Hiv. Lila: “Si applichi circolare su tutela salute nei luoghi di lavoro”
La Lega Italiana per la lotta contro l’Aids ha denunciato di aver ricevuto molte segnalazioni di lavoratori "terrorizzati" di restare disoccupati a causa della malattia. La circolare richiamata afferma che il test Hiv non può essere richiesto indiscriminatamente e che eventuali norme specifiche di settore debbano essere motivate da una effettiva condizione di rischio nei confronti di terzi. LA CIRCOLARE
29 APR - La Lega Italiana per la lotta contro l’Aids (Lila), denuncia la mancata applicazione della circolare sulla salute sul posto di lavoro e la penalizzazione delle persone con Hiv in ambito occupazionale. “Stiamo ricevendo molte richieste di aiuto di lavoratori e lavoratrici con Hiv terrorizzati di restare disoccupati da un giorno all'altro a causa dell’ignoranza e dello stigma ancora oggi molto radicati, richieste di test negativi, demansionamento o anche peggio qualora un lavoratore comunichi la propria positività all’Hiv al datore di lavoro pubblico o privato e questa situazione di crisi e precarietà sul lavoro certo non aiuta”. Lo ha affermato il presidente della Lila
Massimo Oldrini in vista del 1° maggio, giornata internazionale del lavoro.
“Chiediamo l'applicazione della circolare del 10 aprile 2013 sulla tutela della salute nei luoghi di lavoro”, ha dichiarato Oldrini. La circolare afferma che il test Hiv non può dunque essere richiesto indiscriminatamente e che eventuali norme specifiche di settore - che richiedano l’accertamento della negatività all’Hiv come condizione di idoneità ad uno specifico servizio - debbano essere motivate da una effettiva condizione di rischio nei confronti di terzi. Il presidente della Lila ha ricordato anche che l'interrogazione parlamentare presentata il 14 maggio 2014 da
Donata Lenzi (Pd) e da
Carlo Galli (Pd) per garantire che le procedure di selezione del personale delle Forze Armate avvengano nel rispetto della normativa nazionale, non ha ancora ricevuto risposta, mentre l'associazione continua a ricevere segnalazioni da parte di dipendenti del ministero della Difesa che segnalano richeiste di test Hiv negativi anche per chi svolge mansioni di ufficio.
L'associazione ha evidenziato come nel suo lavoro di sostegno e consulenza alle persone con Hiv spesso il supporto legale non basta, perché non è facile provare che un licenziamento è stato discriminatorio: “Nessuno licenzia mai scrivendo che lo fa perché ha appreso che la persona è sieropositiva - ha spiegato
Roberta Di Maggio, avvocato della Lila - ma si parla di un calo di lavoro o si accusa il lavoratore di aver commesso un grave illecito disciplinare”. “A questo punto è il lavoratore - ha sottolineato Di Maggio - a dover dimostrare che, invece, l’intento discriminatorio o di rappresaglia è stato l’unico a determinare la volontà del datore di lavoro”.
La Lila, infine, ha ricordato che il 41,57 per cento delle persone con Hiv che hanno contattato i suoi centralini telefonici nel 2014 hanno chiesto supporto e consulenza su questioni relative a diritti, in particolare riguardanti questioni lavorative, mentre il 6,21 per cento ha domandato sostegno per contrastare episodi di discriminazione.
29 aprile 2015
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