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Infermieri militari/2. Quando i caporali vogliono fare i generali 

di Alessandro Vergallo

08 AGO - Gentile Direttore,
la lettera intitolata Infermieri militari. "Dottori" per legge ma non per la Difesa è l’espressione di come la deregulation totale in ambito sanitario conduca non solo a ritenere ipotizzabile il sovvertimento dell’ordinamento giuridico delle professioni sanitarie, ma addirittura il ribaltamento della realtà.

Tralasciando le specifiche disamine dell’ordinamento gerarchico militare, italiano o estero, l’infermiere, militare o civile che sia, non è assolutamente un “pubblico ufficiale”, bensì un “incaricato di pubblico servizio”, ovvero “esercente un servizio di pubblica necessità”, con tutte le differenze del caso.
Si richiama nel merito il Codice Penale, Art. 357 - Nozione del pubblico ufficiale: “Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.”

Quanto all’auspicio che le Università di tutto il mondo facciano studiare ai futuri dottori in infermieristica un nuovo modello di "teoria del nursing applicato alla gerarchia militare inversa", credo che l’ossimoro concettuale e sostanziale rappresentato dall’agognare ad una “gerarchia inversa” si commenti da sé.
Del resto, la Storia ci insegna come in un passato ancora recente i caporali assurti al comando abbiano dato evidente prova di sé.
A me appare ben chiaro il principio, riportato nella suddetta lettera come ribadito dal Ministro della Difesa, secondo il quale “presso l'Amministrazione Difesa, la professione sanitaria infermieristica potrà vedere riconosciuta la propria autonomia solamente in regime di dipendenza gerarchica rispetto all'attuale assetto ed alla professione medica".

Chi ha difficoltà logiche nel comprendere questo semplice concetto farebbe forse meglio a rivalutare criticamente la propria formazione culturale, piuttosto che a presumerne la nebulosità di costrutto lessicale.
Purtroppo, le medesima difficoltà logiche paiono albergare anche all’interno del Ministero della Salute.
 
Dott. Alessandro Vergallo
Medico Chirurgo, Presidente AAROI-EMACC Lombardia

08 agosto 2012
© Riproduzione riservata

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