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Anche la Fnomceo riconosce che esiste una “questione medica”

di Ivan Cavicchi

Allora la “questione medica” non è una teoria ma una realtà, un sistema di fatti, rispetto al quale, per poter leggere una mozione come quella approvata il 13 gennaio 2018, personalmente ho dovuto aspettare in panchina esattamente una ventina di anni (il primo lavoro sull’argomento, è del 1998 e pensate un po’ con la prefazione di Rosy Bindi).

22 GEN - Premessa
Il 13 gennaio 2018 il consiglio nazionale della Fnomceo ha approvato una mozione che rappresenta, rispetto al passato, soprattutto recente, un importante discontinuità strategica.
 
Una mozione è semplicemente uno strumento di indirizzo che mira a promuovere una deliberazione.  Ma non è una deliberazione.
 
Nel caso specifico essa è una proposta avanzata da promotori di indiscusso rilievo, con lo scopo di vincolare la linea strategica della federazione al rispetto di certe analisi e di certe linee politiche.
 
Non sarà una deliberazione, ma non è poco, tuttavia è un fatto politico che sbaglieremmo a sottovalutare.
 
Il valore dell’unità
Questa mozione, rappresenta qualcosa di più dei suoi contenuti: è la condizione grazie alla quale la Fnomceo garantisce, oggi, al momento, la sua unità.
 
Anche questo non è marginale e non è sottovalutabile perché:
· è concomitante con il rinnovo del gruppo dirigente,
· trasforma un dissenso interno per lo più legato alla collocazione dei singoli negli organismi dirigenti  in una proposta strategica  condivisa,
· l’unità che essa realizza non è semplicemente una somma di soggetti  consenzienti ma si basa su una proposta politica avanzata che coordina i soggetti, pur nelle loro diversità.
 
La mozione vale quindi come una mozione di fiducia. Nel caso in cui essa, fosse disattesa, nelle future deliberazioni strategiche della Fnomceo, essa non solo darebbe luogo ad un atto di sfiducia nei confronti del presidente per mancata coerenza programmatica, ma giustificherebbe in modo inoppugnabile qualsiasi tipo di dissenso.
 
La “questione medica”
Con questa mozione per la prima volta viene riconosciuta ufficialmente dalla Fnomceo l’esistenza di una “questione medica”.
 
Fino ad ora (anche recentemente su questo giornale) si è parlato in modo generico di problemi della professione, quindi di decadimento, di espropriazione, di professione sotto assedio, ecc., ma senza mai stringere su una definizione cogente finendo così per ristagnare tra sociologismi, visioni ideologiche, nostalgie per il passato, letture senza respiro strategico,  ma soprattutto reiterando stancamente un atteggiamento tanto apologetico quanto sterile cioè inconcludente e senza proposte. Puramente rivendicativo.
 
Il valore vero della mozione, a questo proposito, a parte la discontinuità strategica, è che, ammettere l’esistenza di una “questione medica”, cambia radicalmente il genere di relazione tra Fnomceo e le sue controparti i suoi interlocutori i suoi alleati. Cioè cambia la sua relazione con il mondo dei fatti. Credetemi non è cosa da poco.
 
La relazione con i fatti
Da una relazione, nella quale, la Fnomceo, rispetto ai tanti fatti della professione, era passiva remissiva cedevole, tutto sommato accondiscendente, perché sostanzialmente subalterna alle politiche dei governi, si passa, ammettendo la “questione medica”, ad una relazione tra autonomie, dialettica, propositiva e progettuale anche conflittuale se il caso, assumendo come Fnomceo:
· nei confronti dei  governi il ruolo di istituzione contraente disposta a ripensare le sue vecchie deontologie, a  ripensarsi quale professione perfino a reinventarsi, cioè a svolgere un ruolo attivo ma senza rinunciare ai suoi postulati professionali di fondo, con una propria progettualità e una propria mobilitazione di idee, quindi con una propria proposta culturale,
· nei confronti della società (cittadini e malati) il ruolo che le spetta vale a dire ridefinire la professione, nei contesti dati, quale prima garanzia per il cittadino rifiutando così la trappola creata dalle politiche di questi anni  di contrapporre di fatto la professione alla società. Cioè i doveri ai diritti.
 
Estensione doveri/diritti
La professione, dice la mozione, non può essere, in luogo dei governi, la controparte dei cittadini ma attraverso i doveri, quindi la deontologia, essa è una estensione dei loro diritti. L’estensione dei doveri nei diritti e dei diritti nei doveri sta ad indicare che i medici e i cittadini   appartengono ad un comune concetto di cura, di medicina, di bene, di deontologia.
 
Cioè essi non possono non condividere gli stessi valori. I doveri e i diritti sono valori correlati cioè parti dello stesso discorso che esprimono come è giusto che sia, una relazione di dipendenza reciproca. Vedere ai doveri dei medici e ai diritti dei cittadini quali valori correlati è l’unico modo di descrivere tanto la medicina che la professione.
 
Quindi siano i governi, le regioni, le aziende, assumendosi le responsabilità delle loro politiche, le controparti legittime dei cittadini. Non i medici. I medici devono, cioè hanno il dovere, di stare dalla parte dei cittadini così dice la loro deontologia. E così ribadisce la mozione.
 
Oltre la negazione
Nei fatti, in questi anni, la Fnomceo, in buona compagnia (sindacati, società scientifiche, associazionismo, diversi commentatori, ecc) negando l’esistenza della “questione medica” ha praticato una negazione.
 
Negare non è solo ignorare, far finta di niente, snobbare, rubacchiare qualche idea, ma è la trasformazione di una “questione” nel suo contraddittorio cioè in una “non questione”.
 
Se i problemi della professione sono ad esempio descritti come:
· congiunturali e non epocali, come  immanenti e non trans-generazionali come contrattuali o giuridici, e non paradigmatici in vario modo,
· risolvibili con qualche aggiustamento, con qualche sciopero e non con un progetto,
allora in questi casi non esiste la “questione medica” quindi la “questione medica” è falsa.
 
L’esempio più eclatante di questa forma irresponsabile di negazione, (a parte gli articoli che ogni tanto compaiono su questo giornale), è stata la terza conferenza nazionale della professione che, per negare le verità che in essa erano emerse, a proposito di “questione medica” ha preferito concludersi senza una documento di linea conclusivo. In quella circostanza nelle relazioni introduttive si parlò davvero di altro ma non di “questione medica”
 
La mozione, interviene, quindi a ristabilire la verità sulla condizione reale della professione, sui determinanti che l’hanno causata, sulle complessità in gioco e ribalta lo schema: la “non questione” finalmente diventa “questione”.
 
Deroga ai propri doveri istituzionali
In questi anni nel negare la “questione medica”, la Fnomceo (e non solo), è come se avessederogato ai suoi obblighi statutari cioè è come se avesse sospeso, mettendola tra parentesi, la propria autonomia e quindi la propria funzione di rappresentanza, danneggiando profondamente i suoi primari obblighi deontologici.
 
Il codice del 2014 è, come ricorderete, un codice che ha spaccato la Fnomceo in due (alcuni ordini si sono persino rifiutati di applicarlo) e che ha avuto (a partire da me) molte critiche sulla sua impostazione regressiva (QS, 26, 29, 31 maggio 2014) perché esso è nato proprio all’insegna della negazione della “questione medica”.
 
Vorrei ricordare due cose:
· che la responsabile della commissione deontologica  nazionale  al tempo per la Fnomceo era Roberta Chersevani  che poi prenderà il posto di Amedeo Bianco alla guida della Fnomceo, (Bianco diventerà senatore del PD e sarà in nome e per conto del governo  il più grande avversario della “questione medica”,
· e la lettera aperta da me scritta proprio a Amedeo Bianco su questo giornale alla quale non ci fu mai risposta (QS 3 giugno 2014) e con la quale si segnalavano i pericoli  di un codice troppo ammansito e poco realistico.
 
In questi anni la “questione medica” soprattutto a causa del de-finanziamento progressivo si è accentuata incattivita ma anche a causa di quel brutto codice, la professione non è stata protetta in tempo reale come avremmo dovuto e potuto fare.
 
Oggi questa operazione di negazione si conclude a personaggi invariati (ruoli a parte) con la legge Lorenzin quella che sugli ordini (art. 4) tenta un’altra negazione quella dell’autonomia della deontologia.
 
Onorevole Lenzi
A questo proposito apro un inciso e rivolgendomi all’onorevole Lenzi (QS 17 gennaio 2018) che, da quel che vedo, di negazioni se ne intende, vorrei ricordarle che nel giuramento moderno dei medici viene detto in modo molto chiaro che i medici sono obbligati al rispetto sia delle norme deontologiche che delle altre norme ma solo nel caso che le seconde non siano in palese contraddizioni con le prime.
 
Onorevole Lenzi e lasciando i giuristi nei loro schemi anacronistici, assumendo la deontologia prima come una morale, quindi come una etica, lei sa cosa vuol dire in medicina essere in contraddizione con la morale e con l’etica? Vuol dire che la sua gloriosa Regione, che io ho amato più di quello che lei pensa, per motivi amministrativi sarebbe giustificata a mettere in essere politiche immorali e non etiche.
 
Ebbene per il bene comune, per i cittadini, per una certa idea di civiltà, per una banalissima questione di buon senso, mi piacerebbe che un partito come il suo, e una Regione come la sua, pur nella consapevolezza comune che esistono innegabilmente problemi di sostenibilità, non facessero saltare l’autonomia del principio morale come lei, con l’art, 4, ha tentato di fare, con la collaborazione, mi risulta, di un autorevole sindacalista. Avere una medicina che costa quello che costa (cioè poco) in parità di bilancio, ma immorale sul piano organizzativo e assistenziale, mi fa venire i brividi.
 
Oltre il tradimento
Leggo, che Roberta Chersevani con una lettera, rivendica, per la Fnomceo, il valore dell’autonomia, peccato, come ha sottolineato prima di me Filippo Anelli, (QS 19 gennaio 2018), che lei sia stata eletta presidente della Fnomceo, con le stesse logiche e gli stessi meccanismi che oggi eleggono il suo successore.
 
Peccato che l’autonomia della Fnomceo durante la sua presidenza, come dimostra anche “la questione medica”, sia stata davvero minima se non inesistente. Ricordo ancora la teoria demenziale che circolava nell’ambiente e che ha accompagnato la elezione di Roberta Chersevani: “un presidente debole dopo un presidente forte”. Non vorrei aggiungere altro.
 
A parte l’elezione di Roberta Chersevani e di tutti coloro che l’hanno preceduta, vorrei citare un solo esempio tra i tanti, di caduta dell’autonomia: il decreto per l’appropriatezza del 9 dicembre 2015.
 
In quella circostanza la Fnomceo di Roberta Chersevani, si è accontentata di sollecitare la sospensione, neanche la revoca, delle sanzioni previste per i comportamenti inappropriati, accettando, una logica che, per non inasprire il conflitto con il governo, andava a lesionare uno dei capisaldi della professione medica vale a dire l’autonomia del giudizio clinico (QS 6 maggio 2015; QS 30 settembre 2015). Per chi oggi rivendica “autonomia” non c’è male come contraddizione, non vi pare?
 
Se è vero, come è vero, che aver negato, sino ad ora, l’esistenza della “questione medica” per la Fnomceo ha significato il contravvenire ai propri scopi statutari, allora, nei fatti, ciò, vale come tradimento.
Intendiamoci sulla parola. Essa non va equivocata come il passare nelle linee nemiche, ma come la violazione di un obbligo vincolante, che resta quello di tutelare la professione e i cittadini, anche dalle politiche sbagliate del governo, con il risultato di squilibrare un sistema di poteri istituzionali sia pubblici che di altro tipo che per funzionare ha bisogno che ciascuno (come diceva Montesquieau) faccia autonomamente la propria parte e quindi sia in equilibrio. Ordini, sindacati, società scientifiche, ministero ecc.
 
Resta il fatto che in questi ultimi anni la professione è stata come una pallina in un flipper sballottata di qua e di la senza nessun governo percepibile.
 
La definizione cogente
Prima ho sostenuto che la “mozione” di fatto per la prima volta introduce con la questione medica una definizione cogente dei problemi della professione. Cosa vuol dire?  Di che si tratta?
 
Per definizione intendiamo:
· il chiarimento dei termini della questione professionale quindi le sue determinazioni e i suoi confini,
· la spiegazione del significato dei  problemi  che connotano  la professione medica in una crisi epocale,
· l’esplicitazione delle soluzioni possibili (piattaforma).
 
Per cogente intendiamo una definizione   che costringe, che obbliga, che ha una funzione coattiva e quindi inderogabile.
 
Il valore politico della mozione certamente è aver ammesso l’esistenza della “questione medica” ma anche di averlo fatto in modo operativo dal momento che essa, proprio perché cogente, obbliga il nuovo quadro dirigente della Fnomceo ad essere conseguente e coerente con essa nella linea politica nelle proposte e negli atti concreti. A partire dal presidente che l’ha sottoscritta.
 
I punti critici principali posti dalla mozione
La mozione propone una nuova analisi dei problemi della professione.
 
Questi i punti principali:
· il venire meno del ruolo del medico quale garante della salute del cittadino,
· l’inesigibilità dei doveri professionali  cioè i condizionamenti alle prassi mediche che non garantiscono più (come prima) la correttezza e adeguatezza delle cure,
· la critica al concetto di  appropriatezza fraintesa e ridotta a compatibilità della professione quindi della deontologia con le risorse disponibili,
· la critica ad un concetto di sostenibilità che considera un ostacolo alla buona gestione della sanità: la coscienza professionale di medici, la loro autonomia di giudizio, i doveri morali, l’integrità scientifica, ecc.,
· la denuncia della rottura del patto di fiducia  tra medici e cittadini,
· la denuncia della “medicina amministrata” cioè una medicina senza etica, declinata tutta attraverso delle procedure.
 
A partire da questa analisi la svolta, ovvero, la “questione medica”:
· non è riducibile a singoli problemi della professione, cioè a parti di essa ma è una questione complessa definita allo stesso tempo  “questione politica” e “questione sociale” di primaria grandezza,
· necessita di una piattaforma di cambiamento che rilanci i postulati che sono da sempre alla base della professione ridefinendo la professione,
· la promozione di un movimento di idee rivolto a medici e cittadini per sensibilizzarli ai problemi che li legano e rinsaldare la loro storica alleanza,
· la necessità non rinviabile di riformulare il Codice Deontologico rendendolo più aderente ai contesti  nuovi, alle sfide della complessità, a quelle legate ai mutamenti in corso, ecc..
 
Cambiamento nella continuità
La frase che, nella mozione, sintetizza la “questione medica” quale strategia è la seguente:
“i medici possono diventare migliori di quello che sono e persino diventare altro da quello che sono sempre stati, ma per fare questo devono necessariamente restare medici”.
 
La linea è chiara:
· cambiamento nella continuità, ridefinizione della professione senza sacrificarne la natura ippocratica, sua ri-contestualizzazione e complessificazione ridefinizione del ruolo non già della sua banalizzazione (trivial machine),
· centralità del codice deontologico quale norma di autogoverno con al centro della “riformulazione” non più le condotte professionali come da tradizione  fin dal tempo dei galatei, ma con al centro  i problemi del conduttore, quindi quelli dell’identità del ruolo da ridefinire.
 
D’un sol colpo, con questa mozione, sono superate le teorie superficiali sul decadimento e sull’espropriazione e le sconfortanti teorie passatiste sulla deontologia. Essa propone un’altra lettura.
 
La “questione medica”:
· non è la causa prima dei problemi professionali, ma è l’effetto, la conseguenza, di tanti mutamenti che, nel loro insieme, da quasi mezzo secolo in modo sinergico sollecitano la professione a ridefinirsi nel suo proprio tempo,
· co-emerge dalle mutate condizioni del proprio tempo nel senso che essa in una certa misura è inevitabile, ne fa parte, come tutto quanto caratterizza questo tempo.
 
Quindi oltre alla globalizzazione, alla precarietà, al mutamento climatico, alla post modernità, alla crisi della politica, al populismo, ecc., c’è anche la “questione medica”.
Con questa “mozione”, per me, la professione prende finalmente atto della sua reale condizione e decide di assumersi la responsabilità in prima persona del proprio destino.
 
La pallina nel flipper per la prima volta comincia a rendersi conto del flipper e a giocare la sua partita.
 
E’ solo una mozione nulla più
Ma quante chiacchiere è solo una mozione!! E’ vero è solo una mozione. Ma io non mi fido della Fnomceo! Giusto la Fnomceo è piena di contraddizioni da sempre, basta vedere la composizione del suo comitato centrale e la distribuzioni degli incarichi e poi l’esclusione delle donne.
 
Contano i sindacati e ognuno si fa gli affari propri! Anche questo è vero, anzi per amore della definizione propongo di definire il sistema ordinistico una sindacatocrazia a struttura oligarchica enpam oriented che, certamente, ha ragione Pagani, ma anche Aim e Sigm, bisognerà ripensare.
 
Ma questo passa il convento. Da qui si parte. Ma i medici sono medici, cioè non sono rivoluzionari! Come negarlo, tuttavia i medici alla fine sono come tutti gli altri perché anche tutti gli altri sono tutt’altro che rivoluzionari compreso quelli che si atteggiano a fare i rivoluzionari.
 
Hai voglia a parlare di piattaforma, li voglio vedere i medici, il sindacato soprattutto, a definire un nuovo medico! Non nego che sia difficile ma non è impossibile. Ma cosa è facile? Rinnovare i contratti per caso? Cambiare la Fnomceo? Riformare le facoltà di medicina? Cambiare la testa a chi è prigioniero dei propri  schemi?
 
E allora?
Allora come ho già detto l’altra volta non descrivo ma interpreto fatti.
La mozione innegabilmente è un fatto con tanto di approvazione, che a sua volta è unfatto, sottoscritta dal futuro presidente della Fnomceo che è un altro fatto per cui mi aspetto che la acquisisca nel suo programma strategico, ma sottoscritta anche dal segretario del sindacato medico più grande del paese, e anche questo è un fatto, e da alcuni presidenti autorevoli di ordini autorevoli (che non cito perché sono tanti) e pure questo è unfatto.
Allora so che la professione medica se la passa davvero male. Questo è un altro fatto incontrovertibile e che nessuno anche i medici più masochisti (più filogovernativi) godono nello stare a bagno maria di una crisi così dolorosa e quindi conto molto più che sulla loro volontà riformatrice, sulla forza delle loro contraddizioni o se preferite sulla forza della disperazione. Come dice la canzone “più in basso di così c’è solo da scavare”.
 
Stringiamo per favore
Allora la “questione medica” non è una teoria ma una realtà, un sistema di fatti, rispetto al quale, per poter leggere una mozione come quella approvata il 13 gennaio 2018, personalmente ho dovuto aspettare in panchina esattamente una ventina di anni (il primo lavoro sull’argomento, è del 1998 e pensate un po’ con la prefazione di Rosy Bindi).
 
Sono davvero un bel po’ di anni ma i tempi del cambiamento in medicina non sono brevi e ora forse è arrivato il momento di giocare la partita del rinnovamento. Dico forse perché so da me che non sarà facile.
 
E allora?  Allora dico un’ultima cosa: è grazie all’impegno costante quasi ostinato di questo giornale che oggi è nata la mozione sulla questione medica.
 
Senza questo giornale probabilmente essa non sarebbe mai stata scritta. Anche questo è unfatto. Ma dire “giornale” significa dire tutti coloro che ci hanno scritto sopra. Tutti proprio tutti anche coloro che la “questione medica”, per una ragione o per l’altra, l’hanno snobbata.
Questa mozione, alla fine, è, sul serio, un patrimonio di tutti noi, cioè il risultato di un difficile dibattito, e anche questo è un fatto, forse per me, per quanto il più faticoso in assoluto, senz’altro il più bello da interpretare.
 
Ivan Cavicchi

22 gennaio 2018
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