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Sul privato in sanità sforziamoci di superare steccati ideologici e pregiudizi

di Sebastiano Capurso

01 MAR -

Gentile Direttore,
intervengo a margine del recente contributo di Nobili e Garattini (QS 23/2/2023), che si concentrano sull’idea che sia possibile una legittimazione tecnica per preferire l’intervento pubblico, oltre che per l’aspetto finanziario, anche per l’erogazione dei servizi.

Basano la loro argomentazione sul vantaggio dell’erogatore pubblico su due capisaldi :

1.- la concentrazione del privato sui trattamenti più redditizi o meno costosi, e quindi con maggiori margini, dimenticando che le strutture private vengono autorizzate ed accreditate in base alla definizione, da parte degli organi regionali competenti, del fabbisogno di prestazioni nei diversi territori, e che i budget annuali riconosciuti per singolo settore e specializzazione vengono pure fissati dalle Regioni, sulla base di tariffari essi pure stabiliti dalle Regioni : è comunque esperienza di tutti noi la presenza, negli ospedali privati, di servizi di Pronto soccorso, unità coronariche, terapie intensive, servizi di emodinamica, di elettrostimolazione cardiaca, diagnostica per immagini, ecc.(e cito solo settori di mia specifica esperienza) certamente impegnativi in termini di costi ed efficienti almeno quanto i corrispondenti servizi degli ospedali pubblici.

2.- passano poi ad affermare che “l’assistenza integrata è favorita da un unico “datore di lavoro” (logicamente pubblico) in quanto la frammentazione fra più servizi (pubblici e privati) risulta per definizione antitetica a tale concetto” spiegando poi che “i singoli interessi finanziari sono alla lunga destinati a prevalere ed a scontrarsi”, senza fornire alcun supporto a tali considerazioni.

Al contrario risultano numerose esperienze ultratrentennali di proficua collaborazione e vantaggiosa convivenza tra pubblico e privato in molti settori dell’assistenza integrata, primo fra tutti quello dell’assistenza sanitaria domiciliare ove, con il coordinamento dei CAD pubblici, operano con grande efficacia operatori privati accreditati, che garantiscono continuità e qualità di interventi a costi controllati, senza che si sia sviluppato alcun conflitto organizzativo o finanziario.

Nello stesso modo si potrebbe citare il ruolo delle RSA accreditate che, erogando prestazioni previste dai LEA, forniscono oggi l’unico servizio assicurato dal SSN per le cure di lungo termine, a costi (troppo) controllati, e che sono limitate nelle loro potenzialità di essere elementi cardine della rete dell’assistenza territoriale integrata solo da misure di carattere legislativo o da regolamenti regionali eccessivamente restrittivi della libera iniziativa di impresa.

Impietoso sarebbe poi aprire un confronto sui costi generati da gestioni pubbliche delle strutture residenziali e corrispondenti rette erogate ai privati per le medesime attività, oppure sui costi dell’ADI a gestione diretta rispetto a quella accreditata: la esecuzione di questi servizi da parte di enti privati contribuisce a far risparmiare al SSN migliaia di euro all’anno per ogni paziente ospitato in struttura o assistito a domicilio.

Credo allora sia utile uno sforzo congiunto per superare steccati ideologici e pregiudizi, ed aprire un serio confronto sui temi reali, che sono quelli di garantire ai cittadini i servizi di cui hanno bisogno a costi onesti e trasparenti, indipendentemente dalla natura giuridica dell’erogatore.

Dott. Sebastiano Capurso

Cardiologo
Presidente Nazionale Anaste



01 marzo 2023
© Riproduzione riservata

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