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Anziani. Report Ocse. Messina (Senior Italia): “Tra politica che non investe e professioni conservatrici sono scettico sul futuro della sanità italiana”

di Luciano Fassari

“Negli ultimi 20 anni abbiamo chiuso gli ospedali senza sostituirli con l’assistenza sul territorio”. Ma ora serve un cambio di “mentalità”. Dobbiamo investire di più su telemedicina, infermieri” e poi “introdurre la figura del geriatra di base”. Ma sul fatto che questo si verificherà i dubbi del leader dell’associazione degli anziani d’Italia non sono pochi.

17 GEN - “Che il numero di anziani nel 2050 sarà elevatissimo lo sappiamo da almeno 20 anni, ma in questo lasso di tempo abbiamo peggiorato la situazione”. Commenta così il presidente di Senior Italia Roberto Messina il Rapporto Ocse sugli anziani e sugli scenari per il futuro dettati dal loro progressivo incremento. “Non c’è la volontà politica d’investire. La salute è solo pil” e il mondo professionale è troppo “conservatore”. E poi sulla riforma della medicina generale: “Serve la figura del geriatra di base e un maggior numero di infermieri”.
 
Presidente, come valuta il Rapporto dell’Ocse sugli anziani recentemente pubblicato che segnala tra l’altro come i sistemi sanitari non siano preparati ad affrontare questo cambio demografico?
Glielo dico subito. È preoccupante che la politica non se ne occupi. Che il numero di anziani nel 2050 sarà elevatissimo lo sappiamo da almeno 20 anni, ma in questo lasso di tempo abbiamo peggiorato la situazione.
 
In che modo?
Restiamo sulla sanità. Venti anni fa non avevamo più assistenza sanitaria, non c’era la domiciliare, ma c’erano molti più ospedali che abbiamo deciso di chiudere per ragioni economiche allo scopo di creare un’altra cosa (l’assistenza territoriale) che nei fatti non è mai stata realizzata. Insomma una vittoria di Pirro. Oggi molti anziani vivono in paesi dove il più vicino ospedale è a 50 km. E sa cosa succede? Che anche per un banale controllo non ci vanno. Nel nostro Paese la politica è poco lungimirante e bada più al consenso dell’oggi piuttosto che a programmare il futuro. Pensiamo per esempio alle campagne sugli stili di vita. In Spagna o in Portogallo è uno status symbol verso i 45-50 anni fare attività fisica. Ma siamo pure fortunati da altri punti di vista. Sulla dieta alimentare siamo un paese con una grossa tradizione e non abbiamo problemi, ma dobbiamo stare attenti a non perderla. Come rispetto ad altri paesi il ruolo di sostegno della famiglia è ancora elevato e si preferisce assistere l’anziano a casa. E per il futuro se penso al patrimonio immobiliare italiano è un  valore aggiunto per gli over 65 di domani rispetto ai loro coetanei stranieri.
 
Stando così le cose il Servizio sanitario nazionale può reggere l’impatto?
Diciamocelo, il nostro sistema sanitario è in default. Le acuzie gravi sono ben servite ma le cronicità assolutamente no. Le fasce non esenti o rinunciano a curarsi o preferiscono il privato perché è più conveniente. E tutto questo riduce la forza finanziaria del Ssn, compreso anche il fatto che la macchina amministrativa conta più degli addetti ai lavori clinici. E poi ci sono i grandi temi come l’accesso ai nuovi farmaci che costano molto e che vanno affrontati senza considerare tutto l’aspetto delle professioni da riammodernare.
 
Ma come mai tanto scetticismo?
Il mio scetticismo deriva dal fatto che non c’è la volontà, al di là degli slogan, della politica d’investire. La salute è solo pil. E invece il nostro Paese è un’eccellenza, ha un sistema efficientissimo e potremo attrarre un gran numero di pazienti. Ma non è solo la politica a dover cambiare. Occorre soprattutto che a cambiare sia anche la mentalità delle grandi corporazioni, penso a farmacisti e medici di medicina generale che sono molto conservatori. Forse dovrebbero evolversi al di là delle chiacchere, non è più possibile pensare di poter avere l’esclusiva su un paziente. Serve un lavoro d’equipe e credo che da questo punto di vista bisogna investire sugli infermieri perché il tempo di conoscenza che ha l’infermiere del paziente è 8 volte superiore a quello del medico. Credo che una serie di attività potrebbero essere affidate agli infermieri come fanno in Inghilterra. Forse è il caso di iniziare a spingere e dar loro fiducia perché sono risorse importanti per il sistema.
 
Quali sono guardando al futuro le esigenze sanitarie più urgenti per gli anziani?
Oltre allo sviluppo di tutti i sistemi di Telemedicina, che ci consentiranno un monitoraggio anche a distanza della popolazione, e su questo ho apprezzato la volontà di presentare un’interrogazione del deputato Gelli, serve soprattutto la nascita di un nuovo modello di medicina generale specializzata che poggia su tre pilastri: pediatra, medico di base e geriatra di base. Quest’ultima una figura specializzate nelle problematiche peculiari dell’anziano. Ma dubito che la politica voglia prendersi la responsabilità di certe decisioni. Infine chiediamo anche un’informazione più tarata sul cittadino. Il paziente capisce poco e in sanità si scrive di tutto e di più, senza una regolamentazione. Bisogna evitare per esempio altri casi tipo Stamina. E se guardiamo agli anziani del 2050 che saranno certamente più informatizzati è fondamentale.
 
E per questo 2016 invece cosa si aspetta?
Siamo a gennaio. Adesso arriveranno le amministrative e sentiremo i soliti slogan. Lo scetticismo è provato.
 
Luciano Fassari

17 gennaio 2016
© Riproduzione riservata

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