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Caso Cucchi. Il ruolo degli infermieri

di Luigi Pais dei Mori

11 SET - Gentile Direttore,
a seguito della pubblicazione delle motivazioni della “Sentenza Cucchi” ritengo necessario sottoporre alcune osservazioni in merito al ruolo, in Italia, degli Infermieri Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU) e di Parte (CTP).
Le osservazioni in merito alla Sentenza di cui sopra (vedasi anche l’ottima analisi preliminare dello stimato dr. Benci) e particolarmente in merito al ruolo avuto, o meglio, non avuto, negligente, degli Infermieri coinvolti, lascia davvero perplessi sul piano professionale , deontologico ed anche giuridico. Senza rivangare la penosa vicenda vorrei considerare il valore aggiunto che avrebbe dovuto avere l’Ausiliario del Giudice, Infermiere, se fosse stato chiamato in Collegio Peritale ad analizzare la situazione in causa.
 
Nel contenzioso sulla responsabilità professionale in ambito sanitario, sia in sede
penale, che in sede civile, la consulenza tecnica e la perizia rappresentano un cardine, a volte fondamentale, nel determinismo dell’iter giudiziario, sin dal suo avvio.
Il “Consulente tecnico d’Ufficio” è il professionista identificato e nominato dal Pubblico Ministero che avvia l’azione in ambito civilistico; il “Consulente tecnico a difesa (o di Parte)” è il professionista scelto dall’indagato, di concerto con il proprio Avvocato difensore; “Consulente tecnico di parte civile” è quello eventualmente nominato dalla parte lesa.
La qualifica di “Perito” è assunta dal professionista nominato dalla Magistratura Giudicante, nell’ambito della causa penale.
 
I rilievi di eventuale negligenza, imperizia, imprudenza, che rappresentano il substrato della colpa debbono essere identificati, soppesati e valutati con molta obiettività, su basi scientifiche solide e validate, evitando attentamente la soggettività e riferendosi alla miglior pratica professionale evidente.
Parimenti il nesso causale fra azione commissiva od omissiva dell’indagato ed evento lesivo deve essere analizzato in maniera obiettiva e su dati di fatto, estrapolati dalla attenta lettura della documentazione in atti o provenienti dall’analisi accurata degli elementi oggettivi presenti.
 
Chiarita l’importanza e la responsabilità che grava sulle spalle del Professionista che si impegna in tale contesto vorrei cercare di fare il punto rispetto alla Professione Infermieristica e alla realtà italiana.
I dati provenienti dall’AILF (l’Associazione Italiana degli Infermieri Legali e Forensi) riportava al 2012 solo una quindicina di Tribunali Ordinari sugli attuali 386 (fonte Ministero della Giustizia), lungo l’italico stivale, che hanno accolto la possibilità di aprire agli Infermieri la facoltà di essere valutati sui profili di responsabilità professionale da Colleghi qualificati.
E’ qui, mi si permetta, trovo imbarazzante questa anomalia: l’Infermiere oggi è un Professionista Sanitario dotato di un percorso accademico ormai quasi ventennale (i primi Diplomi Universitari risalgono al 1997 ed i Dottorati di Ricerca al 2006), con un Codice Deontologico (1999) riformulato completamente nel 2009, con le sempre, doverosamente, richiamate “autonomia” e “responsabilità”, che deve sgomitare per affermare un diritto lapalissiano: quello ad essere valutato nel proprio agire da Colleghi della stessa Disciplina. 
 
Attualmente questo diritto è esercitato nella pressoché totalità da professionisti sanitari, medici, che, ovviamente, di Infermieristica, non ne possono sapere granché. Non temo di affermare, sulla base della mia esperienza professionale diretta che corrette, pertinenti ed oggettive valutazioni in merito possono realmente illuminare in modo completamente diverso situazioni e problematiche potenzialmente viziabili nel giudizio fin dall’origine. Parimenti ho rilevato la curiosità, ma anche l’interesse, da 
parte dei Colleghi CTU medici rispetto alla presenza nei Collegi Peritali di un CTU Infermiere, per le valutazioni di pertinenza disciplinare.
 
Doverosamente devo segnalare l’interesse della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI che sta attuando una mappatura nazionale degli Infermieri Forensi allo scopo di comprendere il fenomeno ed intervenire in merito alla diffusione della “cultura” della corretta valutazione professionale in ambito giudiziario. Parimenti riporto l’impegno della già citata AILF, che si adopera, tra l’altro, per la diffusione degli Albi per CTU e Periti Infermieri nei vari Tribunali. Un richiamo alla massima considerazione della tematica lo farei ai singoli Collegi IPASVI, nelle more della loro cogente responsabilità nell’individuazione dei criteri professionali e deontologici necessari al placet richiesto dal Tribunale agli stessi per l’accoglimento di una domanda di iscrizione all’Albo dei CTU e Periti.
 
Infine una preghiera ai tanti Infermieri impegnati ed interessati all’ambito forense: perseguiamo pervicacemente formazione ed informazione, facciamoci coinvolgere, attiviamoci, diamo la nostra disponibilità ad entrare in questo mondo, quello giuridico, strano e diverso rispetto al nostro modo “sanitario” di pensare e pieno di responsabilità, ma percorriamo e, in qualche caso costruiamo, questa strada assolutamente necessaria per dare ancora più dignità alla Professione Infermieristica. Una dignità che ancora fatica a trovare affermazione, soprattutto quando in una Sentenza su cui aleggiava l’accusa di omicidio si legge che, rispetto agli infermieri, “non era nelle loro facoltà sindacare le iniziative dei medici alle quali risultano essersi attenuti”... dura lex...
 
Luigi Pais dei Mori
Studio di Infermieristica Legale e Forense - Belluno

11 settembre 2013
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