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Perché la norma sulla libera professione delle professioni sanitaria non mi convince e il documento Regioni lo conferma

di Saverio Proia

Avevo già commentato criticamente la norma che a detta di altri toglierebbe il vincolo dell’esclusività alle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica ma il documento applicativo redatto dalle Regioni convalidano e appesantiscono il mio giudizio critico.

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Avevo già commentato criticamente la norma che a detta di altri toglierebbe il vincolo dell’esclusività alle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica ma il documento applicativo redatto dalle Regioni convalidano e appesantiscono il mio giudizio critico.

Risalta innanzitutto un giudizio negativo sulla chiarezza della norma definita dalle Regioni “a fronte del carattere piuttosto generico e lacunoso della previsione legislativa” mentre evidenzia che non si tratta di un diritto soggettivo da esercitare direttamente bensì di un diritto concedibile dall’azienda a domanda e a condizione che “la relativa necessità per l’ente datore di lavoro, in funzione del rilascio dell’autorizzazione, di verificare il rispetto della normativa sull’orario di lavoro e di attestare che la predetta autorizzazione non pregiudica l'obiettivo aziendale relativo allo smaltimento delle liste di attesa, nel rispetto della disciplina nazionale di recupero delle predette liste di attesa anche conseguenti all'emergenza pandemica”. E qui i paletti, specie per i dipendenti del SSN esercenti la professione infermieristica sono veramente enormi.

Per le Regioni la norma si applicherebbe solo al personale dei livelli e non ai dirigenti, dove lo abbiano letto non saprei, ma questo è un bene: infatti per le Regioni sono autorizzabili solo incarichi extra moenia e non intra moenia, anche questo dove l’abbiano letto non sono riuscito a trovarlo e mi pare la loro motivazione veramente forzata se non un autogoal.

Questa interpretazione regionale è un bene per la dirigenza di queste professioni e sostanzia l’interpretazione che ho sempre sostenuto dell’applicabilità a questi dirigenti sanitari dell’indennità di esclusività al pari dei loro colleghi dirigenti delle altre professioni sanitarie: se non possono esercitare la libera professione extramoenia debbono essere risarciti con la prevista indennità di esclusività come tutti i dirigenti sanitari in rapporto di lavoro esclusivo.

Ma è un male per gli esercenti le analoghe professioni dipendenti del SSN ma non dirigenti a cui verrebbe negata la possibilità di esercitare la libera professione intra moenia e la stessa negazione è riservata ai cittadini che, invece, anche in presenza di coperture assicurative integrative, avrebbero preferito poter scegliere, all’interno di un presidio del SSN, da quale ostetrica farsi seguire la gravidanza, da quale fisioterapista o logopedista farsi effettuare prestazioni riabilitative o da quale infermiere farsi erogare prestazioni infermieristiche e via di seguito esempi per tutte le altre professioni ex lege 251/00, una vera e proprio discriminazione di classe, un po' vintage, il cittadino può scegliere una prestazione sanitaria in intra moenia da un dirigente medico o sanitario ma no da un dipendente infermiere o ostetrica o delle altre professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, che invece potrà continuare ad essere, talora, erogata in nero e clandestinamente senza neanche un utile economico per il fisco e per le aziende sanitarie come, invece, avviene per la dirigenza medica e sanitaria, contente le Regioni…certo con questa interpretazione richiedono una specifica previsione legislativa quindi l’estensione della normativa prevista per la dirigenza medica e sanitaria e di conseguenza l’estensione dell’indennità di esclusività anche al personale del comparto.

Ben motivata, invece, è l’interpretazione per la quale l’autorizzazione a derogare dal divieto di esercitare attività esterna sia riconducibile solo alle attività del proprio specifico esercizio professionale del dipendente richiedente ma essendo un’interpretazione della norma, riconosciuta fumosa, lascerà spazi a contenziosi legali di chi abbia una diversa interpretazione.

Quindi per le Regioni sarebbero autorizzabili prestazioni sanitarie in regime libero professionale in altre strutture sanitarie pubbliche e private accreditate nonché a singoli cittadini ma fuori dalle sedi del SSN, non si capisce se aprendo la partiva IVA o nel limite economico delle prestazioni professionali occasionali che, mi pare, nel limite massimo di euro cinquemila annui.

Per le Regioni è altresì ammissibile l’instaurarsi di un ulteriore rapporto di lavoro subalterno con altre strutture sanitarie pubbliche o private “salvo poi valutarne la compatibilità in sede di rilascio dell’autorizzazione ed in fase di esecuzione della prestazione per le probabili interferenze con l’organizzazione dell’Azienda datore di lavoro” come è condivisile l’interpretazione regionale per la quale: “ Va peraltro sottolineato che la deroga alle incompatibilità non può riguardare le attività che possono configurare conflitto di interessi, e conseguentemente la violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione sanciti dall’articolo 97, comma 1 della Costituzione”.

Il richiamo posto, nella condivisibile interpretazione regionale che “la norma pone tre condizioni perché l’azienda possa rilasciare l’autorizzazione:

a) l’attività deve garantire prioritariamente le esigenze organizzative del Servizio sanitario nazionale;
b) deve essere verificato il rispetto della normativa sull'orario di lavoro;
c) l’organo di vertice dell’amministrazione di appartenenza deve attestare che non sia pregiudicato l'obiettivo aziendale relativo allo smaltimento delle liste di attesa, nel rispetto della disciplina nazionale di recupero delle predette liste di attesa anche conseguenti all'emergenza pandemica” sostanzia, di conseguenza, tutte le critiche, non solo da parte mia, al fatto che non siamo in presenza di un riconoscimento del diritto ad esercitare la libera professione come la dirigenza medico e sanitaria bensì in un regime parziale, limitato nel tempo, autorizzatorio a domanda e a condizione che, di svolgere attività professionale extra moenia.

Del tutto condivisibili, infine, tutte le condizioni poste dalle Regioni nella parte finale del loro documento sui conflitti di interesse e quant’altro e nel fatto che: “le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione, anche in rapporto alle fattispecie di incompatibilità, e il procedimento autorizzativo nel suo complesso dovranno essere definiti in un apposito regolamento aziendale, che orienti e definisca in via preventiva quali sono i criteri per l’autorizzazione o il diniego allo svolgimento di altra attività lavorativa. Il regolamento potrà anche meglio specificare le indicazioni di carattere generale contenute nel presente documento “regolamento che, mi auguro, sia oggetto di confronto e trattativa sindacale, come avviene per la dirigenza medica e sanitaria, colmando, così, le lacune della norma e della stessa interpretazione regionale con una condivisione, comprensione e concertazione interpretativa e attuativa della norma stessa; certo se questo confronto di merito il Governo lo avesse fatto prima con i sindacati e le regioni, titolari della materia, e non con chi non saprei ma lo sospetterei, la norma, forse, sarebbe emanata in forma certamente migliore ed efficace.

Saverio Proia



14 luglio 2023
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