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Medici di famiglia/2. Le “luci” dell’Atto di indirizzo

di Roberto Polillo

E' forse questa la prima volta che si chiede alla medicina generale di adeguare la propria attività alle nuove necessità assistenziali. Un impegno alla innovazione e al cambiamento e una riorganizzazione del sistema. Finalizzato non alla mortificazione della categoria 

11 DIC - La Bozza di Atto di indirizzo per la Medicina generale è un documento importante che delinea un corretto percorso di adeguamento degli esistenti ACN della medicina generale alla normativa introdotta dalla legge 189/2011 del Ministro Balduzzi.
Punti qualificanti del documento sono da un lato la revisione e il completamento delle “norme vigenti relative alle AFT e alle UCCP, per renderle più rispettose del nuovo testo dell’art. 8, comma 1 del Dlgs 502/92” ; dall’altro l’introduzione “nell’ACN della Medicina Generale il nuovo istituto del ruolo unico della medicina generale”.
 
La bozza chiarisce inoltre che “i nuovi ACN devono recepire, in modo esplicito e non ambiguo, il principio della obbligatorietà dell’adesione dei medici all’assetto organizzativo e al sistema informativo di ciascuna Regione e al sistema informativo nazionale, così come previsto dal punto m-ter del comma 2, art.1 della legge in questione".
Per quanto i principi di riorganizzazione del servizio la bozza demanda alle convenzioni nazionali diversi compiti tra cui:
- “Individuare condizioni generali, requisiti di massima, tempi e modalità con cui le Regioni, sulla base delle rispettive specificità ed in coerenza con la programmazione regionale, provvedono alla dotazione strutturale, strumentale e di servizi delle AFT e delle UCCP sulla base di accordi regionali che non devono comportare a qualsiasi titolo oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica".
- "Definire le linee di indirizzo per le modalità e le caratteristiche della divisione del lavoro tra i professionisti che compongono sia l’AFT che l’UCCP, anche in relazione all’istituzione del ruolo unico, capace di garantire in raccordo con gli altri servizi della rete assistenziale, una copertura assistenziale giornaliera per 7 giorni la settimana a livello distrettuale".
- "L’istituzione del ruolo unico dovrà anche facilitare la possibilità di una riorganizzazione degli orari di attività della medicina generale, per un’effettiva continuità assistenziale, sulla base della programmazione regionale che preveda la definizione del raccordo funzionale con le centrali operative del 118".
 
Mi sembra importante sottolineare come la copertura assistenziale venga mantenuta per sette giorni su sette nell’arco delle 12 ore diurne demandato la continuità assistenziale (nelle ore notturne) ad un successivo accordo con il 118. Abbiamo infatti dimostrato in un precedente intervento su QS insieme a Pagnanelli e Ribaldi come il guadagno in termini di minori accessi in PS per codici bianchi ottenuto con il servizio di guarda medica effettuato dalle ore 22 alle ore 8 sia ben poca cosa
Sulla base dei dati del I semestre del 2012 possiamo calcolare che tra le 22 e le 8 gli accessi di Codici Bianchi a tutte le strutture di Emergenza del Lazio non superino le 100 unità. Si tratta dunque di un numero di codici bianche per struttura che non supera le dita di una mano. Essi pertanto non rappresentano un problema reale ed il rapporto costi/benefici consente di mettere definitivamente in soffitta l’ipotesi di Studi Medici aperti h24. Questi dati e lo storico delle richieste di intervento della CA nelle diverse fasce orarie pone invece il problema di modulare l’offerta sul dato della domanda, prevedendo ad esempio, come proposto in Toscana, una riduzione accentuata dell’offerta dalle 24 alle 8.
 
E’ chiaro dunque che le risorse liberate da una eventuale limitazione delle ore di apertura del servizio potrebbero essere investite per promuovere pratiche di medicina di iniziativa e di chronic care model, attività queste e non certo quelle di pronto soccorso, che delle cure primarie rappresentano il cuore.
Un ulteriore elemento di apprezzamento del documento è il completo coinvolgimento degli specialisti ambulatoriali che devono poter garantire un servizio di consulenza anche in condizioni di non differibilità degli interventi . Un modo questo per favorire la costituzioni di veri team multispecialistici in grado di fornire risposte complete ed integrati ai pazienti che accedono alla struttura.
“Prevedere per l’ambito della Specialistica Ambulatoriale Interna, una maggiore integrazione di questi professionisti, attraverso la assegnazione e la partecipazione formalizzata alle nuove forme organizzative, sia AFT che UCCP, definite dalla programmazione regionale”.

Lo stesso dicasi per le AFP e UCCP dei Pediatri al cui interno è prevista anche la presenza di pediatri ospedalieri per garantire una effettiva continuità delle cure.
Nel processo di riorganizzazione del servizio è inevitabile che anche la parte economica subisca una rimodulazione per quanto riguarda indennità e parte variabile del salario. La bozza infatti demanda alle convenzioni la “definizione di standard relativi all’erogazione delle prestazioni assistenziali, all’accessibilità ed alla continuità delle cure, demandando agli accordi integrativi regionali la definizione di indicatori e di percorsi applicativi anche attraverso la definizione di un opportuno set di indicatori” un processo anche esso inevitabile considerato il nuovo status delle cure primarie divenute ormai vero e proprio LEA da garantire in condizioni di uniformità su tutto il territorio nazionale.

Un giudizio più articolato potrà essere dato sulla bozza definitiva e ancora di più sul testo di convenzione che da tale atto scaturirà. Sorprende il tono scomposto con cui il documento è stato accolto da alcuni commentatori che hanno fatto una lettura del testo solo in termini di perdita di benefici economici di cui in realtà non c’è traccia nel documento medesimo.
Il vero problema rimane quello del ruolo del medico di medicina generale che la legge Balduzzi ha sostanzialmente modificato orientandolo in senso “pubblicista” al dilà della natura giuridica della convenzione. In altri termini la garanzia di essere parte integrante dei LEA ha come inevitabile contropartita l’obbligo di adeguare l’erogazione del servizio a determinati standard di programmazione regionale; un percorso di integrazione effettiva nel servizio regionale sanitario che non può più soggiacere esclusivamente alla autonoma iniziativa dei MMG.
 
Del resto è forse questa la prima volta che si chiede alla medicina generale di adeguare la propria attività alle nuove necessità assistenziali; un percorso che invece interessa da almeno venti anni l’assistenza ospedaliera e che ha portato spesso, con la chiusura e la dismissioni non solo di reparti come anche di interi ospedali, a profonde sofferenze tra il personale addetto.
Un impegno alla innovazione e al cambiamento, dunque, anche per i MMG; una riorganizzazione del sistema finalizzato non alla mortificazione della categoria, come da taluni strumentalmente sostenuto, ma a una potenziamento del servizio e a un miglioramento della qualità delle prestazioni rese.
 
Roberto Polillo

11 dicembre 2013
© Riproduzione riservata

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