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L’infermieristica ha di fronte sfida epocale. La categoria deve far sentire la propria voce

di Ivan Verzilli

29 APR - Gentile Direttore,
vorrei riferirmi all’intervista di presentazione del libro “Il riformatore e l’infermiere - il dovere del dissenso” ad Andrea Bottega e ringraziare prima di tutto il suo giornale per offrire a noi operatori della sanità una occasione di riflessione e di crescita culturale che da anni nessuno ha pensato di proporci. Ciò detto vorrei anche esprimere un sincero ringraziamento a Chiara D’Angelo, per il grande lavoro fatto, ma soprattutto per aver avuto l’idea di farlo; per aver avuto l’idea di socializzare idee, analisi, proposte, di un intellettuale come il prof Cavicchi che tutti conoscono certo, ma il cui pensiero più profondo in genere resta confinato anche per colpa nostra negli ambiti un po’ appartati della letteratura di settore e quindi non alla portata di tutti. Credo che aver messo insieme questo grande materiale sperso in articoli, saggi, interviste, pubblicati in tempi anche diversi, quindi in un arco di tempo anche lungo, e precluso alla maggior parte di noi, sia il merito principale della fatica di Chiara.

Il libro curato da Chiara è come se mi avesse aperto gli occhi o come se avesse dato le parole che cercavo ma non trovavo per dare corpo ai miei pensieri e per leggere le mie esperienze quotidiane. Vorrei dirvi grazie al libro cosa ho capito.

C’è un disegno strategico dietro le norme che hanno modificato la nostra professione negli ultimi vent’anni. Questo disegno va ripensato perché alla modifica della norme, e quindi dell’infermiere come dovrebbe essere, non è seguita la modifica della prassi, dell’organizzazione del lavoro e quindi di ciò che l’infermiere è e fa nella prassi operativa quotidiana.

La frattura relazionale tra professione medica ed infermieristica, è la principale causa dei mali delle professioni sanitarie.

L’infermiere, oggi, è nel pieno della post-ausialiarietà, ovvero della condizione di inconseguenza dell’essere incompiuto, normativamente autonomo e responsabile ma nei fatti della realtà lavorativa ancora una professione ausiliaria, demansionata e decapitalizzata utilizzata come palliativo alle carenze organizzative aziendali.

L’organizzazione del lavoro varia da nord a sud d’Italia, da azienda ad azienda, da reparto a reparto ma ha la costante di riproporre un’idea incompleta di infermiere conseguente “all’approssimazione” e “incompletezza” consegnataci dal nostro profilo professionale.
La decapitalizzazione e il blocco del turn over condizionano fortemente le fragilità di un SSN sempre più in maggiore affanno. Il fenomeno di un’organizzazione del lavoro che nega la costruzione di un reticolo professionale, contrasta con la norma che vorrebbe un professionista “autonomo e responsabile”, ma che nella prassi diviene mera utopia.

La proposta di recuperare il rapporto con i medici e superare la guerra delle competenze e il gap tra norma e prassi punta a creare un cambiamento nel modo di lavorare che permetta a ciascuna professione di evolvere insieme all’altra, reciprocamente. Per fare questo cambiamento è necessario riformare l’organizzazione del lavoro radicalmente. Abbiamo la necessità di assumere uno stile di pensiero che faccia dell’osservazione critica e del confronto un metodo proficuo.
Se riuscissimo ad assumere questo tipo di modalità allora le nostre riflessioni saranno funzionali ad una rappresentazione diversa della realtà e ad abbattere l’unica verità preparata e fornitaci da altri.
Per questo motivo “dissentire” diventa un dovere: quando si tace sulla condizione infermieristica, di fronte alle proposte di implementare competenze o funzioni a costo zero, sul continuo demansionamento, sulla mancanza di trasparenza, sul conflitto di interessi, si è complici.
La categoria deve far sentire la propria voce che, a noi pare, non è proprio in sintonia con queste situazioni.
L’infermieristica ha di fronte a sè una sfida epocale, e la responsabilità del successo o dell’insuccesso di questo passaggio sarà principalmente in mano nostra.
Il divario tra mandato normativo ed esercizio professionale ha causato molti mali e ha diviso la categoria tra chi continuava ad andare avanti con una visione dell’infermiere quale quella descritta dalle norme e chi restava indietro perché impossibilitato ad essere quello che le norme stabiliscono perché l’organizzazione del lavoro lo imprigiona nella post ausiliarietà e nel conflitto interprofessionale.
Si è dato per scontato che bastasse cambiare la norma per cambiare l’esercizio della professione ma ad invarianza degli assetti organizzativi la categoria ha trovato tutti i disagi di cui oggi si lamenta.
Purtroppo allo stato dell’arte si vuole continuare con lo stesso progetto politico che ci ha portato a questa situazione: si chiedono agli infermieri maggiori competenze a costo zero senza preoccuparsi di quale cambiamento organizzativo è necessario per valorizzare l’opera dell’infermiere.
Con l’organizzazione del lavoro attuale non si realizzerà l’infermiere specialista ma solo l’infermiere con competenze avanzate. E sono due cose ben diverse!
La strada del cambiamento organizzativo è la via maestra da percorrere per la soluzione della questione infermieristica come si è prospettata dalla separazione tra norma e prassi ma anzitutto occorre la presa di posizione di tutte le sigle sindacali.
In una situazione di crisi i problemi non risolti si acuiscono e si demarcano più nettamente diventando inevitabilmente dei veri e propri bumerang.
Siamo convinti che attraverso il lavoro costante, concertato e condiviso si possa diffondere fra gli infermieri una maggiore consapevolezza;
Da questa consapevolezza dobbiamo partire, perché oggi, oltre ad esercitare la nostra professione con le doti che ci contraddistinguono, dobbiamo raccogliere e saper vincere una sfida importantissima: dobbiamo saperci emancipare come professionisti e renderci partecipatamente attivi del nostro futuro e del futuro del sistema sanitario con competenza, preparazione, capacità e senso critico: in una parola dobbiamo “coevolvere”.
Io spero che altri infermieri, ma anche i medici, leggano o forse è meglio dire studino questo libro. Questo è un libro che parla di infermieri ma dentro una idea di coevoluzione di tutte le professioni, quindi parla anche di medici ma dentro la stessa idea di coevoluzione. Perchè se tutti lo leggessero o lo studiassero avremmo tutti chiaro che cosa dovremmo fare tutti insieme per sconfiggere ciò che ci vuole tutti impoverire.
 
Dr. Ivan Verzilli  
Uno dei 430.000 Infermieri Italiani

29 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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