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Riformare la sanità e fare una diversa programmazione

di Giorgio Banchieri, Laura Franceschetti e Andrea Vannucci

Siamo convinti che una riforma del Ssn in Italia non è procrastinabile perché i limiti e le contraddizioni dell’applicazione delle riforme precedenti si sono manifestati in modo evidente. Vogliamo ricordare che le scelte di programmazione non sono mai “neutre”, ma condizionano l’operatività delle scelte istituzionali e aziendali. Per questo serve un approccio comprensivo del lato della “domanda” e di quello dell’”offerta

18 OTT -

Un interessante dibattito si è sviluppato recentemente sul tema della riforma o meno del SSN con diversi contributi significativi che vogliamo riprendere come incipit del nostro ragionamento.

Luciano Fassari in un suo articolo su “Quotidiano sanità” dal titolo “La sanità sospesa tra le poche risorse e la paura di cambiare” sostiene che “… dalle riforme mancate, agli scarsi finanziamenti i molteplici nodi irrisolti della nostra sanità stanno venendo al pettine e rischiano di erodere i buoni risultati in termini di cure che ancora oggi possiamo vantare. Ecco perché nel suo 45esimo anno il Ssn avrebbe bisogno di interventi più incisivi e coraggiosi.”

Ed inoltre: “Dicevo della politica e del male che sta facendo e ha fatto alla sanità. Anche su questo campo ci vuole coraggio. Se il Ssn pubblico e universalistico come dichiarato da tutti i partiti in Parlamento è un bene da difendere e tutelare la politica dovrebbe fare un passo indietro. In Italia si vota praticamente sempre e ogni volta ci si trova di fronte a sconvolgimenti tra spoil system, commissariamenti e via dicendo col risultato che in base all’appartenenza partitica ognuno vuole issare una bandierina, scaricare le responsabilità su chi c'era prima, perdendo però di vista l’obiettivo comune. Tutti aspetti che sostanzialmente bloccano nuove idee ed energie: non a caso i lavoratori della sanità hanno una media di età molto alta e chi può non vede l’ora di scappare tra basse retribuzioni e orari massacranti.”

Nerina Dirindin su “Salute Internazionale” in un suo articolo dal titolo “Il lungo assedio al Ssn” sostiene che “…da oltre un quarto di secolo il Servizio sanitario nazionale è sfiancato da una lenta opera di logoramento. I responsabili politici e tecnici della sanità pubblica hanno aderito acriticamente al pensiero neoliberista dominante che riteneva il sistema insostenibile, inefficiente, desueto e hanno preferito contare sempre più sul privato piuttosto che operare per qualificare seriamente il sistema pubblico. È ora di dire basta”.

“Oggi, la situazione è particolarmente preoccupante non solo perché troppe persone faticano ad accedere ai servizi, ma soprattutto perché stanno tornando, a uno a uno, tutti gli argomenti che credevamo fossero stati spazzati via dalla pandemia: la salute non è più una priorità. Di fronte all’inevitabile rigore che comunque sarà reintrodotto, arrestare il declino del SSN sembra quasi impossibile. E una piccola (o grande) spending review sembra già essere stata scritta”.

Inoltre “ In realtà, bisognerebbe dichiarare inaccettabili ulteriori dosi di austerità nel settore sanitario… È pensabile proporre di battersi in Europa per escludere dal calcolo del debito per un congruo numero di anni gli investimenti necessari per ripristinare un’adeguata dotazione di personale sanitario e un’adeguata remunerazione dei professionisti della salute, nei paesi meno strutturati? La formazione e l’inserimento nel sistema sanitario di una adeguata dotazione di capitale umano è, in un settore ad alta intensità di lavoro, altrettanto fondamentale quanto l’acquisizione di apparecchiature tecnologiche o la realizzazione di strutture sanitari. Chi può battersi per questo?”

A sua volta Ivan Cavicchi in un suo articolo titolato “Di troppa propaganda il Ssn muore”, apparso su “Quotidiano sanità” controbatte che “… la NADEF che abbiamo è il risultato non solo di un governo di destra che non sa nulla di sanità ma anche di una sinistra che non fa politica ma solo propaganda.

In una crisi economica come quella che c’è abbiamo avuto il coraggio non solo di chiedere la parificazione della nostra spesa sanitaria alla media europea per un valore di circa 40 mld, ma anche di proporre il 7.5% del pil, e di chiedere tutti questi soldi senza offrire nulla in cambio.

Nessun miglioramento, nessuna riforma, nessuna modifica. Cioè la sinistra alla destra ha chiesto di rifinanziare la “sua” sanità, quindi gli squilibri che ci sono, le diseguaglianze che ci trasciniamo da anni, le gravi inefficienze, ma soprattutto le controriforme fatte”.

“ .. mi piacerebbe portare avanti il processo di riforma iniziato nel ‘78 svilupparlo e completarlo quindi necessariamente vorrei cancellare le contro-riforme neoliberiste fatte negli anni ‘90 perché per me sono state un tragico errore che oggi paghiamo a caro prezzo”.

Per me neoliberismo e welfarismo fanno a cazzotti e alla fine insieme ci creano enormi problemi di sostenibilità, il diritto alla salute non è riducibile al reddito, l’universalismo vero non può essere selettivo e la sanità privata non può sussidiare quella pubblica.

Quindi se potessi cancellerei l’azienda che personalmente considero la fesseria più grande fatta dalla sinistra, cancellerei anche la seconda gamba perché se si finanzia come si deve il servizio pubblico essa non serve, quanto al privato nessuna preclusione ideologica ma a condizione come stabilito dall’art 41 della 833 che chi lo vuole se lo paghi senza nessuna esenzione fiscale e nessun aiuto finanziario. Per me la grande marchetta in particolare oggi è insostenibile”.

Condividiamo molto di quanto scritto ma riteniamo che siano necessarie anche alcune precisazioni.

Il contesto di partenza

Lo scenario attuale da cui partire per una nuova Riforma del SSN, come è noto, è caratterizzato da:



18 ottobre 2023
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