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Medici. Il 2015 sarà finalmente l’anno della rinascita per la professione?

di Riccardo Cassi

L'anno appena concluso è stato importante per la firma del Patto per la Salute e per il mantenimento del fondo sanitario. Ora per i medici si apre una stagione decisiva per riaffermare e ridefinire il loro ruolo. A partire dallo stato giuridico, per tornare ad essere professionisti e non burocrati

05 GEN - Il 2014 nonostante il perdurare della crisi, è stato un anno importante per la sanità ed i medici che lavorano nel servizio sanitario pubblico. La firma del Patto per la Salute e la determinazione del FSN hanno dato un punto fermo ad una situazione di incertezza che durava da troppi anni; a questo vanno aggiunti l’aggiornamento dei LEA ed il DM sugli standard ospedalieri che per la prima volta dà rilievo, accanto agli indicatori quantitativi, ad indicatori qualitativi sull’efficacia delle cure, svolta importante per arrivare ad una valutazione clinica e non solo gestionale dei professionisti, ma coerente con il PNE che l’AGENAS ha implementato.
 
Esistono ombre relative ai ritardi nell’applicazione delle previsioni del Patto ed ai tagli alle Regioniche, pur non riguardando direttamente la sanità, potranno avere ricadute anche sui fondi sanitari regionali essendo troppo facile per le giunte regionali andare ad incidere sui servizi invece che sugli sprechi e sulle clientele che continuano ad alimentare corruzione e bruciare milioni di euro.
 
Il percorso è indicato e se esiste la volontà comune, il Patto per la Salute potrà essere attuato, compresa la spinta innovatrice prevista dall’art. 22 che sta incontrando ostacoli proprio da parte di chi teme il cambiamento e non vuole rinunciare a situazioni di privilegio.
 
E’ vero che i contratti saranno fermi ancora per un anno, ma almeno non ci sono più il blocco delle progressioni economiche ed il tetto ai trattamenti individuali, ma soprattutto si sono create le condizioni perché il prossimo contratto possa restituire valore alla professione medica e ricreare una carriera che la riforma dirigenziale degli anni ‘90 ha distrutto, appiattendo tutti su un unico livello.
 
Se si riuscirà a cambiare, i medici non rimpiangeranno un contratto che alle regole attuali non porta soldi ma solo norme ulteriormente penalizzanti; si potrà, infatti, avere un contratto che norma il lavoro del medico negli ospedali e nelle strutture territoriale e non il trasferimento di un contratto costruito su una dirigenza gestionale-amministrativa.
 
La delega Madia ha infatti escluso i Medici dal ruolo unico della dirigenza regionale modificando quanto previsto dalla riforma di Brunetta. E’ stata una grande vittoria di CIMO, ottenuta dopo una campagna di due anni tesa a dimostrare che i medici non possono essere omologati in una dirigenza indistinta che ha trovato ascolto in particolare nel ministro Lorenzin.
 
Adesso però occorre completare l’opera con la ridefinizione del ruolo giuridico del medico modificando l’art. 15 della 229 che è la causa della perdita di identità e di reale progressione economica. Lo strumento base esiste: se l’art. 22 del Patto della Salute sarà opportunamente integrato con la riforma Madia si potrà arrivare ad una modifica dello stato giuridico, che consenta al medico di tornare ad essere un professionista remunerato e valutato per le sue capacità professionali, non escludendo il possesso di competenze organizzative e formative per concretizzare il governo clinico .
 
La questione non è più rinviabile pena il collasso del sistema. La sanità di oggi non è più quella di 10-20 anni fa, l’esplosione della tecnologia, nuove terapie e modelli di trattamento delle malattie rendono pericolosi prima che antieconomici molti piccoli ospedali ancora attivi sul territorio nazionale.
 
Occorre quindi un approccio diverso ai problemi, il vecchio sindacalismo è morto, non avendo saputo/voluto modificarsi per difendere i garantiti, non è stato in grado di dare risposte concrete alle nuove generazioni e continuando a proporre vecchi modelli che hanno incrementato un precariato non più sostenibile.
CIMO ha chiesto agli altri sindacati di elaborare proposte comuni, centrate su un nuovo ruolo del medico, trovando solo pochi alleati nel campo della dipendenza dove molti ormai sembrano non credere più nella centralità della figura del Medico nella tutela della salute dei cittadini e quindi si orientano verso aggregazioni al cui interno coabitano “dirigenze sanitarie” diverse che contribuiscono a far perdere ulteriormente la specificità della professione medica.
 
Questo nuovo approccio è stato invece condiviso in altri settori del lavoro medico, in particolare convenzionato, portando alla nascita di ALLEANZA per la PROFESSIONE MEDICA (APM), aggregazione nella quale si sono ritrovate AAROI, ANDI, CIMO, CIMOP, FESMED, FIMMG, FIMP e SUMAI.
APM non è un’aggregazione chiusa, ma aperta a tutti coloro che credono nella peculiarità della nostra professione e nei principi del manifesto programmatico presentato il 16 ottobre a Roma.
 
In conclusione, rispetto ad un anno fa, esistono le condizioni per una rinascita della professione, sono in discussione provvedimenti che potrebbero rivalutare il medico, consentendo in particolare a quello pubblico condizioni e modalità di lavoro peculiari. Adesso dipende da noi.
 
 
Riccardo Cassi
Presidente Cimo

05 gennaio 2015
© Riproduzione riservata

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