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Responsabilità professionale. La ricetta di Cineas e Acoi: puntare sul risk management

di Edoardo Stucchi

La proposta, emersa nel corso di un convegno svoltosi a Milano, prevede l'obbligatorietà in tutte le strutture ospedaliere di un team per la gestione dei rischi sanitari. Un sondaggio somministrato ai chirughi ospedalieri evidenzia che l'86% dei professionisti è preoccupato per le denunce e l'83% teme di perdere il proprio patrimonio.

13 NOV - Un team obbligatorio di manager per la gestione dei rischi sanitari e ridurre la sinistrosità delle strutture ospedaliere. Soltanto così si potrà rimettere ordine nelle controversie tra pazienti e medici che stanno creando una situazione sanitaria insostenibile: società assicurative che abbandonano l'Italia, giovani medici chirurghi (compresi ortopedici e ginecologi) che non riescono a trovare lavoro perché i premi assicurativi sono troppo alti, aumento sproporzionato dei costi della medicina difensiva, avvio di una medicina omissiva (rifiuto di trattare pazienti a rischio). Sono questi i temi discussi ieri in un incontro tenutosi Milano fra il Consorzio fondato nell'87 dal Politecnico di Milano per la formazione di specialisti nella gestione globale dei rischi (Cineas) e l'Associazione chirurghi ospedalieri italiani Acoi, per trovare una soluzione che garantisca un lavoro sicuro e tranquillo ai medici e che eviti la miriade di controversie che spesso cadono nel nulla, ma discreditano la sanità.

“Non possiamo lavorare serenamente con la spada di Damocle sulla testa – dice il dottor Diego Piazza, direttore del dipartimento di emergenza al policlinico Vittorio Emanuele di Catania, presidente Acoi- Da un sondaggio fra i nostri associati è risultato che il 96% è influenzato dal rapporto medico-paziente, l'86% è preoccupato per le denunce, l'83% ha paura di perdere parte del proprio patrimonio, il 73% ritiene di mettere a rischio la propria immagine e il 41% di perdere il lavoro”.

In questo panorama la legge Balduzzi e alcuni recenti sentenze di Tribunali stanno apportando modifiche, ma se alla legge non fanno seguito norme attuative e regolamenti non si avrà mai la certezza del diritto. “Purtroppo – aggiunge Adolfo Bertani, presidente Cineas – esiste negli ospedali la figura del risk manager, ma spesso è relegata ad una etichetta. L'esperto dei rischi deve essere multidisciplinare, deve conoscere tutte le realtà e gli aspetti della sanità per mettere a punto un piano di gestione che metta al riparo da tutti i rischi. Deve essere considerato un investimento e non un costo. Ma soprattutto si deve credere in questa figura che, fra l'altro, è presente in tutte le aziende e oggi deve fare il suo ingresso nelle aziende sanitarie”.

Difficile, al momento credere che non sia un costo la figura dell'hospital risk manager, ma come dice la dottoressa Paola Luraschi, autrice del volume ‘Ospedali e assicurazione: come tutelare il paziente, il personale ospedaliero e lo Stato’ i vantaggi sono immediati. Basta vedere i risultati delle aziende che hanno applicato il “Foglio unico di terapia”, uno strumento che elimina la somministrazione del farmaco sbagliato con una immediata riduzione dei costi. Così pure per le aziende che hanno adottato la check list in uso in aeronautica, per la verifica delle operazioni e degli strumenti in sala operatoria.

“Non si dimenticano più garze o ferri nell'addome – aggiunge il professor Mauro Longoni, direttore di chirurgia generale degli ICP di Milano all'ospedale Bassini di Cinisello Balsamo e consigliere della Società italiana di chirurgia - Comunque occorre cambiare il concetto di responsabilità. Di fronte a un incidente sanitario, a un errore, non è detto che la colpa sia dell'operatore, ma è il frutto di una serie di condizioni che a catena si sommano e determinano l'errore. Per dirla come in aeronautica, non si deve cercare il colpevole, ma il motivo per il quale è accaduto”.

La figura dell'hospital risk manager non è nuova. “Già 12 anni fa – dice Carlo Ortolani, direttore Cineas e ordinario di combustione e sicurezza al Politecnico di Milano, - abbiamo cominciato a fare i primi corsi e nel 2004 la Lombardia ha reso obbligatorio nelle strutture pubbliche la presenza di questa figura. Ma noi riteniamo che questa figura debba essere obbligatoria per tutte le strutture sanitarie”.

Dietro tutte queste considerazioni sono nate le polizze assicurative per tutelare l'operato dei medici e per garantire il risarcimento alle vittime. Ma anche in questo settore vige confusione, anche se dal sondaggio di Acoi risulta che il 58% degli intervistati è tranquillo e si sente protetto dalla polizza individuale, il 37% si affida alla polizza della struttura sanitaria e soltanto il 5% non si sente soddisfatto.

“Molti medici si sentono protetti dalla polizza di secondo rischio – spiega Longoni – ma poiché gli ospedali sottoscrivono assicurazioni con franchigia molto alta, la polizza di secondo rischio rischia di non avere efficacia. Meglio una polizza assicurativa per i sinistri per colpa grave. Se poi si considera che molti ospedali, anche di grandi dimensioni, preferiscono l'autoassicurazione, i problemi sono ancora maggiori”. Questa soluzione rischia di far saltare tutti i contenziosi: in pratica gli ospedali accantonano ogni anno una quota minore del premio assicurativo per tutelarsi di fronte alle denunce e ai rimborsi per danni ai pazienti.

Ma l'ospedale sicuro resta quindi un miraggio? Se si vuole che diventi realtà, secondo il Consorzio Cineas, occorrono tre cose: prevenzione del rischio clinico con l'introduzione di obblighi formativi per tutti gli operatori della salute, coordinati da un hospital risk manager e insegnamenti nelle facoltà di medicina e nelle scuole di specializzazione; interventi sulla responsabilità civile con l'attuazione della legge 189 del 2012 e in particolare con l'inversione dell'onere della prova e dimezzamento dei tempi di denuncia da 10 a 5 anni per tutti, come si evince dalla sentenza del Tribunale di Milano e da ultimo con la riduzione del contenzioso con meccanismi alternativi al giudice. Infine la responsabilità penale che deve definire i concetti di colpa e errore, disincentivare il ricorso al sistema penale per ottenere un risarcimento.

In conclusione, se non verranno attivate certe norme, la spesa sanitaria che oggi si attesta sui 140 miliardi con un rapporto col PIN di 7,1% (un punto in percentuale in più negli ultimi 10 anni) nel 2060 il rapporto può superare il 10%. Intanto, a fronte di 13 miliardi spesi per la medicina difensiva, (il 10% della spesa sanitaria), ci sono 9 milioni di cittadini che sono impossibilitati ad accedere alle prestazioni sanitarie per ragioni economiche.

Ma com'è la situazione oggi? Il medico può incorrere in responsabilità di quattro tipi: civile, penale, amministrativa, deontologica. In questa fase interviene il decreto Balduzzi entrato in vigore l'11 novembre 2012 che depenalizza la colpa medica lieve, riconosce l'emanazione delle linee guida come buona pratica medica e riduce l'ammontare del risarcimento per danno biologico. Tutto questo riguarda l'Azienda sanitaria italiana fatta di 107.448 medici impiegati nel servizio sanitario nazionale, 163.603 infermieri, 634 strutture di ricovero pubbliche e 531 private accreditate per un totale di 215mila posti letto.

Le discipline mediche più a rischio sono l'ortopedia (13%) seguita da pronto soccorso (12,6%), chirurgia generale (19,36%9 ostetricia e ginecologia (7,47%), medicina generale (3,04%) e anestesia (2,65%). Alla di questi dati, il sondaggio molti medici italiani pensano di andare all'estero, di cercare un posto con minore responsabilità, ospedali con cure meno complesse, oppure di scegliere il prepensionamento.

Edoardo Stucchi
 


13 novembre 2014
© Riproduzione riservata

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