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Il bancomat della salute

di Enzo Bozza

02 SET - Gentile Direttore, 
dicesi “ambulatorio” un ambiente dedicato alla diagnosi e cura delle malattie, frequentato da una persona, detta paziente e un operatore definito medico, di solito, laureato in medicina e chirurgia. La genialata sta nel fatto che l’ambulatorio è quasi nei pressi di casa, ad accesso libero e il medico lo conosci da anni e lui conosce te. E se proprio non ce la fai, il medico viene a casa. 

Questa formula ha funzionato per tanti anni, da almeno mezzo secolo e pareva funzionare benissimo. Ma il nostro è un Paese strano e bisogna riformare le cose che funzionano; su quelle che non funzionano, di solito, si chiude un occhio e talvolta, tutti e due. Sempre per questa insolita stranezza nostrana, pare che le cose che funzionano lo facciano in piena autonomia senza alcuna organizzazione verticistica ma, talvolta, il miracolo italiano, non basta, un minimo di organizzazione ci vorrebbe. 

Il Covid, tra tanti disastri, un merito ce l’ha: mettere in luce gli aspetti critici della nostra disorganizzazione e un certo limite all’estro latino di sapersi arrangiare. I medici hanno lavorato, come sempre, in scienza e coscienza ma senza direttive tecniche, senza regia, senza strumenti, con personale risicato e mettendoci la faccia e le mani per nome e per conto dello Stato. Definizione: dicesi Stato quel sistema che si autoproclama tuo socio, portandoti via metà stipendio in tasse per poi diventare latitante nel bisogno. Il lavoro lo fai tu, le tasse le intasca lo Stato, cosa giusta e meritoria se le tasse pagassero i servizi, ma siccome il nostro è un paese strano, le tasse aumentano e i servizi spariscono.  

Dopo aver chiuso le facoltà di medicina e dopo aver tagliato 37 miliardi di euro alla sanità pubblica e dopo essere finiti agli ultimi posti in Europa per gli stipendi ai sanitari, in buona compagnia con la Grecia, ultima in classifica, strabuzziamo gli occhi davanti alla più colossale crisi della sanità pubblica. Perché non ci sono più medici? E perché quei pochi fuggono? Strano fenomeno, in un paese strano. 

In questi casi di ordinaria follia si parla di riforma: ennesimo decreto delle ennesime teste fini della burocrazia governativa. Sono quelli al corrente di tutto ma che non hanno la più pallida idea della questione. Storia vecchia, è il Principio di Peter : In una gerarchia ogni impiegato tende a salire sino al proprio livello di incompetenza; per questo, col tempo, ogni posto tende ad essere occupato da un impiegato incompetente a svolgere le proprie funzioni e il lavoro viene svolto da altri impiegati che non hanno ancora raggiunto il loro livello di incompetenza. Il sociologo Peter lo scriveva nel 1970. 

Le teste fini governative hanno deciso che il ruolo di medico di base è obsoleto e anziché supportare questa figura professionale con mezzi e ruolo per rafforzare l’assistenza territoriale lo hanno relegato in una struttura semiospedaliera dove il lavoro è quello di una macchina per merendine, perché è solo una tastiera da digitare. 

Questo è un messaggio per tutti quei pochi pazienti che un medico ancora ce l’hanno, ancora per poco. Tra qualche tempo, troverete l’ambulatorio chiuso e al suo posto, uno sportello tipo bancomat, dove inserirete una tessera, i sintomi e qualche euro, riceverete una ricetta “medica” con le istruzioni per l’uso. Si chiama self service. Lo Stato non serve, basta la salute…

Enzo Bozza
Medico di base a Vodo e Borca di Cadore

02 settembre 2022
© Riproduzione riservata

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