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D’Ambrosio Lettieri (FI): “Per la Consulta i diritti costituzionali non sono stati violati” 


07 DIC - “La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24 Disposizioni urgenti in materia sanitaria – il cosiddetto Decreto Balduzzi - che consentiva, anche in seguito ad alcune sentenze favorevoli in questo senso, il trattamento Stamina solo nei casi in cui la cura fosse già iniziata. La questione era stata sollevata - in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione sui diritti inviolabili, il diritto alla salute e la pari dignità di tutti i cittadini - dal Tribunale ordinario di Taranto, nell’ambito della causa intentata successivamente all’entrata in vigore del decreto, da un paziente che chiedeva di poter essere sottoposto alla cura per la prima volta”.  Lo rende noto Luigi d’Ambrosio Lettieri, capogruppo FI Commissione Igiene e Sanità del Senato.
 
“Per la Corte”, afferma il senatore, “sarebbe irragionevole l’estensione indiscriminata di una deroga circoscritta ai singoli casi in cui la somministrazione della cura stamina era stata già avviata, anche in considerazione del fatto che, allo stato, il ministero della Salute ha escluso la prosecuzione della sperimentazione dal decreto adottato, sulla base della relazione dell’apposito comitato scientifico, il 4 novembre 2014, nelle more del giudizio costituzionale”.
 
D’Ambrosio Lettieri sottolinea come “la sentenza della Corte abbia il merito di ripartire da un punto fermo e cioè dal principio della fondatezza scientifica che il legislatore dovrebbe tenere sempre bene a mente e che i cittadini dovrebbero considerare quale presupposto imprescindibile a salvaguardia della tutela della salute pubblica”.
 
“Le decisioni sul merito delle scelte terapeutiche, in relazione alla loro appropriatezza”, scrivono i giudici costituzionali, “non potrebbero nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica del legislatore, bensì dovrebbero prevedere l’elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi – di norma nazionali e sovra-nazionali – a ciò deputati, dato l’essenziale rilievo che a questi fini rivestono gli organi tecnico-scientifici”.
Secondo la Consulta, nel caso specifico, il legislatore del 2013 è stato, praticamente, costretto anche se parzialmente, a derogare a questo principio, perché è intervenuto in una “particolare situazione fattuale che vedeva, in concreto, già avviati trattamenti con cellule staminali per iniziativa di vari giudici che, in via cautelare, avevano ordinato a strutture pubbliche di effettuarli”.
 
In sostanza, affermano i giudici, il legislatore ha dovuto privilegiare i principi di continuità terapeutica e le esigenze di non interferenza con provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
Chiara la posizione della Corte sul ruolo del Ssn. “La promozione di una sperimentazione clinica per testare l’efficacia ed escludere collaterali effetti nocivi di un nuovo farmaco”, si legge nel dispositivo, “non consente, di regola, di porre anticipatamente a carico di strutture pubbliche la somministrazione del farmaco medesimo: e ciò per evidenti motivi di tutela della salute, oltre che per esigenze di corretta utilizzazione e destinazione dei fondi e delle risorse a disposizione del Servizio sanitario nazionale”.

07 dicembre 2014
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