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ActionAid Italia: “Il governo Monti provveda a ristabilire i fondi per la lotta all’Aids”

di Laura Berardi

A pochi giorni dall’annuncio del taglio al Fondo Globale, l’organizzazione internazionale chiede al governo italiano di recuperare la credibilità persa negli scorsi anni. L’Italia infatti non ha mai raggiunto i livelli di finanziamento stabiliti dalla comunità internazionale.

01 DIC - Trent’anni fa il primo caso di Aids diagnosticato. Molto è cambiato da allora per chi contrae il virus dell’Hiv. Prima tra tutti l’aspettativa di vita dei pazienti: prima dell’arrivo dei farmaci antiretrovirali questa era di appena 6-8 mesi, oggi una persona sieropositiva asintomatica, quando il contagio viene diagnosticato in tempo e trattato nella maniera corretta, arriva a poter vivere quanto un cittadino perfettamente sano. Tutto ciò grazie a sviluppo e ricerca contro questa terribile malattia, i cui finanziamenti sono oggi messi in discussione. Secondo quanto scritto da ActionAid nell’ultimo rapporto “Ogni promessa è debito”, tutto questo è in parte anche per colpa dell’Italia.
 
Come avevamo già avuto modo di scrivere qualche giorno fa, in occasione della pubblicazione del rapporto Unaids, ad oggi sono 34 milioni nel mondo le persone che convivono con l’Aids. Il numero di nuove infezioni continua a scendere dal 1997, e nello scorso anno è arrivato a 2.7 milioni di persone. Anche il numero di decessi è diminuito da 2.2 milioni nella metà del decennio scorso a 1.8 milioni nel 2010. Nello scorso anno secondo il documento, sono state evitate in totale addirittura 700.000 morti.
Secondo ActionAid, questi risultati, lungi dall’essere casuali, sono la diretta conseguenza di un incremento di dieci volte degli investimenti annui per la risposta alla pandemia, che sono passati da 1,6 a 15,9 miliardi di dollari tra il 2001 e il 2009. Nonostante questo aumento quasi incredibile, sono ancora quasi 8 milioni le persone che ancora non ricevono alcuna terapia. L’obiettivo ottimista dell’accesso universale entro il 2010 alla prevenzione, al trattamento e alla cura, elaborato dalle Nazioni Unite in una “Dichiarazione Politica sull’HIV/AIDS” rilasciata nel 2006, rimane un traguardo ancora decisamente lontano.
Sono numerosi gli studi che indicano come il trattamento antiretrovirale possa funzionare sia come prevenzione che come cura della sindrome. Ma, di nuovo, l’idea di usarli per entrambe le indicazioni significa aumentare il numero di persone in terapia e dunque un incremento dei costi.
 
Necessità ed evidenze che si scontrano oggi con la realtà. È infatti di questi giorni la notizia che il Fondo Globale per la lotta all’Aids, alla Tubercolosi e alla Malaria abbia cancellato i nuovi stanziamenti. La società, come ha annunciato, riuscirà infatti a garantire i programmi già avviati fino al 2014, ma non potrà incrementare in nessun modo il numero di progetti per il trattamento per l’HIV.
Ed è proprio qui che entra in gioco l’Italia. Sembra che siano in parte anche le promesse mancate dell’Italia avranno quindi pesanti ripercussioni negli anni a venire. “L’aiuto pubblico allo sviluppo italiano non ha mai raggiunto i livelli stabiliti dalla comunità internazionale necessari al pieno conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. La già scarsa performance italiana è peggiorata nel 2009 quando i drastici tagli ai finanziamenti hanno avuto ripercussioni importanti sul rapporto tra Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) e PIL”, si legge sul rapporto dell’ActionAid appena pubblicato. “Dal 2009, il rapporto APS/PIL, invece di avvicinarsi all’obiettivo dello 0,51% fissato a livello europeo per il 2010 (e dello 0,7% entro il 2015), ha iniziato una decrescita che lo ha portato allo 0,14% (al netto del debito) l’anno seguente. Una percentuale molto ridotta che ci ha collocati in terzultima posizione fra tutti i Paesi DAC, davanti solo a Grecia e Corea del Sud.”
È un quadro che risulta dunque quasi imbarazzante e che peggiora se si contempla solo l’APS specifico per la lotta all’HIV. Questo, in mancanza dei pagamenti al Fondo Globale, è diventato quasi nullo, con un taglio del 71% tra 2008 e 2009. Nel 2010, secondo ActionAid, il contributo finanziario dell’Italia non rappresenta nemmeno un decimo di quanto il nostro Paese avrebbe dovuto versare nello stesso anno per contribuire al raggiungimento dell’accesso universale alle cure.
 
Ed ecco allora che arrivano le richieste al Governo italiano. Secondo l’organizzazione bisogna come primo obiettivo invertire l’andamento negativo dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo italiano, puntando entro il 2014 a raggiungere una soglia pari allo 0,28% sul PIL per l’APS e allo 0,037% per l’APS sanitario. Per riacquistare credibilità, inoltre, bisogna elaborare un piano di rientro per i contributi non ancora versati al Fondo Globale (che ammontano all’incirca a 260 milioni di euro) ed anche rinnovare l’impegno finanziario per il triennio 2011-2013: è questo l’unico modo, secondo ActionAid di riacquistare un ruolo di influenza nei processi decisionali dei meccanismi di finanziamento.
E ancora, bisogna incrementare gli sforzi bilaterali per la salute nei Paesi prioritari per la cooperazione allo sviluppo italiana e sostenere l’applicazione – a livello di eurozona o globale - di una Tassa sulle Transazioni finanziarie (TTF), destinando almeno un quarto del suo gettito al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
 
Delle richieste nette, ma che secondo l’organizzazione sono le uniche a poter risollevare il Fondo, ma anche la credibilità internazionale del nostro paese. Anche perché nel giugno 2011, i Paesi membri delle Nazioni Unite hanno sottoscritto una nuova Dichiarazione Politica, nella quale si sono impegnati su tre fronti: incrementare ulteriormente gli sforzi per garantire l’accesso alla terapia a 15 milioni di persone sieropositive entro il 2015, dimezzare la trasmissione sessuale dell’HIV e quella fra coloro che fanno uso di droghe e garantire che nessun bambino nasca sieropositivo nei prossimi quattro anni. Un obiettivo di cui anche l’Italia si è fatta carico.
“Ci auguriamo che l’attenzione data dal nuovo Esecutivo al settore della cooperazione internazionale – si legge in conclusione al rapporto – dimostrata dalla nomina di un Ministro ad hoc per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione,  possa accompagnarsi a un rinnovato impegno per il raggiungimento dell’accesso universale alle cure e per il rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali, definito come priorità nei “Principi guida” della cooperazione sanitaria”.
 
Laura Berardi

01 dicembre 2011
© Riproduzione riservata

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