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Meglio “non medici” che “coadiutori medici”

di Calogero Spada

24 OTT -

Gentile Direttore,
al di là di ogni emergenza l’atteggiamento dei medici non è mai cambiato sin dalle origini delle attività sanitarie: un po’ come accadeva nei teatri anatomici ancora in uso fino a tutto il ‘700, ci sono attività con cui i medici proprio non vogliono avere a che fare … e quindi puntualmente ci deve essere qualcun altro che se ne occupi, quando anche sia il semplice passare le carte. Infatti è assai difficile incontrare – al di là di alcune fattispecie da “libera professione” – dei medici che lavorino in solitaria autonomia.

Chissà perché hanno sempre bisogno di qualcuno che faccia, su loro immancabile delega ed istruzione, ciò di cui loro proprio non vogliono occuparsi. Alla fine è questo il motivo primo della genesi delle altre professioni.

Il problema è che questi “qualcuno” prima o poi possano imparare bene tutto quanto riguardi ciò che a siffatto dire dovrebbe costituire il possibile mansionario degli identificati «coadiutori medici»; figure di cui però non si trovi alcun riferimento nella normativa vigente. Pertanto, a quanto si evidenzi, sono sempre gli stessi a concorrere a creare ulteriori «neologismi» e «contaminazioni linguistiche che impoveriscono il rigore della nostra lingua», ma anche i possibili contenuti di un dibattito che non dovrebbe mai scadere nel più surreale qualunquismo.

Frattanto accade in centinaia di ambulatori sparsi «nelle periferie» di questo paese che la estemporanea o strutturale assenza di soggetti «fulgidi esempi di equità e universalità delle cure», ma altrettanto sfolgoranti modelli di scaltrezza amministrativa a curare i propri portafogli oltre che «i propri orticelli», blocchi completamente attività dirette a cittadini bisognosi – ad esempio, di un test da sforzo – che la restante équipe al completo, composta da soggetti professionali «che ogni giorno sa bene cosa fare», previsti proprio dal nostro ordinamento, è pronta a gestire «senza invasioni di campo» e senza figure essenziali solo, come accadeva nei teatri anatomici, nel godersi lo spettacolo, attendendo la prossima carta da firmare …

Questo accade a non occuparsi più del proprio mestiere: presto o tardi qualcun altro se ne occuperà (e forse non peggio); a quel punto – ossia a questo punto – forse diventa per alcuni anche sconveniente domandarsi «Chi fa cosa in sanità?».

Il problema vero, come già detto, è che da parte loro questi “altri” professionisti, pur potendosi assumere le responsabilità di tutti questi atti professionali e conseguentemente potendone reclamare le corrispondenti competenze amministrative, tentennano a farlo, trincerandosi in un “timore reverenziale” degno – questo sì – del T.U. del 1934.

Ecco perché serve un nuovo testo unico delle leggi sanitarie che seppellisca per sempre queste futili, inutili e soprattutto sterili questioni sul “chi sono io e chi sei tu”, utili soltanto a chi ha in mente una unica cosa: quanto valga in soldoni essere “superiori”.

Oggi i professionisti sanitari con équipe multidisciplinari e multiprofessionali si occupano a pieno titolo di diagnosi, cura e di assistenza. Condividono con i medici i medesimi oneri e responsabilità, facendosi certamente carico del correlato duro lavoro. Essi di fatto sono il fulcro operoso di tutto il SSN.

Il problema è che tutto questo ancora non viene riconosciuto da un punto di vista normativo, ed il bisogno di tale moderno Testo Unico è evidenziato anche dalle stesse affermazioni di «norme scritte male e strumentalizzate peggio».

C’è una nutrita “falange oplita” di miei colleghi che disdegnano l’appellativo “non medici” … mi unirei a loro se tale nuova locuzione del dott. Magliozzi dovesse – anacronisticamente – funzionare meglio.

Meglio non medici che coadiutori medici.

Dott. Calogero Spada

TSRM – Dottore Magistrale



24 ottobre 2022
© Riproduzione riservata

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