Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Lunedì 29 APRILE 2024
Lettere al direttore
segui quotidianosanita.it

Anche i “giovani” medici temono di perdere la leadership?

di Roberto Romano

13 GEN - Gentile direttore,
ho letto con interesse, cercando di non essere prevenuto, la lettera inviataVi da due autorevoli rappresentanti di ANAAO Giovani. Si colgono parecchi spunti di riflessione importanti che riguardano la professione infermieristica ma, c’è da dirlo, anche alcune inesattezze e posizioni che appaiono francamente strumentali. Intanto è difficile essere in disaccordo sul fatto che negli anni i master post laurea di area infermieristica siano aumentati nel numero e che, in molti casi, abbiano finito con il sostituire quello che dovrebbe essere l’ambito lavorativo con quello formativo. In pratica un infermiere neo laureato è spesso costretto, gioco forza, a iscriversi ad uno o più master, quando non direttamente alla laurea magistrale, in attesa di un concorso che, visti gli attuali chiari di luna, rischia di ritardare di molto o di non arrivare proprio.

Non pretendo certo di parlare per la Federazione, e non ne ho titolo, ma credo di poter dire senza particolare timore di smentita che questa situazione non piace a nessuno, meno che mai agli infermieri, specie se, come accade al sottoscritto, chiamati a ruoli di rappresentanza. Per onestà intellettuale bisogna però dire che ci sono molti soggetti, non tutti afferenti dalla stretta area infermieristica, ma anzi in molti casi proprio da quella medica, che hanno beneficiato e beneficiano tutt’ora da questo “titolificio”.

Sono convinto che sia ora di porre rimedio a tutta una serie di errori fatti negli anni addietro nella gestione della formazione di area infermieristica.
I due esponenti di ANAAO, nella loro lettera, fanno riferimento ad un quadro che è reale, limitandosi però a sminuire gli altrui titoli. In questo senso da persone afferenti da un’area giovanile mi sarei, forse, aspettato una visione un po’ più allargata e maggiormente progressista. Non credo che questa sia la strada per un dialogo costruttivo.

Se la “valenza scientifica e formativa”, su cui gli scriventi “sorvolano”, è da discutere possiamo farlo. Purtroppo però dobbiamo ricordare come nella quasi totalità dei casi i direttori responsabili dei singoli master, come dei corsi di laurea siano proprio, per me ad oggi ancora inspiegabilmente, medici.
Prendo atto, quindi, che ANAAO Giovani, o almeno due suoi autorevoli esponenti, pensino, come del resto lo pensano già molti di noi, che la formazione infermieristica debba essere gestita e diretta totalmente da infermieri e che la parte medica debba parteciparvi solo negli insegnamenti di sua stretta pertinenza. D’altronde non conosco un pediatra che chiamerebbe un geriatra a dirigere la propria scuola di specializzazione e non riesco, quindi, a comprendere perché un medico debba dirigere un iter formativo infermieristico di qualsiasi ordine o grado.

Personalmente, ma so di divulgare quella che è la linea dell’intero consiglio direttivo di IPASVI Firenze, sono per una formazione di base che passi da tre a quattro anni e/o che contempli una laurea magistrale non più gestionale ma clinica. Spero di sbagliare ma ho il sentore che una tale proposta di variazione non incontrerebbe molti favori nella parte medica. Non si scordi poi che la “mancanza di riscontro pratico dei titoli” cui ci si riferisce è dovuta ad una mancata valorizzazione contrattuale, ancor prima che professionale, dei titoli in questione.

Su questo aspetto credo che sarebbe giusto aprire una seria riflessione tra sindacati ed IPASVI su come gestire in futuro la faccenda. A mio modesto parere non potremo più accontentarci delle briciole di coordinamenti (unico titolo master universalmente riconosciuto contrattualmente) e dirigenze che restano spesso, di fatto, prive di potere decisionale vero ed autonomo sulle materie di propria competenza. Al contempo si dovrà superare l’appiattimento salariale previsto contrattualmente valorizzando, finalmente, i titoli anche da un punto di vista economico.

Altro è, poi, inserire in questa discussione il famoso comma 566. Anche questo discorso, se non affrontato seriamente, rischia di diventare solo strumentale alle posizioni di una o dell’altra parte, non tenendo conto dei bisogni dell’unico vero protagonista che è, e deve rimanere, il Paziente.
Noi siamo convinti che gli infermieri debbano essere sempre più autonomi e formati per fornire un miglior servizio all’utenza ed una migliore capacità di team work.

Le parole lette nella lettera cui mi riferisco tradiscono, mi spiace rilevarlo, un mal celato timore di perdere leadership e, magari, risorse. Pare che non si voglia capire che la leadership può essere intesa in varie maniere, non solo come un esercizio tayloriano di comando, e che la visione medico centrica che alcuni, purtroppo anche giovani anagraficamente, paiono avere è superata dalla storia, dal buon senso e dai bisogni espressi dal malato. Che senso ha mettere in contrapposizione, come viene fatto, un tecnico (o infermiere) ecografista con un cardiologo? Perché non pensare invece che le due figure, dove presenti, potrebbero collaborare ed integrarsi per permettere proprio al cardiologo, di cui nessuno discute il ruolo di leader nell’ambito diagnostico, di fare di più e meglio il proprio lavoro per il bene assoluto e primario del paziente? Mi risulta che le esperienze in tal senso siano varie, in varie parti del mondo.

Come è possibile, poi, raffrontare un infermiere con master in area legale e forense ad un medico legale? Forse sfugge, a chi scrive, come questi professionisti si interessino di problematiche strettamente legate all’area infermieristica. Sinceramente se io od un mio parente fossimo coinvolti in un contenzioso inerente, ad esempio, ad un atto infermieristico, una buona prassi non applicata, un cancellino del letto non correttamente applicato, preferirei avere un consulente tecnico di parte che fosse un infermiere competente e formato anche in area forense e che, se necessario, collaborasse col medico legale o fosse in grado di stilare autonomamente e per quanto di competenza un atto peritale per arrivare, se dovuto, ad un risarcimento del danno.
Questo mi aspetterei in un Paese evoluto quale il nostro.

A che pro mettere in contrapposizione due figure che sono complementari e che, almeno questo accade nella parte infermieristica, cercano solo di ampliare spazi di competenza non a discapito ma, in molti casi, a vantaggio degli altri operatori e, in tutti i casi, dei Pazienti?

Come mai solo in Italia, Paese che per inciso ha un rapporto di medici per abitante tra i più alti del mondo, e forse in questo dato è implicita la risposta alla mia domanda, non si riesce a ragionare in questi termini, mentre basta passare i confini nazionali per vedere infermieri con possibilità prescrittiva, strutture a direzione infermieristica, infermieri di famiglia e, in ultima analisi, tutte quelle espressioni di una scienza infermieristica che solo i medici italiani sembrano faticare a riconoscere?

A chi giova il mantenimento dello status quo?

Quanto detto sopra non vuole negare, come ho detto all’inizio, alcune verità espresse dai dottori Cappiello e Montemurro. E’ necessario, però, smettere di pensare che ogni cambiamento ed evoluzione della figura infermieristica in questo Paese sia, necessariamente ed esclusivamente, legato a logiche di spostamento di competenze nell’ottica del risparmio. Il risparmio non è cosa negativa a priori ma quello che ci interessa davvero è poter esprimere le grandi potenzialità che la figura infermieristica ha saputo implementare negli ultimi venti anni, per gli infermieri, che investono risorse nella loro formazione, che deve essere valorizzata e riconosciuta, e per i pazienti.

Non resta che sperare che almeno i “giovani” medici inizino a vedere un po’ oltre.

Roberto Romano
Consigliere IPASVI Firenze

13 gennaio 2016
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Lettere al direttore

lettere al direttore
ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy