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Xylella. Corte Ue condanna l’Italia: “Non ha applicato misure per impedire diffusione del batterio”


Accolto il ricorso della Commissione Ue contro ritardi e mancanze nelle ispezioni e nell'abbattimento delle piante infette da parte delle autorità nazionali. Si tratta di una condanna per primo inadempimento, che prevede solo il pagamento delle spese processuali. LA SENTENZA

05 SET - L'Italia non ha applicato le misure obbligatorie Ue per impedire il diffondersi del batterio vegetale da quarantena xylella fastidiosa, responsabile del disseccamento rapido degli ulivi in Puglia. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue, che ha accolto il ricorso della Commissione Ue contro ritardi e mancanze nelle ispezioni e nell'abbattimento delle piante infette da parte delle autorità nazionali. Si tratta di una condanna per primo inadempimento, che prevede solo il pagamento delle spese processuali. 
 
“La Xylella fastidiosa (in prosieguo: la «Xylella») – scrive la Corte in una nota - è un batterio che colpisce numerose piante, di cui può provocare la morte per disseccamento. Tale batterio è stato osservato per la prima volta in Europa nel 2013 su piante di olivo (Olea europaea L.) situate nella regione Puglia (Italia). I dati scientifici hanno evidenziato che la diffusione della Xylella dipende essenzialmente da alcuni insetti che possono spostarsi di circa 100 metri nel corso di soli 12 giorni, agendo, così, come vettori del batterio. Nel 2015, la Commissione ha adottato una decisione con la quale ha imposto agli Stati membri, in particolare, misure di eradicazione della Xylella consistenti nel rimuovere immediatamente non solo le piante infette (in particolare gli olivi), ma anche tutte le piante ospiti - ancorché non presentanti sintomi d’infezione - situate in un raggio di 100 metri attorno a quelle contagiate, e ciò non solo nella zona infetta ma anche nella zona limitrofa, detta «cuscinetto»”.
 
“Nel 2016 – si evidenzia -, la Corte di giustizia, chiamata a pronunciarsi su una domanda pregiudiziale , ha dichiarato la validità, sotto il profilo del diritto dell’Unione, di tali misure di eradicazione. Il medesimo anno, dal momento che la Xylella si era diffusa in alcune parti della Puglia da più di due anni, la sua eradicazione non era più possibile. Conseguentemente, la Commissione ha modificato la propria decisione prevedendo, eccezionalmente, per i territori infetti in modo stabile, misure di contenimento anziché di eradicazione. Tali misure di contenimento, dirette ad impedire la diffusione della Xylella, comprendono il monitoraggio del territorio interessato nonché l’abbattimento immediato delle sole piante infette situate, in particolare, in una fascia della zona infetta avente una larghezza di 20 km calcolati a partire dal «bordo» esterno della medesima zona, quindi una fascia limitrofa alla zona cuscinetto (grafico qui di seguito), che attraversa le province di Brindisi e di Taranto da Est ad Ovest”.
 
“Nel 2018 – precisa la Corte -, la Commissione ha proposto il presente ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte, ritenendo che l’Italia non si fosse conformata alla sua richiesta di intervenire immediatamente per impedire la diffusione della Xylella e che, in ragione del persistere degli inadempimenti, tale batterio si fosse ampiamente diffuso in Puglia.3 Con la sua sentenza odierna, la Corte dichiara che, alla scadenza del termine fissato dalla Commissione, vale a dire il 14 settembre 2017, l’Italia aveva omesso di rispettare due degli obblighi ad essa incombenti in forza della decisione della Commissione”.
 
La Corte constata, in primo luogo, che “l’Italia non ha proceduto immediatamente alla rimozione, nella zona di contenimento, almeno di tutte le piante infette nella fascia di 20 km della zona infetta confinante con la zona cuscinetto”.
 
La Corte rileva che” non è contestato che, al 14 settembre 2017, su un totale di 886 piante infette censite, 191 (vale a dire, circa il 22%) non erano ancora state rimosse nella fascia di 20 km. Non è nemmeno contestato che la rimozione delle piante infette in tale fascia di 20 km, quando ha avuto luogo, sia stata effettuata solo molti mesi dopo la constatazione dell’infezione di tali piante”.
 
La Corte sottolinea poi che il “termine «immediatamente» contenuto nella decisione della Commissione è inconciliabile con un periodo di più settimane o addirittura di più mesi. Per quanto riguarda i diversi ostacoli materiali, amministrativi e giuridici richiamati dall’Italia per giustificarsi, la Corte rammenta che le situazioni di ordine interno di uno Stato membro non giustificano l’inosservanza degli obblighi e dei termini risultanti dal diritto dell’Unione. L’Italia avrebbe quindi dovuto adottare misure nazionali di emergenza che prevedessero procedure più rapide per superare tali ostacoli. In secondo luogo, la Corte constata che l’Italia non ha garantito, nella zona di contenimento, il monitoraggio della presenza della Xylella mediante ispezioni annuali effettuate al momento opportuno durante l’anno.”
 
La Corte osserva che “l’Italia ha realizzato la sua ispezione per l’anno 2016 tra l’agosto 2016 ed il maggio 2017. Orbene, anche supponendo, come sostiene l’Italia, che la presenza della Xylella possa essere individuata durante tutto l’anno - circostanza che la Commissione contesta, dal momento che, in inverno, le piante a foglie caduche non hanno foglie che possano rivelare i sintomi di infezione -, resta il fatto che l’Italia non ha terminato l’ispezione annuale prima dell’inizio della primavera, stagione di volo dell’insetto vettore della Xylella, al fine di consentire la rimozione in tempo utile delle piante infette. La Corte respinge invece la domanda della Commissione diretta a far constatare un costante e generale inadempimento da parte dell’Italia dell’obbligo di impedire la diffusione della Xylella. Tale inadempimento consisterebbe nel fatto che l’Italia non ha raggiunto il risultato perseguito dalla decisione della Commissione che consisteva nell’impedire tale diffusione. Ne risulterebbe, secondo la Commissione, una ripetuta violazione da parte dell’Italia non solo degli obblighi che le incombono nella zona di contenimento, ma anche degli obblighi, oggetto della citata causa pregiudiziale, relativi all’eradicazione del batterio nella zona delimitata, che comprende la zona infetta e la zona cuscinetto”.
 
La Corte osserva infatti che la “Commissione non ha provato la violazione di tali obblighi specifici. A tal fine, la semplice constatazione della diffusione della Xylella non è sufficiente. La Corte ritiene quindi che la Commissione non abbia provato neppure la violazione, da parte dell’Italia, dell’obbligo, contenuto nella direttiva 2000/294 , di adottare tutte le misure necessarie per impedire la diffusione del batterio, né dell’obbligo di leale cooperazione sancito dall’articolo 4 del Trattato sull’Unione europea”.

05 settembre 2019
© Riproduzione riservata
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