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IAS 2011: al via SHE, per insegnare alle donne a convivere con l’Aids


Presentato nel corso del Congresso dell’International AIDS Society il primo programma educazionale in Europa destinato alle donne affette da Hiv/Aids. Il loro numero è in costante crescita e spesso i servizi non rispondono ai bisogni di un’informazione di genere.

19 LUG - Si chiama “SHE” (Strong, Hiv Positive, Empowered Women) ed è il primo programma educazionale in Europa rivolto alle sfide sempre più grandi che le donne affette da Hiv devono affrontare. Il progetto, supportato da Bristol-Myers Squibb e presentato oggi al Congresso dell’International AIDS Society (IAS) in corso a Roma, è stato sviluppato da un comitato indipendente composto da associazioni di pazienti, donne colpite dal virus ed esperti provenienti da sei Paesi europei (inclusa l’Italia).
In Europa il numero di donne che convivono con l’Hiv è in crescita. Nel 2008, almeno il 35% delle nuove diagnosi di Hiv ha riguardato la popolazione femminile. Nonostante i miglioramenti del trattamento a lungo termine e della prognosi, l’Hiv resta una malattia complessa, che impone sfide uniche alle donne. Ma raramente i servizi per l’Hiv rispondono ai loro bisogni specifici. “Con questa iniziativa vogliamo rispondere a un bisogno di informazione crescente”, ha spiegato Antonella d’Arminio Monforte, direttore della Clinica di Malattie Infettive del San Paolo di Milano e membro del comitato di SHE. “Vi sono peculiarità connesse allo stato di sieropositività femminile che vanno dal desiderio di maternità alla scelta del contraccettivo adatto” su cui le donne sanno molto poco. “Ad esempio, la maggior parte delle donne non sa cosa significa avere un figlio essendo Hiv positive né che le attuali terapie antiretrovirali possono proteggere il nascituro”.
Proprio questa è la finalità del programma: fornire alle donne con Hiv strumenti per migliorare la loro qualità di vita, in particolare attraverso un dialogo efficace e costruttivo con gli esperti e, soprattutto, grazie al supporto fornito dalle “pari”, cioè da donne nella stessa condizione clinica.
“Come donna affetta da Hiv, so che abbiamo bisogno di più di un semplice programma clinico per migliorare la qualità delle nostre vite”, ha commentato Silvia Petretti, dell’Associazione di pazienti PositivelyUK e co-chair del comitato di SHE. “Affrontiamo quotidianamente pregiudizi e difficoltà e il supporto delle pari ci rende più forti, perché solo un’altra donna colpita dallo stesso virus può realmente comprendere come questo stigma influenzi le nostre vite. Poiché il numero di donne con Hiv in Europa è in constante aumento, ci auguriamo che SHE possa aiutarle a sentirsi più forti e a colmare il gap nelle risorse attualmente disponibili”.
Il programma intende inoltre facilitare la comunicazione tra le donne che convivono con l’Hiv e gli specialisti, anche incoraggiando questi ultimi a promuovere il supporto offerto dalle “pari” nei diversi centri. “Come clinico ho visto i vantaggi che questo tipo di sostegno può portare alle pazienti, compreso un aumentato senso di forza, essendo più informate e con una migliore stima di sé”, ha dichiarato Jane Anderson dell’Università di Homerton (UK) e co-chair del comitato di SHE. “I benefici si trasmettono anche agli operatori sanitari: il supporto delle ‘pari’ può consentire al clinico di risparmiare risorse e di avere tempo a disposizione per altri pazienti. Speriamo che tutti i medici raggiungano un maggior livello di sicurezza nel dialogo con i pazienti”. 

19 luglio 2011
© Riproduzione riservata

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