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Ritorniamo a guardare il cielo

di Fabrizio Anatra

12 DIC -

Gentile direttore,
un uso corretto degli smartphone da parte dei figli credo debba passare necessariamente attraverso l’adozione di comportamenti adeguati da parte dei genitori che spesso, specialmente se appartenenti a generazioni un po' “vecchiotte”, hanno dovuto transitare come “immigrati tecnologici” nel nuovo mondo della telefonia mobile.

Abituati alle desuete e oramai smantellate cabine telefoniche che pure hanno catturato tanto fascino e suggestioni nelle epoche passate, così racchiuse nell’intimità di una cornetta che ascoltava e condivideva fiumi di parole e di emozioni, il passaggio tecnologico ha rappresentato per molti un modo totalmente nuovo e diverso di comunicare, sicuramente più utile, comodo e attraente per le tante funzioni che uno smartphone riesce a implementare di continuo, facendo perfino dimenticare che il cellulare è nato pur sempre come un “telefonino”; un’innovazione che ha rituffato tanti di noi nel ricordo di vecchi e cari giochi di infanzia come i walkie-talkie.

Al contempo, però, proprio nella frenesia di doversi adattare alle continue novità che la tecnologia ci presenta, spesso ci si dimentica che in mano a un bambino o a un ragazzo, quello stesso smartphone potrebbe costituire una temibile arma carica di insidie e di pericoli.


Un adeguato stile educativo genitoriale che curi anche questo aspetto, così critico e delicato soprattutto nella fase di transizione dall’adolescenza all’età adulta, risulta quindi fondamentale per un uso coscienzioso del cellulare. Indipendentemente dalla scelta dell’età alla quale affidare loro per la prima volta un telefonino in maniera autonoma (età che, in generale, molti esperti identificano in 13-14 anni, ma che molto dipende dal livello di maturazione di un ragazzo che solo un genitore è in grado di valutare effettivamente), occorre in ogni caso offrire esempi positivi e concreti sin da quando i bambini sono molto piccoli perché comunque i figli osservano, assorbono e tendono ad imitare i comportamenti degli adulti.

Quanti genitori, ad esempio, si vedono portare a spasso i bambini nelle carrozzine tenendo la testa piegata sul cellulare piuttosto che rivolta al piccolo, che comunque scruta e osserva. Quanti genitori si vedono seduti sulle panchine di un parco, completamente assorbiti dal loro smartphone mentre i loro bambini giocano e magari desidererebbero maggiore attenzione, condivisione e compagnia. Quanti genitori, seduti a tavola, consultano uno smartphone senza dialogare o interagire col piccolo che fa colazione, che pranza, che cena. O, peggio ancora, quanti genitori pur di non ascoltare il pianto dei loro figli preferiscono distrarli affidando loro un cellulare, come fosse un giocattolo, a volte senza neppure curarsi di ciò che potrebbero vedere o ascoltare. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se i bambini nel loro sviluppo siano portati poi ad imitare i genitori seguendone le orme, convinti che quei comportamenti rappresentino in un certo qual modo la normalità e costituiscano esempi virtuosi da seguire.

Eppure, tanti genitori, non senza ipocrisia, redarguiscono i loro figli se dovessero trascorrere troppo tempo in compagnia di un cellulare; o, al contrario, li giustificano col fatto che sono figli del loro tempo e della società nella quale vivono, quando in realtà sono, prima di tutto e tutti, figli di “mamma e papà”. Ma, forse, queste asserzioni rappresentano solo un modo per deresponsabilizzarsi e mettersi a posto con la coscienza, soprattutto se i figli dovessero poi finire vittime delle insidie e delle trappole della rete. La prevenzione infatti, che pure esiste da tanto, viene quasi sempre ignorata, a partire dai sistemi che se non altro potrebbero limitare i danni attraverso l’attivazione di filtri per tutelare i minori. Sarebbe dunque opportuno che i genitori, alzando la testa dal cellulare, si rimpossessino del proprio ruolo di educatori e che soprattutto attraverso il dialogo, il confronto, la capacità di empatizzare e di entrare in sintonia con i figli, cerchino di meglio capirli, comprenderli, sostenerli, aiutarli, per indirizzarli verso scelte mature e responsabili.

Fabrizio Anatra
Medico Pneumologo



12 dicembre 2023
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