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L’Italia in ritardo sulla ricerca infermieristica

di Emiliano Boi

02 LUG - Gentile Direttore,
gli annali di ricerca scientifica ed i manuali di ricerca citano immancabilmente Florence Nightingale, che iniziò a raccogliere dati sugli indici di mortalità dei soldati durante la guerra di Crimea e utilizzò la statistica per indurre cambiamenti nell’assistenza e valutarne l’efficacia. Sebbene il valore della ricerca infermieristica sia noto ormai da molto tempo ed in molti paesi occidentali la professione sanitaria infermieristica abbia raggiunto livelli culturali che non hanno nulla da invidiare ad altre discipline, in Italia ancora oggi stenta ad affermarsi soprattutto con il valore della ricerca scientifica di settore.
 
Nonostante nel nostro paese si sia consapevoli dell’importanza della ricerca infermieristica, quest'ultima stenta ad affermarsi e diffondersi come dovrebbe a discapito di tutto il comparto sanitario; eppure non mancano i riferimenti normativi, come il DM 739/94 che all’art.4 definisce l’infermiere come colui che “...concorre direttamente all’aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca...”. Anche il Codice Deontologico segnala la ricerca come momento fondante della professione e ribadisce che “L’infermiere partecipa alla formazione professionale, promuove e attiva la ricerca, cura la diffusione dei risultati, al fine di migliorare l’assistenza infermieristica”. Il tema della metodologia della ricerca viene trattato altresì nell’ordinamento didattico dei corsi di laurea triennale in infermieristica e nel corso di laurea magistrale; malgrado cio' la mancanza di fondi dedicati alla ricerca infermieristica e la difficoltà ad accedere ai fondi comuni persistono. La stragrande maggioranza delle ricerche pubblicate in campo infermieristico è svolto senza fondi ed entrare in progetti multidisciplinari finanziati da vari enti è pertanto molto importante.
 
Tra le attività che qualificano l'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco, organismo di diritto pubblico che opera sulla base degli indirizzi e della vigilanza del Ministero) all’interno delle Agenzie regolatorie europee ci dovrebbe essere la promozione di una ricerca clinica anche non a fini commerciali e la diffusione di un’informazione indipendente sul farmaco. Attraverso differenti programmi, infatti, l’AIFA dovrebbe effettuare non solo il monitoraggio e la verifica sulla correttezza della sperimentazione clinica pubblica e privata e sull’attività di promozione sui farmaci svolta dalle aziende farmaceutiche, ma coordinare e supportare, anche con risorse condivise, sia progetti di ricerca utili al Servizio Sanitario Nazionale che programmi di (in)formazione per gli operatori sanitari e i Comitati Etici Locali. Tali attività, caratterizzate da un elevato rigore metodologico e dalla necessità di trasparenza di processo nei confronti di tutti i cittadini, non potrà escludere a lungo la professione sanitaria infermieristica; l'accertamento che i prodotti medicinali in fase di sviluppo siano sicuri per la popolazione ed efficaci nei confronti delle patologie che devono contrastare non può non tenere conto delle evidenze scientifiche desunte dagli Infermieri nell'esercizio delle loro funzioni sanitarie.
 
Anche presso l'Istituto Superiore Sanità (Iss) nell’ambito della ricerca i compiti e le funzioni dell’Istituto, ai fini della promozione e tutela della salute pubblica nazionale, si dovrebbero svolgere direttamente attività di ricerca scientifica nell’ambito delle materie previste dal Piano sanitario nazionale (Psn) e il medesimo Psn dovrebbe collocare la professione sanitaria infermieristica al pari di quella medica; si dovrebbero promuovere programmi di studio e di ricerca, che coinvolgano "tutte le professioni sanitarie" anche in collaborazione con le strutture del Ssn, sperimentazioni cliniche e sviluppi tecnologici di avanguardia, in collaborazione con gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e le Aziende ospedaliere; dovrebbero essere stipulate convenzioni, contratti ed accordi di collaborazione con enti, istituti ed organismi pubblici o privati, nazionali, esteri o internazionali; si dovrebbe partecipare a progetti di studio e ricerca nazionali ed internazionali.
Presso il Ministero Istruzione Università e Ricerca (MIUR) il programma PRIN (Progetti di rilevante interesse nazionale), dovrebbe finanziare progetti nei quali collocare la professione sanitaria infermieristica tra i responsabili scientifici di unità operativa.
 
La stessa Unione Europea, nell'ambito del tema Health (6.1 miliardi di euro) del programma quadro FP7 si propone di migliorare la salute dei cittadini europei e di elevare la competitività delle industrie legate alla salute: è in tale ambito che il Ministero della Salute in Italia potrebbe far supportare svariate attività di ricerca infermieristica e multi-disciplinare volti all'individuazione di nuove strategie che producano conoscenze applicabili e sostenibili nell’area della salute, affinché le scoperte abbiano benefici pratici e possano migliorare la qualità di vita dei pazienti e vengano ottimizzate le cure sanitarie in favore dei cittadini europei.
 
Alla luce di quanto detto, appare scontato che l’uso dei risultati di una ricerca in campo sanitario, soprattutto in un periodo di "spending review", non possa più essere rinviato e non possa più essere limitato alla sola professione medica, ma debba essere necessariamente adattato all’ambiente ospedaliero, territoriale e domiciliare del paziente, in un regime di miglioramento delle prestazioni sanitarie globali ed infermieristiche.
Solamente quando la politica italiana vorrà perseguire concretamente questo orientamento si potranno registrare gli effetti positivi e propositivi che la crescita della professione infermieristica potrà apportare sull'intero comparto sanitario.
 
 
Emiliano Boi
Dottore in Infermieristica

02 luglio 2013
© Riproduzione riservata

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