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BPCO. Gard Italia: “Le linee guida attuali non riconoscono parte del problema”


Il moticvo? Sono basate solo su parametri spirometrici e per la scelta degli interventi farmacologici non danno un quadro completo della malattia. Questo il parere degli esperti in un documento pubblicato sul sito del Ministero. Bisogna cambiarle, considerando anche altri aspetti.

09 LUG - Il costante aumento dell’incidenza delle malattie respiratorie croniche, le sta rendendo un problema di salute pubblica sempre più importante, che i governi e le istituzioni sanitarie – comprese quelle italiane – stanno tentando di contrastare. Questa classe di patologie, tra le quali figura anche la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), ha infatti un impatto cruciale sugli individui e sulla società tutta, e per fare una corretta prevenzione bisogna conoscerla e agire non solo sui singoli ma anche sull’ambiente e su fattori sociali. E soprattutto diagnosticare e classificare i diversi tipi di malattia. Cosa, questa, che secondo un documento pubblicato sul sito del Ministero della Salute da Gard Italia – branca italiana della Global Alliance against Chronic Respiratory Diseases che contribuisce al lavoro dell’Oms contro queste patologie – non viene ad oggi fatta nella maniera corretta. O almeno completa, che tenga conto dell’eterogeneità clinica della classe di patologie. In particolare, gli esperti che hanno stilato il documento – tra cui anche membri dell’Istituto Superiore di Sanità, del Cnr, dello stesso Ministero e di altre istituzioni e società scientifiche italiane – chiedono che future linee guida possano prendere in considerazione, oltre ai parametri spirometrici, anche la sintomatologia clinica, la frequenza delle riacutizzazioni e, possibilmente, una più approfondita valutazione degli aspetti funzionali e dello stato del parenchima polmonare.
 
Per giungere a queste conclusioni, gli esperti hanno analizzato epidemiologia, storia e possibilità diagnostiche e terapeutiche per le malattie respiratorie croniche, tra cui la più pericolosa è forse la BPCO.
Si stima che nel 2005 circa 3 milioni di persone nel mondo siano morte a causa di questa malattia, il che corrisponde al 5% di tutte le morti. Ai dati di mortalità si associano i dati di perdita di vita valida, identificati con l’indice DALYs che misura gli anni di vita di buona qualità persi per invalidità: per la BPCO questi anni rappresentano l’1,9% di tutti gli anni di vita persi nel mondo per disabilità, pari a quasi 28 milioni nel 2002.
Il problema è che questa, come molte altre malattie respiratorie croniche sono spesso sotto diagnosticate o non riconosciute finché la malattia non è in stadio talmente avanzato da precludere alcune delle normali attività quotidiane dei pazienti.
 
Oltre quaranta anni fa furono descritte le caratteristiche cliniche, funzionali e radiologiche della BPCO differenziandola nei termini tipo A (pink puffer) e tipo B (blue bloater) per distinguere  empiricamente i pazienti con un tipo enfisematoso da quelli con un tipo bronchitico di ostruzione cronica delle vie aeree. Questi termini hanno successivamente perso la loro connotazione nosografica e, senza che vi siano state dimostrazioni efficaci della loro mancata accuratezza nel definire forme diverse di ostruzione cronica delle vie aeree, sono stati definitivamente abbandonati.
L’osservazione che spesso i reperti clinici ed anatomo-patologici dell’enfisema e della bronchite cronica si manifestino e coesistano in varia combinazione nello stesso paziente ha contribuito in modo sostanziale all’abbandono di questa terminologia. Attualmente i pazienti con BPCO, in accordo con le più recenti linee guida internazionali, sono definiti sulla base di presenza e gravità della limitazione non completamente reversibile del flusso aereo espiratorio senza alcuna distinzione fenotipica. Le linee guida relative alla BPCO hanno così progressivamente stabilito una evoluzione per stadi di gravità delle patologia prevalentemente stratificate sulla base del peggioramento del FEV1 (Forced Espiratory Volume nel primo secondo), al quale viene comunque ricollegato un profilo di intervento farmacologico e non farmacologico.
 
Oggi però, spiegano gli esperti nel documento, “appare evidente che diagnosticare, classificare e misurare la progressione della malattia soltanto con parametri spirometrici quali FEV1 e FVC (Forced vital capacity), come suggerito dalle più recenti linee guida, non permette di avere una visione panoramica della complessità della BPCO e della sua eterogeneità di presentazione clinica”. Secondo gli autori è infatti “molto probabile che differenti alterazioni anatomo-patologiche possano rispondere in modo differente alla terapia e i che deludenti risultati di alcuni importanti trials farmacologici possano essere spiegati dalla somministrazione dello stesso farmaco a pazienti con caratteristiche fenotipiche differenti. Al contrario, un più recente trial farmacologico nel quale sono stati presi in considerazione soltanto pazienti che presentavano sintomatologia compatibile con bronchite cronica ha dimostrato che un’azione farmacologica antiinfiammatoria permette di migliorare la funzione polmonare e di ridurre il numero di riacutizzazioni”.
 
Queste evidenze scientifiche sottolineano secondo gli esperti la necessità che future linee guida per la classificazione di gravità della BPCO e per la scelta degli interventi farmacologici e di riabilitazione prendano in considerazione, oltre alla limitazione del flusso aereo, anche la sintomatologia clinica (caratteristiche della tosse, dell’espettorazione e della dispnea), la frequenza delle riacutizzazioni e, possibilmente, una più approfondita valutazione degli aspetti funzionali caratterizzanti l’iperinsufflazione (volumi polmonari statici) e la distruzione parenchimale polmonare (capacità di diffusione del monossido di carbonio). “Una migliore caratterizzazione dei pazienti con BPCO è sicuramente necessaria allo scopo di mettere in atto interventi terapeutici personalizzati con appropriate caratteristiche di flessibilità”, si legge nelle conclusioni del documento. “Un recente studio ha dimostrato che la valutazione dei pazienti con BPCO mediante modelli multivariati basati su prove di funzione respiratoria complete e valutazione delle caratteristiche dell’espettorato permette di identificare con sufficiente accuratezza sia il fenotipo che la gravità della BPCO come valutabile da dati quantitativi rilevati alla TAC toracica. Lo stesso sviluppo e studio dell’azione di nuovi farmaci, che sino ad oggi si è basato su trials di alta numerosità con indici di efficacia di bassa sensibilità e specificità qualiil declino del FEV1 e la mortalità dovrà essere condotto con studi su un numero inferiore di pazienti nei quali si siano predeterminati outcome di maggiore accuratezza. Ciò potrà favorire una riduzione degli attuali molto elevati costi dei trials farmacologici e, conseguentemente, potrà favorire un più efficace indirizzo di risorse economiche e scientifiche verso lo sviluppo di nuovi farmaci atti ad arrestare la progressione della malattia”.

09 luglio 2013
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