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Anteprima. Il Rapporto del Senato sui punti nascita: "Psicosi da parto ingiustificata"


"La sanità materno-infantile italiana si pone a livelli di eccellenza", anche se con "difetti organizzativi e strutturali che richiedono un percorso programmatico e razionalizzazione della spesa”. Questo l'esito dell'indagine conoscitiva sul percorso nascita appena conclusa dalla Commissione Sanità del Senato.

29 NOV - La Commissione Igiene e Sanità del Senato ha concluso ieri l'indagine conoscitiva sul percorso nascita e sulla situazione dei punti nascita con riguardo all'individuazione di criticità specifiche circa la tutela della salute della donna e del feto e sulle modalità di esercizio dell'autodeterminazione della donna nella scelta tra parto cesareo o naturale.
Il documento conclusivo, predisposto dalle senatrici Fiorenza Bassoli (Pd), e Laura Bianconi (Pdl), “Nascere sicuri” è stato approvato dalla XII Commissione all’unanimità.  
Il presidente della Commissione Antonio Tomassini, Pdl, ha espresso apprezzamento per “la conclusione di un'indagine conoscitiva così rilevante, la quale rappresenta un risultato di cui la Commissione deve sentirsi orgogliosa anche perché completa un quadro di iniziative che fu avviato per rispondere ad alcuni fatti di cronaca”.
 
La proposta di svolgere un’indagine conoscitiva sul percorso nascita e sulla situazione dei punti nascita è stata deliberata all’unanimità dalla Commissione Igiene e Sanità il 21 settembre 2010 ed autorizzata dal Presidente del Senato il 23 settembre 2010.
In particolare, i lavori dell'indagine, deliberata il 21 settembre 2010, si sono aperti il 22 febbraio 2011 con lo svolgimento di numerose audizioni.
La Commissione, nel corso dell’indagine conoscitiva si è avvalsa della collaborazione di una serie di consulenti e di esperti e nel corso delle procedure informative sono stati inoltre raccolti ed acquisiti numerosi documenti e contributi da parte dei soggetti auditi.
L’obiettivo dell’indagine è stato raccogliere dati e informazioni utili alle istituzioni e finalizzati a fare chiarezza sul Percorso Nascita.
 
Pertanto le relatrici hanno tenuto conto, tra l’altro, dei lavori delle altre Commissioni parlamentari e acquisito agli atti i documenti prodotti sull'argomento a partire dalla XIV Legislatura e quelli realizzati dal Ministero salute; effettuato una mappatura dei punti nascita presenti nel territorio nazionale relazionandoli alle criticità logistiche territoriali; preso atto dei sopralluoghi effettuati in alcuni punti nascita e delle audizioni sia di punti nascita ad alto e basso numero di parti, che di quelli presenti in aree disagiate sotto il profilo territoriale; ascoltato i responsabili di direzione, amministrativi e sanitari, di alcuni punti nascita con specifica attenzione agli organici di queste strutture, alla adeguatezza delle risorse strutturali, impiantistiche e tecnologiche, alla loro funzionalità secondo i livelli minimi assistenziali; quantificato il numero totale di parti effettuati nella struttura e specificatamente distinto tra parti operativi e tagli cesarei per indicazione, per epoca gestazionale e le complicanze ostetriche e neonatali.
 
In più sono state individuate adeguate iniziative legislative opportune, con priorità di uniformità per i percorsi di emergenza ostetrica-neonatale attraverso la collaborazione con il tavolo della Conferenza Stato- Regioni per renderlo operativo in tempi definiti; suggerite iniziative di informazione, attraverso gli Assessorati alle Regioni, per la popolazione, in particolare per le coppie e per le mamme in gravidanze.
 
Questo per portare a conoscenza le modalità di percorsi assistenziali offerti presso le strutture pubbliche della regione e della possibilità della scelta del parto al fine di rasserenare il clima "psicosi da parto".
 
L’indagine ha valutato le modalità di assistenza al parto, i percorsi nascita e di tutela della salute della madre e del bambino, con particolare attenzione anche a: parto-analgesia, corsi di preparazione al parto e percorsi di genitorialità condivisa.
L‟obiettivo dell‟indagine è stato quello di raccogliere dati e informazioni utili alle istituzioni e finalizzati a fare chiarezza sul Percorso Nascita.
Il problema del nascere sicuri va affrontato non confondendo l’obiettivo con lo strumento: l’obiettivo – si legge nel documento – è la nascita sicura; la modalità del parto e la tecnologia sono strumenti successivi a questo obiettivo.
 
La situazione italiana
Il fenomeno nascita nel mondo presenta sostanziali differenze per quel che riguarda figure assistenziali coinvolte (ostetriche, medici), numero di letti negli ospedali per abitanti, esiti in termini di mortalità e materna e neonatale. In Italia, secondo i dati desunti dai CeDAP nel 2008 sono stati registrati circa 600mila parti.
“La sanità materno-infantile italiana – dice l’indagine – si pone a livelli di eccellenza in quanto presenta tra le più basse percentuali d‟Europa in morbilità e mortalità, ma nel contempo registra difetti organizzativi e strutturali che richiedono un percorso programmatico comune e una razionalizzazione della spesa”. Le criticità legate alla nascita in Italia sono dovute essenzialmente ad un cambiamento sostanziale dell’epidemiologia delle donne in gravidanza in Italia negli ultimi decenni a partire dagli anni ‘70 quando si è registrata una progressiva riduzione della propensione a procreare. L'innalzamento dell'età media al parto ha determinato una riduzione delle nascite e il conseguente fenomeno della denatalità al punto da essere individuati in Europa come il fanalino di coda in termini di natalità.
Nel 2008 il numero medio di figli per donna è stato pari a 1,42 figli per donna. Valore che seppur in lieve aumento rispetto agli anni precedenti (+0,1 punti percentuali rispetto al 2000), risulta inferiore al livello di sostituzione che garantirebbe il rinnovamento generazionale. I dati riferiti al 2008 danno livelli più elevati di fecondità al Nord, nelle PA di Trento e Bolzano e in Campania e Sicilia. Le regioni in assoluto meno prolifiche sono Sardegna, Molise e Basilicata. L’età media alla prima gravidanza nel 2008, risulta pari a 31,1 anni (+0,7 anni rispetto al 2000). In Sardegna l’età media al parto è di oltre 1 anno superiore a quella registrata in Italia nel suo complesso. La regione dove l’età media al parto è, invece, più bassa è la Sicilia (30,3 anni).
L‟età media della madre è di 32,4 anni per le italiane mentre scende a 28,9 anni per le cittadine straniere. I valori mediani sono di 32,2 anni per le italiane e 28,2 anni per le straniere.
 
Il parto
Nel 2008 i parti vaginali sono stati 337.856. Di questi il 19,5 per cento è relativo a madri straniere. La distribuzione per classi di età e cittadinanza evidenzia che il 71,8 per cento delle madri italiane che ha avuto, nel 2008, un parto vaginale ha più di 30 anni, mentre le madri straniere con più di 30 anni risultano essere solo il 40,9 per cento. Nel 92,03 per cento dei casi la donna ha accanto a sé al momento del parto (sono esclusi i cesarei) il padre del bambino, nel 6,71 per cento un familiare e nell‟1,25 per cento un‟altra persona di fiducia (Dati CeDAP 2008, pubblicati 2011). Secondo i dati dell’ Iss la mortalità e la morbosità materna gravi correlate al travaglio o al parto sono eventi sempre più rari nei Paesi socialmente avanzati, ma non possono essere definiti come „un problema del passato‟. In Italia, in analogia con altri Paesi industrializzati, in base ai dati dell’ Istat il rapporto di mortalità materna è diminuito negli anni passando da 133 per 100.000 nel 1955 a 1,6 e 2 nel periodo 2006-2007.
È stato stimato che circa la metà delle morti materne potrebbe essere evitata grazie a migliori standard assistenziali. Negli ultimi decenni, pertanto, sono state condotte diverse indagini che hanno come obiettivo anche l’identificazione e l’analisi delle cause associate ai casi di morbosità materna grave.
Confrontando i rapporti di mortalità materna delle singole regioni in studio, è stata osservata un’importante differenza nelle regioni del Nord rispetto a quelle del Centro e del Sud. Il rapporto di mortalità materna (MMR) più basso è stato osservato in Emilia-Romagna (MMR 7,6), quello più alto in Sicilia (MMR 24,1).
 
Indicatori di Mortalità Materna
Il rapporto specifico per età evidenzia un rischio doppio di mortalità per le donne oltre i 35 anni di età in analogia con quanto descritto in letteratura.
 Le principali cause sono: emorragie, tromboembolie e disordini ipertensivi. Sono a maggior rischio le donne che hanno subito un Taglio Cesareo (Tc), quelle oltre i 35 anni di età, quelle di istruzione basso e le immigrate. In Italia la mortalità materna è un evento estremamente raro per cui sono necessari molti anni per poter individuare un numero di casi sufficienti a fornire informazioni affidabili. Cosa fare per migliorare gli MMR? Secondo l’indagine della Commissione Sanità sono da compiere una serie di azioni: la revisione sistematica delle circostanze e delle patologie che hanno portato all’evento avverso attraverso pratiche di audit permanente rappresenta un elemento essenziale per l’assistenza alla maternità e per la sorveglianza della salute perinatale. Istituzione di un sistema di sorveglianza sul modello delle confidential enquires del Regno Unito che permetta di monitorare l’andamento del fenomeno e anche i suoi determinanti al fine di migliorare la qualità e la sicurezza dell’assistenza alla gravidanza, parto e puerperio.
 
Mortalità Infantile e Neonatale
Come emerge dai dati dell’Iss, i tassi di mortalità neonatale (ovvero entro il primo mese di vita per 1.000 nati vivi) e infantile (ovvero entro il primo anno di vita per 1.000 nati vivi) sono indicatori molto importanti per il monitoraggio della salute del bambino, della salute della madre e della qualità dell’assistenza fornita. Molti sono i fattori: biologici, sociali, culturali ed economici associati al rischio di mortalità infantile e neonatale, su cui pesa la qualità complessiva del welfare socio- assistenziale. Oltre i fattori biologici come l’età materna, l’ordine di nascita, l’intervallo tra i parti successivi, la presentazione fetale al momento del parto e la storia ostetrica della madre, questi indicatori risentono anche della qualità dell’assistenza alla gravidanza e dell’evoluzione tecnologica nell’assistenza al parto.
Nel corso degli anni, l’Italia ha visto grandi miglioramenti: l’indicatore di mortalità infantile è probabilmente quello più diminuito nel nostro Paese ed ha contribuito enormemente all’aumento della speranza di vita. Riferito al nostro Paese il dato presenta differenze a macchia di leopardo al Nord (con a capo la Lombardia) va meglio del Centro e il Centro va molto meglio del Sud. “Pertanto – è l’auspicio dell’indagine del Senato – dobbiamo pensare a interventi mirati in queste Regioni che portino a recuperare rispetto alle Regioni del Nord”.
 
Gravidanze da Pma
L’incremento delle gravidanze a rischio è un aspetto che assume particolare rilievo nel nostro Paese. Tra i diversi fattori che hanno contribuito a questo incremento l’indagine del Senato individua il diffondersi delle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) con il conseguente aumento delle gravidanze multiple, legato alle tecniche di PMA, ma anche l’aumento delle nascite con prematurità; l’aumento dell’età della donna al primo figlio.
Con l’aumento delle gravidanze a rischio si è assistito anche ad un aumento dei bambini nati sotto le 28 settimane (1,4 per cento lo scorso anno) o sotto la 34ma settimana (4,9 per cento).
Relativamente alle gravidanze da Pma, secondo i dati del Registro Pma relativi ai cicli 2010, l’applicazione 
delle tecniche di procreazione medicalmente assistita appare in costante crescita.
Dai dati del Registro Pma, sul totale delle gravidanze ottenute da tecniche di secondo e terzo livello applicate nel 2010, sia a fresco che da scongelamento, delle 11.964 gravidanze, ottenute, 2.623 hanno presentato più di una camera gestazionale, pari al 21,9 per cento. In particolare le gravidanze gemellari hanno rappresentato il 19,7 per cento del totale delle gravidanze, esattamente lo stesso valore del 2009. Le gravidanze trigemine sono state 254, cioè il 2,1 per cento del totale, mentre nel 2009 risultavano il 2,5 per cento e nel 2008 il 3,3 per cento. Questo dato conferma quindi un decremento della quota di gravidanze trigemine. Infine 8 gravidanze, cioè lo 0,1 per cento, presentano 4 o più camere gestazionali, confermando il dato emerso nella rilevazione del 2009.
 
I Punti nascita
Le informazioni più dettagliate sull’assistenza in gravidanza sono quelle fornite dai Cedap (certificati di assistenza al parto), riferite al 2008. Secondo il Cedap nel 2008 si sono avuti 544.718 parti e 552.725 nati in 551 punti nascita, pari al 96.6 per cento dei nati rilevati con la SDO e al 95.8 per cento dei nati vivi registrati presso le anagrafi comunali nello stesso anno.
Ogni anno dunque nascono in Italia circa 600.000 bambini, il fenomeno della gravidanza però è più ampio perché a questo numero vanno associate le donne che iniziano una gravidanza e la interrompono, che sono altre 115.000.
Il 67,0 per cento dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui. Tali strutture (che sono 210), rappresentano il 37,3% dei punti nascita totali. Il 9,11 per cento dei parti ha luogo invece in strutture che accolgono meno di 500 parti annui. L’accordo del dicembre 2010, tra Stato e Regioni, ha stabilito la razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con un numero di parti inferiore a 1000 l’anno. In particolare, 268 punti nascita (il 48 %) sono collocati nelle 8 Regioni del Sud. Sui 158 punti nascita con meno di 500 parti/anno, 112 (70,9%) sono distribuiti nel Sud. Al contrario dei 30 punti nascita con più di 2500 parti, solo 3 sono collocati al Sud, 23 nelle Regioni del Centro-Nord, 4 nella Regione Lazio. Tra i 551 punti nascita, il 17,2% risultano privati accreditati ed in particolare il 40,6% presentano una numerosità di parti/anno al di sotto dei 500. 30 strutture private accreditate con meno di 500 parti, pari al il 77%, è situato al Sud
Secondo i dati della Conferenza Stato-Regioni i punti nascita con un numero di parti inferiori a 500, privi di una copertura di guardia medico-ostetrica, anestesiologica e medico-pediatrica attiva h24, rappresentano ancora una quota intorno al 30 per cento del totale e sono presenti, in particolar modo, nell'Italia centrale e meridionale. In tali strutture il numero di parti è esiguo (la media è inferiore ai 300 parti/anno) e rappresenta meno del 10% dei parti totali.
Secondo la Commissione Sanità del Senato le criticità sono rappresentate dal fatto che se si osserva “la distribuzione per Regioni, la Sicilia, la Campania, la Calabria e la Puglia, presentano la maggior parte dei centri nascita con un numero di nati per anno inferiore ai 500. Le stesse Regioni hanno un maggiore indice di mortalità neonatale rispetto al soddisfacente valore medio e ai valori più bassi delle altre Regioni”. E dunque “erogare prestazioni di così alta sensibilità (parto) in punti nascita che non riescono a garantire attività assistenziale adeguata espone a maggiori rischi nel percorso Nascere sicuri”.
 
Taglio Cesareo in Italia

Secondo l’indagine del Senato “l’eccessivo ricorso al TC ha portato l’Italia ad occupare il primo posto tra i Paesi europei, superando i valori europei riportati nel rapporto Euro-Peristat sulla salute materno-infantile del dicembre 2008”. L’Italia detiene la percentuale più elevata pari al 38,4 per cento mentre altri Paesi presentano percentuali inferiori al 30 per cento che scendono al 15 per cento in Olanda e al 14 per cento in Slovenia.
In Italia il ricorso al cesareo è cresciuto passando dall’11,2% del 1980, al 37,8% del 2008 con valori più bassi al Nord e più alti al centro e al Sud. Il parto cesareo è più frequente nelle donne italiane (39,8%) rispetto alle straniere (28,4%). Secondo i dati del Registro Nazionale PMA è emerso che nel 2009, il ricorso al taglio cesareo nelle gravidanze da PMA è superiore rispetto alla media nazionale, verificandosi nel 58,8%.
 
Il parto senza dolore
La sedazione del dolore del parto non dovrebbe essere alternativa al parto naturale, ma un mezzo che la medicina offre per compiere una libera scelta e per realizzare, con la sedazione del dolore, un maggior grado di consapevolezza e di partecipazione all’evento. Per fare ciò però serve una mobilitazione su vari piani. Quello che attualmente si fa è lasciato alla buona volontà delle strutture; non esiste infatti, per questo tipo di assistenza alcun incentivo di natura economica né per le aziende ospedaliere né per gli anestesisti. Sarebbe invece necessario per realizzare un’analgesia h24, un servizio di Anestesia Ostetrica a tempo pieno. Il diritto della partoriente di scegliere un’anestesia efficace dovrebbe essere incluso tra quelli garantiti a titolo gratuito nei Lea. In quanto l’analgesia si è dimostrata apportare sicuri benefici sia alla madre che al nascituro.
Nei Cedap e nelle Sdo non viene rilevata l’informazione relativa al ricorso di anestesia al parto. Le informazioni riportate fanno riferimento a 2 indagini coordinate dall’Iss e condotte, con le stesse modalità, una nel 2008-09 e una nel 2010-11 in 25 ASL di 11 Regioni Italiane che hanno deciso di applicare la metodologia del Progetto Obiettivo Materno Infantile. Le regioni partecipanti non sono rappresentative a livello nazionale ma ogni campione è stato selezionato in modo tale da essere rappresentativo del proprio territorio. Il campione complessivo è costituito da 7293 donne che avevano partorito, di cui 6942 hanno accettato di partecipare all‟indagine (95,2 per cento del campione) e sono state intervistate al momento della dimissione e a 3, 6 e 12 mesi dal parto. Dall’analisi è emerso che, sul totale dei parti per via vaginale, il 14,6 per cento è stato assistito con l’ausilio dell’anestesia epidurale e lo 0,5 per cento con anestesia spinale.
 
Gestione del rischio clinico
In questi ultimi anni sono state istituite Commissioni per l’attuazione delle iniziative di gestione del rischio clinico con un referente e il gruppo di lavoro aziendale.
Il compito è segnalare ogni evento avverso o disfunzione organizzativa indicato dagli operatori sanitari; l’evento, accuratamente valutato, può diventare oggetto di un’approfondita revisione tra pari, a seguire, vi può essere la stesura di un alert report mediante il quale si informano tutti gli operatori sanitari interessati alle soluzioni individuate; altro compito è l’implementazione delle linee guida nel Dipartimento Materno Infantile redatte e condivise con procedura aziendale per la gestione dei documenti relativi ai processi assistenziali trasversali.
L’obiettivo è creare un costante livello di attenzione e di vigilanza sugli incidenti, facendo comunicare tra loro gli operatori sanitari.
 
Conclusioni
L’Italia è uno dei Paesi europei con i più bassi livelli di fecondità. Nel 2008 il numero medio di figli per donna era pari a 1,42: valore che, anche se in lieve aumento risulta comunque inferiore al livello di sostituzione che garantirebbe il rinnovo generazionale.
Nel 2008 circa il 16,9% dei parti in Italia è di madri di cittadinanza non italiana: al nord questa percentuale sale al 20% con punte del 25% in Emilia Romagna, del 24,4% in Veneto e del 23,2% in Lombardia. Da diversi studi è emerso come in termini d'assistenza in gravidanza e di esiti neonatali, sussistano differenze a secondo del Paese di provenienza e delle loro condizioni di vita in Italia.
Per questo è indispensabile ampliare la conoscenza degli operatori sanitari e dei medici riguardo malattie endemiche delle zone di provenienza che possono influire sullo stato di salute della madre e del bambino. In Toscana si è iniziato questo percorso. L'umanizzazione del parto passa anche attraverso la conoscenza del valore e del significato della nascita e del parto presso le popolazioni straniere che ormai sono una parte della cittadinanza del nostro Paese.
 Nonostante in Itali sia diminuita la mortalità materna c’è ancora differenza tra il nord e il sud del Paese.
Analoga variabilità per area geografica si osserva nella proporzione dei tagli cesarei e il tasso di mortalità neonatale e infantile che risultano maggiori al sud rispetto al nord. Inoltre il rapporto specifico per età evidenzia un rischio doppio di mortalità per le donne oltre i 35 anni e tra le donne sottoposte al taglio cesareo. Esiste una correlazione anche tra il livello di scolarità e la mortalità materna che risulta maggiore dove il livello è più basso.

Nel contesto Italia, le differenze fra Nord e Sud sono notevoli poiché vanno dal 2,7 nati vivi per mille del Piemonte al 5,5 per mille della Calabria. Il tasso di mortalità neonatale è diminuito nel periodo che va dal 2005 al 2008, passando da 2,6 al 2,4 decessi per mille nati vivi, con un andamento regionale molto diverso ad esempio tra l'1,2 per mille della provincia di Trento e Bolzano al 3,6 dell'Abruzzo.
Esistono realtà a macchia di leopardo con punti nascita di eccellenza, con Unità d'Ostetricia e Neonatologia all'avanguardia, dove bambini nati a 25 settimane di gestazione sopravvivono al 75 per cento e dove si lavora per migliorare la loro qualità di vita. Accanto a queste realtà coesistono situazioni di criticità, ad esempio i 158 punti nascita con meno di cinquecento parti all'anno, in numero maggiore al sud e nelle strutture private accreditate. È necessaria una maggiore omogeneizzazione dell'assistenza offerta, basata su punti nascita che per volume d'attività siano in grado di fornire in modo efficace ed efficiente la presenza h24 delle specialità necessarie alla sicurezza della nascita (ginecologo, anestesista, pediatra) associando questo alla continua attenzione degli aspetti culturali. In più occorre una progressiva chiusura e trasferimento delle attività dei punti nascita inferiori a 500 parti presso strutture geograficamente compatibili.
Con riferimento poi al parto senza dolore, la resistenza al diffondersi dell’analgesia in travaglio nel nostro Paese, è da attribuire a diversi fattori, primi tra tutti quelli di ordine culturale che vedono, in un Paese cattolico, il parto legato ad un concetto di sofferenza biblica. Accanto a questo va segnalata la scarsa informazione su questa tecnica e la carenza di personale che impedisce la presenza, assolutamente necessaria, di un anestesista dedicato h24. Non si può prescindere dal fatto che nei punti nascita e, ancor più in sala parto, risulta indispensabile la chiarezza della catena di comando decisionale tra i diversi attori coinvolti.

In conclusione il percorso di assistenza e cura nel “Nascere Sicuri” deve essere tutelato garantendo una centralità alla mamma-bimbo ed il prima possibile reso di qualità, omogeneo, sicuro, appropriato a livello di tutto il nostro territorio nazionale. 

29 novembre 2012
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