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Decreto vaccini. E se invece delle multe pensassimo agli incentivi?

di Ivan Cavicchi

Il decreto inzia ora la sua fase di esame parlamentare. Ma non si tratta solo di correggere il decreto qui e là visto come è stato mal concepito. Bisognerebbe rimettere, prima di tutto, le cose a posto: la scienza faccia la scienza nel modo più credibile e meno reticente possibile e la politica in modo altrettanto credibile faccia la politica. Partendo da un dato: la salute non va "minacciata" va "premiata"

12 GIU - Decreto sui vaccini, due sono le analisi che consiglio a tutti di leggere:
- quella di Luca Benci, disvelatrice  in modo radiografico, nel senso che l’analisi del testo mostra tutte le sue magagne giuridiche e culturali (QS 8 giugno 2017),
- quella del presidente del Veneto Luca Zaia che sulla base di dati empirici concreti ci mostra  la possibilità di percorrere una strada  diversa da quella della pura coercizione (QS 8 giugno 2017).
 
Entrambi ci portano ad una conclusione amara, questo decreto:
- è il risultato della irragionevolezza, dell’arbitrio, dell’abuso,
- è la prova che esso rispetto alle soluzioni attese e auspicabili poteva essere altro da quello che è,
- è incongruo nei confronti dei problemi sociali che sono a monte del calo della copertura vaccinale in tutta Europa,
- è senza amore per la gente, senza  sensibilità sociale, senza rispetto per i nostri giovani  e per i loro figli quindi qualcosa con poco  cuore ma anche con poca  testa,
- è il risultato di calcoli tanto elettorali che economici, o meglio  è  qualcosa privo di nobiltà.
 
Sia chiaro, io voglio riportare la copertura vaccinale nel nostro paese nei livelli di massima sicurezza, ma dissento sul modo cinico, sommario, coercitivo con il quale si vuole procedere dubitando financo dell’efficacia del provvedimento.
 
Dissento sul provvedimento perché lo percepisco come un imbroglio. Tranquilli, l’imbroglio non sono i vaccini in quanto tali pur avendo questi le loro innegabili problematiche, ma i “vaccinatori” cioè coloro che intendono trattarci non come cittadini intelligenti ma come sudditi da piegare.
 
Ma qual è l’imbroglio? Quando la scienza viene usata in modo scorretto per influenzare la politica e quando la politica è influenzabile perché, preoccupata di sopravvivere a se stessa, insipiente e per di più sensibile ai poteri economici, allora l’imbroglio è quello tecnocratico.
 
Come è noto ciò che caratterizza la tecnocrazia è la tendenza non ad affiancare il potere politico per consigliarlo, secondo competenza, ma a soppiantarlo, assumendo in proprio la funzione decisionale.
 
La razionalità del tecnocrate, che ha ispirato controllato e validato il decreto, è fondata su elementi meramente quantitativi, relegando nel mondo dell’irrazionale, quindi del deprecabile per definizione, tutto ciò che non è quantificabile quindi che è sociale, culturale, personale.
 
E siccome la paura della gente, la sfiducia nella medicina e nei medici, il disagio, non è quantificabile, tutto ciò, viene assunto dal tecnocrate d’assalto, come inesistente, ha la conseguenza di cancellare la società come problema.
 
Per lui la società è la controparte riottosa irrazionale da riportare a più miti consigli con la forza. Per questo nel decreto non c’è posto per i giudizi di valore, quelli che per loro natura non possono essere fondati solo su elementi quantitativi, ma non c’è più posto neanche per tutto quello che resta fuori dalla evidenza scientifica (comprese le loro aporie) finendo con il fare l’errore politico e scientifico più grande: proporci una medicina senza umanità e un genere di vaccino come prova evidente dell’esistenza di Dio. Perfetto quindi e solo provvidenziale.
 
Alla Fnomceo chiedo: con tutti i problemi di delegittimazione della professione che avete, era proprio necessario, in nome della scienza, mostrarsi socialmente tanto insensibili?
 
Due i pericoli complementari: mettere la salute singola e collettiva in mano a dei tecnocrati giocare con i vaccini come abbiamo visto per ragioni di consenso elettorale.
Alla fine, in questo decreto, la grande assente è la buona e saggia politica.
 
La salute della gente per antonomasia è sempre e soprattutto una questione politica che ovviamente si avvale di conoscenze tecniche e scientifiche garantite. Per cui l’ultima parola, non deve spettare alla scienza ma alla politica (la “scienza regia” di Platone), perché ciò che serve non è il massimo grado di razionalità ma il massimo grado di saggezza.
 
L’analisi del decreto, fatta da Benci e la riflessione fatta dal presidente Zaia dimostrano che quando si elimina, la divisione fra politica (quella cosa che sovraintende gli scopi) e tecnica (quella cosa che procura i mezzi per raggiungerli), sono solo guai.
 
Questo spiega i dubbi di alcuni studiosi sull’efficacia del ricorso alla coercizione vaccinale, come quelli ad esempio che si ricavano dallo studio del Mario Negri fatto sui dati dell’Emilia Romagna rispetto agli asili nido, e la loro netta preferenza per altre strategie basate soprattutto sul binomio informazione/persuasione.
 
Dall’imbroglio tecnocratico nascono le coercizioni in luogo della persuasione, le multe in luogo degli incentivi, le aberrazioni anticostituzionali in luogo del rispetto dei diritti, la lesione della dignità umana, ma soprattutto il disamore per la gente e l’uso dei medici e della medicina come se fossero i primi dei boia e la seconda una clava.
 
In questo decreto il tecnocrate è andato oltre i mezzi necessari all’azione sociale e si è appropriato degli scopi sociali, usando la politica con false emergenze, con false epidemie, con false soluzioni, per cui la decisione saggia che sarebbe convenuta a tutti noi non è stata presa, perché le convenienze personali dei vaccinatori di assalto, hanno semplicemente prevalso.
 
Ora il decreto andrà in Parlamento e, come ha scritto Benci, nonostante esso sia, una evidente negazione della funzione parlamentare non avendo i requisiti di urgenza, è del tutto probabile che la maggioranza parlamentare confermi il decreto per non smentire il governo.
 
Siamo ormai in campagna elettorale e il decreto, per il quale non esiste nessuna urgenza è stato fatto con urgenza perché lo si vuole usare elettoralmente.
 
Ma per quello che in queste settimane ho visto e sentito, in tante assemblee convegni, incontri, sono convinto che il decreto non farà aumentare il consenso né al governo e né al Pd (il ruolo del ministro alla salute in questa vicenda mi sembra decisamente strumentale) ma il contrario.
 
Intanto etichettare tutti i critici del decreto come “no vax” è una prima stupidaggine che vi assicuro le persone non hanno gradito. Poi pensare che i presunti “no vax” siano tutti fuori dal PD o tutti M5S è un’altra stupidaggine. Coloro che vorrebbero un ben altro decreto sono piuttosto trasversali e appartengono, da quel che ho constato, ad una società complessa non ad uno schieramento politico pre-definibile.
 
Lo scotto politico si pagherà probabilmente quando, a settembre, alla riapertura delle scuole verranno fuori proprio le complessità sociali, le insufficienze, i sotto-finanziamenti, le disorganizzazione dei servizi, le bugie della tecnocrazia.
 
Ma che può fare il Parlamento per non limitarsi a mettere il timbro del “nulla osta” ad una forzatura del governo?
 
Non si tratta solo di correggere il decreto qui e là, esso è concepito male, per cui bisognerebbe rimettere, prima di tutto, le cose a posto: la scienza faccia la scienza nel modo più credibile e meno reticente possibile e la politica in modo altrettanto credibile faccia la politica.
 
Il Veneto è la dimostrazione che mettere insieme una buona scienza e una buona politica è possibile.
 
Al presidente Zaia rilancio una proposta che, in modo informale, mi è capitato di rivolgere, qualche tempo fa, in occasione di un convegno, al suo direttore generale area sanità e sociale (Domenico Mantoan):
- una volta decisi i vaccini da fare con il buon senso necessario, si metta a punto un programma di deontologia sociale imperniato sul dovere alla salute da parte del cittadino da intendersi non come obbligo di legge ma come obbligo morale che in quanto tale preluda ad una scelta libera responsabile e consapevole.
- si unifichi, in un comune dovere alla salute, tanto la prevenzione primaria, la profilassi e le strategie di promozione della salute,
- si metta in campo un programma di formazione sociale per produrre salute quale ricchezza individuale e collettiva, definendo non multe ma incentivi e riconoscimenti cioè premiando la salute,
- si definisca una organizzazione sanitaria ad hoc per le vaccinazioni che non sia un “punturificio” rimettendo la scuola al centro di un progetto salute.
 
E vedrete che i risultati della saggezza cioè della buona politica e della buona scienza non si faranno attendere.
 
Ivan Cavicchi

12 giugno 2017
© Riproduzione riservata

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