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Un medico che legge è meglio di uno che non legge?

di Tiziano Costantini

21 DIC -

Gentile Direttore,
tra la lettura e i lavoratori dell’ambito medico-sanitario esiste storicamente un rapporto complesso.
L’ impegno intenso e costante, spesso totalizzante, lascia spesso poco spazio alla vita privata e alle distrazioni col risultato che i medici non sempre riescono a dedicarsi alle letture professionali, figurarsi a romanzi o saggi per il puro piacere personale. Al contempo la lettura, per chi riesce a ritagliarsi i tempi necessari, rappresenta lo strumento ideale sia per dosare l’aggiornamento professionale sia per entrare in contatto con altre dimensioni dell’esistenza che altrimenti sarebbero sacrificate sull’altare del lavoro.

L’ultimo incontro promosso dalla Biblioteca Alessandro Liberati – svoltosi il 16 dicembre presso il DEP Lazio – ha provato proprio ad esplorare questa relazione complicata ma al contempo intrinseca tra lettori, scrittori e medici, il tutto condito da un benaugurale scambio di libri tra i partecipanti, e dalla presenza dell’Assessore della giunta regionale del Lazio Alessio D’Amato, che a tal proposito ci ha tenuto a ricordare l’importanza per una città come Roma di ospitare la fiera della piccola e media editoria, che peraltro quest’anno ha avuto un successo incredibile.

In questo BAL Talk si è quindi provato a capire se e quanto è importante che i medici leggano, oltre ciò che riguarda il proprio aggiornamento professionale, anche testi atti a favorire la propria cultura generale.

In soldoni: un professionista che legge è meglio di uno che non legge? Una domanda a cui non è facile rispondere, ma con la quale il ricco e variegato parterre di relatori ha provato a confrontarsi.

A partire da Guido Giustetto, presidente dell’Ordine dei Medici di Torino, che ha sottolineato come quella stessa domanda sia un po’ la sfida di progetti editoriali e spazi culturali di approfondimento, aperti a idee e commenti, su temi riguardanti la deontologia, l'etica e la professione del medico. “È importante trovare temi che possano interessare tutti i medici – sottolinea Giustetto -, ma anche contrastare la linea che ci sta facendo diventare dei tecnici, provando a riscoprire la dimensione umana”.

Del resto, nello svolgersi dell’attività quotidiana il medico è poi così diverso dagli altri professionisti? Secondo Giuseppe Gristina – medico e anestesista rianimatore – “la lettura senza dubbio può aiutare a fare chiarezza dentro di noi, per capire il proprio comportamento e quello dei pazienti, soprattutto nel confronto coi familiari. In questo la lettura può essere un mezzo utile per analizzare le parole che abbiamo usato e il comportamento che abbiamo avuto”.
La questione su cui porre l’attenzione dunque, anche secondo il medico Carlo Saitto, non è tanto se i medici leggano o meno ma cosa leggono e perché. “Si può scindere la dimensione di competenze dal lato umano”, afferma Saitto. “Questo rapporto non identifica un dualismo ma il recupero di approccio olistico. Il medico si avvicina al suo lavoro con tutto quello che è il suo bagaglio. E ancora, il medico si qualifica in base alla sua apertura al mondo, e in questo c’è anche la qualità delle proprie letture”.

I lettori – e i medici – di domani d’altronde iniziano a costruire sin da piccoli il proprio bagaglio culturale, ed è per questo che Manuela Orrù, Pediatra ASL Roma 1, dell’Associazione Culturale Pediatri e ‘Nati per Leggere’, sottolinea l’importanza di associazioni come la sua, che mirano a far crescere una nuova schiera di lettori senza affidarsi ai vecchi metodi, ma rendendo importante ogni fase della lettura. Ricordando anche che leggere pure solo qualche minuto al giorno al proprio bambino, cambia la vita sia al piccolo che all’adulto, e il libro diventa persino uno strumento di contatto tra figlio e genitore, oltre agli ovvi benefici della lettura per il bambino.

Purtroppo oggi gli adulti, medici in primis, fanno fatica a leggere, spesso per questioni di tempo.
“Non è vero che leggere è un piacere – afferma Della Passarelli, direttrice della casa editrice Sinnos -, ma lo diventa quando siamo abituati a farlo, quando c’è il piacere della lettura”.

Recuperare e coltivare il rapporto con la lettura, per un medico può essere molto importante, e – sostiene Damiano Abeni, epidemiologo e traduttore – queste due attività sono molto più vicine di quanto non possa sembrare.
Se pensiamo ad alcuni generi, come la poesia, e la leggiamo con l’occhio dello scienziato ci rendiamo conto della sua concretezza. “La sua struttura – dice Abeni - è la più essenziale e può essere studiata e riprodotta. Perciò è importante chiedersi il perché una poesia funzioni: questo nel mio lavoro mi ha insegnato molto”.

Un discorso che si applica alla lettura in senso globale, come dimostra Andrea Nigro, già fisico sperimentale e ora scrittore di libri gialli. “È un genere che tende letteralmente all’evasione, ma che deve funzionare”; riscontrando quindi un parallelismo con quel particolare campo speculativo della fisica, un mestiere in cui si deve essere rigorosi ma al contempo fantasiosi”.

Quello che è emerso quindi è l’importanza di una lettura a 360° anche in campo medico, scientifico e sanitario, ed è anche per questo che trattandosi di un BAL Talk è stato inevitabile domandarsi se una biblioteca medica debba avere solo testi specializzati o sia giusto inserire anche libri di cultura generale.
Un tema sul quale interviene Piero Borgia, epidemiologo e scrittore, che per anni ha gestito la biblioteca dell’Agenzia di Sanità pubblica, tra alti e bassi. “C’erano momenti in cui sembrava quasi che la biblioteca fosse il centro dell’agenzia, e altri in cui si notava la carenza di persone che venissero a consultare testi. Perciò forse – afferma Borgia - aprire la biblioteca medica a un discorso più esteso, che vada oltre i testi specialistici, è una buona idea”.

In chiusura, sebbene – come afferma David Frati, direttore di Mangialibri – “le statistiche e le survey evidenzino il poco tempo a disposizione dei medici per la propria vita privata”, è importante che trovino il modo di leggere, perché come è stato sottolineato più volte in questo incontro, nonostante la lettura in sé per sé non distingue il medico da qualsiasi altro lavoratore, arricchire il proprio bagaglio culturale può senza dubbio aiutare nello svolgimento della propria professione, e i testi letterari costituiscono finanche una ricca risorsa per aiutare i medici a comprendere il dolore e la sofferenza dei pazienti e dei loro familiari.

“È più importante sapere che tipo di persona abbia una malattia, che sapere che tipo di malattia abbia una persona”, sosteneva Ippocrate. E se un libro ci permette notoriamente di provare empatia, di identificarci immaginariamente con il dolore di un personaggio, cosa può avvicinare un medico al paziente più di una buona lettura?

Tiziano Costantini
Dipartimento di Epidemiologia SSR Lazio



21 dicembre 2022
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