresi gli enti operanti nel Terzo settore. )

L’individuazione dei LEPS va realizzata anche fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, commi da 791 a 798, della legge 29 dicembre 2022 n.197.

Si tratta delle disposizioni che stabiliscono le procedure per accelerare il processo di determinazione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale nell’ambito dell’attuazione dell’autonomia regionale differenziata.

In questo contesto in attesa di un’attuazione (coordinata?) di tutte queste norme, suscita grande preoccupazione, come anticipato e commentato dal recente articolo su QS di Gimbe (NOTA 6), il fatto che dai lavori del Comitato per l’individuazione dei LEP di cui al ddl sull’autonomia differenziata del Governo emergerebbe la scorciatoia per la sanità, ove non sarebbe necessario individuarli in quanto già definiti.

Va anche ricordato che l’articolo 21 (capo IV) del DPCM 12/1/2017 di aggiornamento dei LEA introduce i percorsi assistenziali integrati. In particolare, tali percorsi assistenziali domiciliari, territoriali, semiresidenziali e residenziali prevedono l'erogazione congiunta di attività e prestazioni afferenti all’area sanitaria e all’area dei servizi sociali. Con apposito accordo sancito in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite linee di indirizzo volte a garantire omogeneità nei processi di integrazione istituzionale, professionale e organizzativa delle suddette aree, anche con l'apporto delle autonomie locali, nonché' modalità di utilizzo delle risorse coerenti con l'obiettivo dell'integrazione, anche con riferimento al Fondo per le non autosufficienze di cui all'art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni.

Si segnala che l’accordo non è stato ancora sancito dalla Conferenza Unificata e pertanto la norma non ha trovato piena attuazione.

Ora, senza volere in questa sede entrare nel dettaglio dell’analisi del ddl in questione, occorrerebbe comunque, alla luce di questo breve excursus normativo, fare chiarezza e avviare una riflessione sui Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e relativi costi standard per la sanità.

Vanno abrogate le norme che dispongono in materia? IL Dlgs n68/2011 che prevede la definizione dei costi standard in sanità va abrogato?

Per i livelli essenziali delle prestazioni sociali per la non autosufficienza di cui alla recente legge finanziaria ancora da definirsi, la normativa va abrogata? Con quale modalità si modificano tali norme?? Con lo schema di decreto previsto dal ddl Calderoli oggi all’esame del Senato?

Alla luce delle brevi considerazioni finora esposte sull’intreccio delle normative vigenti in materia di LEA sanitari e LEA sociali, si osserva che gli organismi previsti dal disegno di legge sull’autonomia differenziata per la definizione dei LEPS e relativi costi standard, dovrebbero operare una lettura coordinata delle norme vigenti. Ciò anche al fine di armonizzarne i contenuti in una proposta finale che realmente consentisse ai cittadini la garanzia di un’erogazione uniforme e reale di tali diritti sul territorio nazionale. Inoltre, sarebbe indispensabile una tempistica certa di attuazione di tali norme che al momento sono solo un dettato normativo vuoto di contenuti.

Sarebbe veramente fondamentale per gli operatori, per gli enti preposti, per le regioni e per i cittadini che il Parlamento in sede di esame del disegno di legge sull’autonomia differenziata si esprimesse in merito al contesto sociosanitario dei LEA e dei LEPS.

Nel chiudere questo contributo specificamente dedicato al Tavolo sul raccordo tra DM 70 e DM 77, non si può non ricordare che le notizie su ulteriori tagli al finanziamento del SSN da includere nella manovra di bilancio per l’anno 2024 sono di primaria importanza rispetto a quanto abbiamo sopra discusso.

Lo strangolamento del SSN, connesso al sempre più forte differenziale tra il livello di finanziamento ipotizzato come necessario e sufficiente dopo i percorsi di efficientamento e il livello ben inferiore di finanziamento erogato in questi ultimi 5-10 anni, ha spinto molti a chiedere una nuova Riforma. Tale Riforma dovrebbe blindare, anche con una modifica costituzionale, il carattere pubblico, universalistico e di sostanziale gratuità del nostro sistema sanitario. Ribadiamo anche in questa sede il nostro accordo a questa richiesta.


Filippo Palumbo
Già Direttore Generale e Capo Dipartimento del Ministero della salute

Maria Giuseppina La Falce
Già Dirigente della Presidenza del Consiglio dei Ministri

Note

Una riflessione ampia sui LEA è stata da noi svolta nell’e-book “ I LEA alla prova dell’impatto col Covid” – Quotidiano Sanità, 1 novembre 2020.

NOTA 1- Ministero della salute DECRETO 2 aprile 2015, n. 70 Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera.

NOTA 2- Ministero della salute DECRETO 23 maggio 2022, n. 77 Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale.

NOTA 3- Filippo Palumbo Web Corti supreme e salute 2023, 2 26118882 Dopo gli standard ospedalieri, gli standard territoriali* OSSERVATORIO SUI SISTEMI SANITARI

NOTA 4- Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 NOVEMBRE 2001, recante Definizione dei livelli essenziali di assistenza,

NOTA 5- Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017, recante Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502

NOTA 6 Gimbe: “La Sanità va esclusa dalle materie oggetto dell’Autonomia differenziata” - Quotidiano Sanità (quotidianosanita.it)



28 agosto 2023
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