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Le Regioni, la Costituzione e la Sanità/2. “La tentazione della privatizzazione”

di Ivan Cavicchi

Oggi esponenti di spicco del Pdl e dell’Udc vogliono togliere la legislazione concorrente alle regioni per passarla a quella esclusiva dello Stato. Non vorrei che per ridiscutere l’art. 117, si “svuotassero” le regioni per “svuotare” il diritto alla salute e quindi privatizzare il sistema

07 NOV - La spending review, i piani di rientro, i commissariamenti, i Patti per la salute, ci dicono che in poco più di un decennio le regioni da “soluzioni” come sono state viste nel 2001, sono diventate “problema”. Questa è la novità. Oggi le regioni siedono sullo stesso banco degli imputati sul quale, negli anni 90, sedevano i comuni cioè quelli che proprio le regioni consideravano i “titolari abusivi” delle funzioni sanitarie, rei di non essere riusciti a coniugare un pensiero riformatore, capacità gestionali e problemi finanziari.
 
Il copione si ripropone, tale e quale, e un periplo sembra concludersi perché tutto tende a tornare da dove si era partiti , cioè al centralismo sanitario. A rendere ancor più pesante la situazione delle regioni è stato il loro incessante potere di interdizione nei confronti di tutti coloro che in questi anni hanno tentato di fare qualcosa per la sanità. Praticamente tutti i ministri della Salute sono stati contestati nelle loro iniziative legislative per non parlare delle commissioni parlamentari. 
 
La stessa sorte è toccata recentemente al decreto Balduzzi che prima dello spending power non avrebbe mai potuto vedere la luce. Il risultato è stato spesso paralizzante, le inerzie regionali finivano per imporsi e per bloccare tutto senza però che le regioni compensassero l’esplodere dei problemi con altre soluzioni. Oggi, potere della crisi, tutti i nodi vengono al pettine fino a mettere in discussione, il riparto delle competenze, deciso dalla riforma del Titolo V tra materie in cui lo Stato ha una “potestà legislativa esclusiva” e materie in cui tra Stato e Regioni vi è un “potere normativo concorrente”. 
 
La sanità rientra tra le materie concorrenti. Ma per quanto si stia in crisi la questione “regioni” può, secondo voi, essere ridotta a mera questione istituzionale? Oppure è una faccenda della quale dobbiamo discuterne tutti? Non credo che sia solo una questione istituzionale perché modificare i rapporti tra “legislazione esclusiva” e “legislazione concorrente”, cioè l’art 117, significa modificare i rapporti complessi tra government e governance della sanità quindi l’idea di sanità in questo paese. La posta in gioco per me è tale da richiedere un coinvolgimento democratico il più ampio possibile. Ma di gente interessata a questa discussione francamente ne vedo poca.
 
Vorrei ricordare che la riforma costituzionale del 2001, in cui era compresa la riscrittura del Titolo V, ebbe una forte legittimazione democratica, perché fu confermata da un referundum (7 ottobre 2001) e che un altro referendum (giugno 2006) rigettò invece una proposta di modifica costituzionale in cui tra le altre cose si prevedeva, per la sanità, la “competenza esclusiva” delle regioni. Me la ricordo bene la delusione degli assessori del tempo, soprattutto di sinistra, e le bave che essi si lasciavano dietro sognando di diventare loro i veri ministri della sanità. 
 
Oggi esponenti di spicco del Pdl e dell’Udc vogliono togliere la legislazione concorrente alle regioni per passarla a quella esclusiva dello Stato. Per cui ripropongo la domanda: è accettabile ridurre tutto ad un conflitto tecnico-giuridico tra istituzioni? Cioè ridurre la democrazia a tecnocrazia? Capisco le ben note idiosincrasie per la concertazione (ormai passata di moda) ma non capisco il silenzio di tutti coloro che da un cambio di governance potrebbero avere non pochi problemi. Sto pensando ad esempio a quelli che sorgerebbero tra potere legislativo e gestione. Oppure a quelli tra organizzazione dei servizi e lavoro. O tra aziende regioni e ministero. Tra i cittadini e i loro bisogni e le loro controparti istituzionali. 
 
E’ evidente che non si tratta semplicemente di togliere dei poteri ma di risistemate un complesso sistema di relazioni tra cittadini e sanità e tra operatori e istituzioni. Anche se tutta l’operazione si limitasse a trasferire poteri legislativi e gestionali le ripercussioni sul sistema sarebbero rilevanti. In generale penso che sia regressiva per tutti la scelta di tornare al centralismo amministrativo degli anni 70 e che non convince una eventuale accozzaglia di corna, cioè un poco meditato ircocervo istituzionale. La mia quindi non è tanto una preoccupazione metodologica ma politica. Ho il fondato sospetto che coloro che propongono di modificare l’art 117 siano persone che la fanno troppo facile. 
 
Per certi versi si intravede ancora una volta la logica lineare che ha ispirato i recenti tagli alla spesa pubblica: “la spesa sanitaria è un problema regionale…le regioni sono un problema finanziario…allora tagliamo le regioni…per tagliare la spesa”. E’ come risparmiare acqua travasandola da un secchio all’altro ma senza curarsi dei buchi che sono in fondo ai secchi e senza curarsi dell’orto da annaffiare. 
 
Ma perché prima non tappiamo i buchi che perdono? C’è qualcuno tra noi disposto a credere che il ministero della Salute, il centralismo amministrativo, la legislazione esclusiva, siano secchi senza buchi? E’ vero le regioni avrebbero bisogno di una buona stagnatura, ma non vorrei che per ridiscutere l’art. 117, si “svuotassero” le regioni per “svuotare” il diritto alla salute e quindi privatizzare il sistema. 
 
Questo sarebbe tragico. Penso quindi che servano calderai e stagnai di buona volontà che ci dicano come riparare i buchi alla nostra malridotta governance. Credo anche che certamente si debba partire dal Titolo V perché è innegabile che di buchi esso ne abbia diversi, ma che il loro esame venga esteso a tutto il sistema. Penso anche che non si debbano subire le modifiche costituzionali decise dallo spending power, perché con la Costituzione non si scherza. Credo infine che se i buchi non si riparano rischiamo di perdere non solo l’acqua ma molto molto di più e di rovinare irrimediabilmente l’orto.
 
Penso infine che l’occasione di ripensare la governance della sanità sia una occasione da non “sprecare”. Cerchiamo quindi di darci una regolata.
 
Ivan Cavicchi
 

07 novembre 2012
© Riproduzione riservata


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