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Protesta medici. Troise (Anaao): “Costruire piattaforma professionale in cui rilancio sanità pubblica si coniughi con rivendicazione di ruoli e funzioni”

di Costantino Troise

Il segretario nazionale del sindacato della dirigenza medica traccia il perimetro entro cui dovrà muoversi la protesta. “La mobilitazione vuole mettere in campo la disponibilità piena dei professionisti della salute al cambiamento, in cambio di altri cambiamenti, in un esercizio di leaderhip come senso di responsabilità etica ed insieme rivendicazione di un ruolo sociale, prima che politico”. 

15 OTT - L’entrata a gamba tesa del governo sull’appropriatezza clinica non deve fare dimenticare i significati politici generali di cui si carica l’iniziativa della Fnomceo e delle Organizzazioni Sindacali mediche che ha portato, quale prima tappa, alla convocazione degli Stati Generali della categoria per il 21 ottobre. La mobilitazione, che pure parte da consistenti ragioni professionali, intercetta questioni di sistema, vale a dire le ragioni e le condizioni della sostenibilità di un Ssn in cui insistono tanti aspetti della vita professionale dei Medici e dei diritti dei cittadini. La crisi economica ha fatto irrompere prepotentemente sulla scena il tema della sostenibilità, spesso usata come alibi per operazioni politiche malamente travestite da opzioni tecniche, in uno scenario caratterizzato da alcuni elementi strutturali:

►Lo spostamento dell’asse della politica sanitaria verso le Regioni, con il corteo di piani di rientro e commissariamenti, che ormai interessano quasi la metà della popolazione, LEA non garantiti e passati da essenziali ad eventuali in molte aree, diseguaglianze nella esigibilità del diritto alla salute, migrazione sanitaria con 4 miliardi che dalle aree povere si trasferiscono a quelle ricche;
►La scomparsa della sanità dalla agenda dei partiti tradizionali tanto che non si trova più un paladino del SSN;
►La confusione conflittuale di identità professionali vecchie e nuove;
►La perdita di valore del lavoro all’interno del sistema sanitario pubblico, con CCNL e convenzioni, mutilati e bloccati per via legislativa, con il lavoro pubblico assimilato tout court a spesa improduttiva e parassitaria;
►Il collasso del sistema della formazione medica chiuso in un cul de sac che lo trasforma in una fabbrica di disoccupati e priva il sistema sanitario del necessario turnover e della possibilità di trasmettere competenze professionali essenziali;
►La crescita del contenzioso legale che toglie serenità al sistema della cure;
►Una miscela di definanziamento, decentramento e decapitalizzazione.
Il definanziamento della sanità pubblica, che continua da anni, asfissia il sistema, riduce i servizi ai cittadini e porta al taglio di tutto quello che costa, a partire dai diritti dei cittadini e del lavoro. La sanita diventa il laboratorio ove si sperimentano ricette privatistiche e si collaudano soluzioni tecnocratiche di uscita dalla crisi. Essere curati secondo i bisogni costituisce un limite etico, civile e sociale oggi fortemente minacciato e, da qualche parte del nostro Paese, già travalicato.

La involuzione recessiva del Ssn ipoteca anche un pezzo di futuro della nostra vita professionale rallentando lo sviluppo della moderna medicina, della ricerca, della innovazione, della formazione, della sicurezza, della occupazione. Portando con se non solo tagli ai servizi, ma anche a coloro che operano, tutti i giorni e tutte le notti, a garantire la esigibilità di un diritto costituzionalmente tutelato, chiamati a pagare, con i cittadini, i costi di ristrutturazioni sempre più improntate al gigantismo, lasciati in prima linea a reggere il fronte di una domanda crescente e complessa con risorse decrescenti, facilmente esposti alla delegittimazione sociale. Ed a sopportare la crescita del contenzioso civile e penale, cui solo ora si sta tentando, non senza ambiguità, di rispondere.

La decapitalizzazione si accompagna alla mortificazione del ruolo professionale e all’imbarbarimento delle condizioni di lavoro. Milioni di ore di lavoro non pagate, ritmi e carichi di lavoro che mettono a rischio la sicurezza delle cure, ignorati da una riforma delle pensioni che non considera la diversa fatica dei differenti lavori costringendo le donne della sanità, impegnate in turni notturno e festivi, ad andare in quiescenza dopo meno stressanti lavori privati, un blocco delle assunzioni che priva di futuro una generazione ed incentiva la trasformazione di contratti atipici in sacche di precariato, un carico di incombenze burocratiche che sottrare spazio alla clinica alla faccia di tutti gli inviti alla umanizzazione delle cure. E sanzioni, multe, processi.

Restano al palo le speranze dei giovani medici per una occupazione consona ad un lungo periodo formativo ed alle loro capacità, abbandonati ad un monopolio formativo estraneo per logiche, ed insufficiente per quantità e qualità, alle esigenze della sanità moderna. In una sorta di riserva indiana a bassa qualificazione professionale nella quale pescano soggetti interessati a sviluppare attività sanitarie concorrenziali con il pubblico a costi più bassi, fino a moderne forme di caporalato, anche dilatando la medicina dei desideri.

La coartazione del perimetro dei diritti in campo sanitario, il cedimento del sistema di tutele e l’incremento del disagio sociale e professionale rappresentano un mix tale da mettere a rischio anche la tenuta democratica del Paese. La lotta agli sprechi, che certo non mancano ma che se la ridono di tagli lineari, e di provvedimenti improvvisati sotto l’urgenza della cassa, dovrebbe servire a garantire i necessari investimenti per mantenere gli ottimi livelli quali-quantitativi raggiunti nell’erogazione dei servizi sanitari, senza “ entrare in rotta di collisione con le finalità proprie del sistema” (tutela della salute)”, come la stessa Corte dei Conti ha affermato. E non a fare dell’altro.

L’entità del fondo sanitario non si può trattare con giochi di parole o balletti di cifre, che ogni anno smentiscono impegni assunti in precedenza ed in pompa magna, perché attiene, non ai costi contrattuali dei medici dipendenti ma alla idea che una classe dirigente ha della tutela della salute dei cittadini. E del suo assetto istituzionale per superare un modello di sanità a pezzi e declinare il diritto alla salute come bene indivisibile in cui una comunità esprima una stessa idea di giustizia sociale. La crisi di identità professionale dei medici fa da sfondo, con-causa ed effetto, della crisi della sanità pubblica che si accartoccia su se stessa.

La mobilitazione vuole mettere in campo la disponibilità piena dei professionisti della salute al cambiamento, in cambio di altri cambiamenti, in un esercizio di leaderhip come senso di responsabilità etica ed insieme rivendicazione di un ruolo sociale, prima che politico, per interpretare il senso profondo dell’interesse nazionale in rappresentanza di valori generali. Una piattaforma professionale in cui il rilancio della sanità pubblica si coniughi con la rivendicazione di ruoli e funzioni per non essere marginalizzati dai processi decisionali e rispettati nelle proprie competenze. Per una nuova alleanza che recuperi la scissione in atto tra lavoro, competenze e diritti.

Costantino Troise
Segretario Nazionale Anaao Assomed
 

15 ottobre 2015
© Riproduzione riservata

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