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Se gli infermieri “dissentono”. Proposte per migliorare le nostre condizioni lavorative

di Chiara D'Angelo

27 APR - Gentile direttore,
desidero dare il mio contributo a supporto di quanto già espresso da Andrea Bottega sulla pubblicazione da me curata dal titolo “Il Riformatore e l’infermiere – il dovere del dissenso”. La pubblicazione edita da QS Edizioni, da me proposta, promossa dal Nursind e realizzata con la condivisione del prof. Cavicchi, è il frutto di una necessità personale e di un’esigenza collettiva al tempo stesso, ed ha richiesto coraggio e tanta fatica. Sono solo 208 pagine ma tutte dense di sfide storiche e provocazioni retrospettive nell’ambito della professione infermieristica che hanno il loro naturale sviluppo in proposte, condivisibili o meno, che spero servano per smuovere dal “torpore” tutti quei colleghi che sono stati stregati da parole ammalianti quali la crescita professionale, la conquista dell’autonomia, di maggiori responsabilità, di essere finalmente formati all’università, di poter conquistare ruoli dirigenziali, di essere “alla pari” con i medici.

Un torpore in cui ero caduta anch’io, ma che dopo l’incontro con Nursind prima, e Ivan Cavicchi poi (era l’8 febbraio 2014 e lo conobbi attraverso un’intervista per Infermieristicamente a margine di un convegno a Padova sugli standard di personale della regione Veneto), ha iniziato a dissiparsi perché entrambi, il sindacato e il professore, mettevano in crisi la narrazione “ufficiale” della storia infermieristica degli ultimi vent’anni così come l’avevo fino a quel momento percepita ma che, tuttavia, già lasciava in me delle perplessità, pur non riuscendo io a focalizzarle puntualmente.

L’incontro con il pensiero riformatore è stato determinante; le incrinature sfocate che inquietavano la mia percezione della condizione infermieristica cominciavano ad avere un nome, a definirsi più chiaramente. I disagi e il malessere degli infermieri potevano avere una radice che ben calzava con il concetto di post-ausiliarietà espresso da Cavicchi e il luogo in cui agire per risolvere la questione infermieristica era l’organizzazione del lavoro perché, come afferma il Nursind, il gap tra norma e prassi ci fa vivere una vita che non è la nostra, non ci dà la possibilità di essere gli infermieri che dovremmo essere.

Ecco nascere la necessità di riordinare i pensieri, di analizzare le chiavi interpretative, di fare come Dante con Virgilio: prendere una guida che fosse in grado di condurmi nelle questioni infermieristiche attraverso strade diverse ma anche di portarmene fuori, di darmi dei suggerimenti (proposte) per superare le critiche al sistema. La necessità personale ha dunque incontrato l’esigenza del Nursind, che voleva produrre la sintesi di un anno vissuto tutto d’un fiato e caratterizzato da forti prese di posizione, duri attacchi e incontri su temi importanti (le competenze avanzate, il precariato, la responsabilità professionale, …) con il fondamentale intento di dire qualcosa di nuovo e alternativo, che fosse espressione vera del disagio dell’infermiere comune, espressione, come la definirà Cavicchi, di un sindacato “non solo di infermieri ma tra gli infermieri”.

I contenuti del libro sono già stati magistralmente e in ampia parte presentati nell’intervista di Andrea Bottega; la cosa che mi preme però sottolineare è che le proposte individuate nel testo possono, a maggior ragione ora, alla luce di uno scontro intercategoriale che rischia di inasprirsi e di un sistema de-finanziato che rischia di divenire un sistema di sole cure palliative, essere veramente un’occasione per migliorare la nostra condizione di infermieri e di professionisti sanitari.

Si pensi, per esempio, alla necessità di ripartire dal dialogo attraverso la “convenzione dei punti di vista” (pag. 45) per una “coevoluzione” delle professioni a partire dalla riorganizzazione del lavoro che punti a considerare i professionisti inseriti in “reticoli professionali” (pag. 66) che rivedono il loro agire professionale quale opera (pag. 41) realizzata da un autore (pag. 64) e che produce valore contrattuale in quanto non semplice dipendente esecutore di ordini e compiti ma shareholder (pag. 81) rappresentante valore e non costo aziendale.

Si pensi alle competenze avanzate, oggi tema di forte dibattito a partire dal comma 566 della legge di stabilità del 2014, agli standard del personale, sempre pensati al ribasso, e al demansionamento (tutto il capitolo 6) che trovano nella richiesta alla rappresentanza professionale di modifica del codice deontologico la necessità di dare agli infermieri la possibilità di affermare non solo un nuovo diritto bensì oggi un dovere: il dovere del dissenso (pag. 157) quale unica arma di difesa di massa. Di tutto questo si dovrebbe discutere insieme a tutti gli infermieri e alle nostre rappresentanze, sindacali e professionali. Per questo il libro propone di indire gli Stati Generali degli infermieri.

Questo libro mi è costato parecchia fatica ma l’ho fatto come regalo a tutti coloro che, come me, vorranno tentare la strada del dialogo, del confronto, del dibattito, sul cui valore ho cercato di esprimermi più volte e in particolare con la precedente lettera a questo Giornale, nella quale ho anche rilevato alcune importanti criticità della nostra condizione. Se potessi a mia volta chiedere un regalo anch’io, chiederei di ricevere, anche attraverso le pagine di QS che ha curato l’edizione del libro, le opinioni o i suggerimenti dei lettori.

In coda ma non da ultimi i miei ringraziamenti di vero cuore a Ivan Cavicchi, per la paternità dei contenuti, e ad Andrea Bottega per l’enorme aiuto nella revisione, senza i quali questo libro non avrebbe mai visto la luce. Ed infine le scuse, se qualche inesattezza o imprecisione mi fosse sfuggita.

Dott.ssa Chiara D’Angelo
Infermiera

27 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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