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Nuovi direttori generali o nuovi modelli nelle aziende?

di Giuseppe Imbalzano

17 OTT - Gentile Direttore,
con il bando nazionale finalmente non avremo scelte regionali che non sempre erano coerenti con le leggi vigenti. Per molti anni le scelte sono state orientate ad interessi locali, con bandi estemporanei e valutazioni non sempre conformi con quanto esplicitamente richiesto. Certamente buoni manager possono realizzare migliori soluzioni e ottenere risultati più significativi di chi ha poca o nulla dimestichezza con la sanità e con i modelli di servizio che possono essere riferiti alle esigenze dei cittadini e ad una buona amministrazione, sia economica che funzionale.
 
Le selezioni di questi ultimi anni (in particolare la short list di ultima edizione) ha visto molta fantasia per escludere quanti potessero essere non graditi. E non entro nei particolari poiché altri poteri dello Stato potrebbero essere interessati ai comportamenti tenuti dalle Commissioni di selezione.
 
Il titolo e il sottotitolo credo che vadano spiegati prima di sviluppare una breve seppure critica valutazione sul passato.
 
La Riforma “aziendalistica” del 1991 è la struttura organizzativa e di governo ottimale per le strutture e i servizi sanitari?
 
Il modello finanziario, e la gestione economica, vario, variato e qualche volta avariato, tenuto dalle Regioni è il modello più corretto e coerente per la gestione dei servizi pubblici? Dobbiamo puntare sulla efficienza del sistema, il cui fondamento è l’Azienda, o sulla migliore risposta ai bisogni del Cittadino, la cui risposta è il Servizio alla Persona?
 
Dopo oltre 20 anni di gestione “aziendale” il servizio è migliorato? La qualità della risposta per i Cittadini e per i territori si sono accresciute? La qualità di vita e di salute si è elevata? Le patologie croniche sono diminuite? I cittadini hanno maggiore “coscienza sanitaria”?
 
I bisogni del proprio territorio sono stati soddisfatti? O la presenza di figure, che spesso provengono da altre realtà e rispondono ad altri che non alle istanze dei Comuni e dei Cittadini del territorio, hanno creato opportunità diverse o le istanze territoriali non hanno avuto seguito?
 
Le esigenze di “continuità” si sono scontrate con frequenti sostituzioni del gruppo dirigente e cambi di modelli gestionali, di interessi e di selezioni di posizioni e organizzazioni orientate a designare rapporti “di fiducia” sono stati prevalenti su valutazioni tecniche e professionali?
 
L’estensione prima provinciale e poi regionale di molte aziende sono il risultato ottimale di una riorganizzazione o il tentativo, non sempre ben riuscito, di ridurre i costi diretti e offrire maggiori e più qualificati servizi per i cittadini?
 
La tensione, si potrebbe dire l’ossessione, continua, nel ridurre gli organici o gli eccessi di apicalità, la scelta del ticket come strumento di gestione degli equilibri di bilancio, il rilancio dei controlli (dal 5 al 10% e molto di più in alcuni settori) e le complicazioni per rendere difficile ottenere servizi da parte dei cittadini, la contabilità analitica (erroneo modello in un sistema di costi di produzione confrontati non con il libero mercato ma con tariffe preordinate e modalità di gestione delle stesse non sempre equilibrate) sono, e possono essere in futuro, il modello su cui continuare a promuovere le nostre attività sanitarie e i nostri servizi?
 
Ultima e non peregrina domanda, il nostro è un Servizio Sanitario Nazionale o un Sistema Mutualistico spurio con riedizioni e perdita, non indifferente, del carattere universalistico e qualificante che dovrebbe sottostare al nostro indirizzo culturale e professionale?
 
I 5-6 milioni di Italiani che non possono usufruire normalmente dei servizi sanitari per motivi economici sono una percentuale molto elevata poiché toccano un gruppo di persone con problemi finanziari e sociali significativi.
 
Quali sono le cause di questa situazione? Molteplici, naturalmente. E a tutti i livelli. Ma non è il caso di riempire pagine di elementi critici, qui si vogliono tratteggiare alcune soluzioni che posso creare spazi per soluzioni percorribili.
 
La mancanza totale di una rilettura critica del sistema è il primo punto su cui abbiamo spazi significativi e qualificati per recuperare risorse. Altro elemento è l’efficienza del sistema che non è sempre una condizione conforme di valutazione e non sempre viene perseguita adeguatamente.
 
Il sistema pubblico ha una efficienza e un utilizzo delle strutture e delle risorse vicino al 100% o qualche elemento normativo, organizzativo o funzionale contrasta e riduce efficienza e produttività?
 
E forse, senza volerlo, si crea confusione, dove anche il modello strutturato e fortemente inserito nella gestione condivisa delle aziende è elemento di criticità non indifferente sulla efficienza della organizzazione stessa. Sia perché rappresenta una struttura particolarmente rigida non fosse che per il modello stesso del meccanismo gestionale.
 
Stiamo parlando del sistema di budgeting che è diventato il cuore pulsante del sistema organizzativo ed economico aziendale, elemento non sempre gradito e gradevole all’intera struttura operativa, non poche volte elemento di conflitto tra le parti e di conflitto di interessi interno al sistema.
 
Qual è la caratteristica principale, integrata poi nel sistema di contabilità analitica che ne rappresenta il riferimento di controllo e di gestione interno, oltre ad essere elemento di programmazione aziendale? Possiamo dare come riferimento, seppure con molte valutazioni di specificità relativa, l’efficienza, il sistema è rigido, fortemente direttivo, con scarse opportunità di negoziazione, deve garantire il sistema aziendale, è molto analitico e fortemente parcellizzato.
 
Questo strumento si interseca con la attuale linea gestionale nazionale e locale in cui vengono eliminati i fattori di produzione (il personale) e incrementate le barriere economiche e funzionali (ticket e norme per l’accesso ai servizi e alle opportunità assistenziali).
 
Di cosa abbiamo bisogno?
Abbiamo bisogno di un sistema che realizzi risultati di qualità, che abbia obiettivi non ambigui, unsistema di valori prevalenti condiviso, una programmazione organica e funzionale, costi contenuti, una efficacia elevata, garantisca un equilibrio economico e sia di soddisfazione per tutti gli attori del sistema.
 
In che modo possiamo ottenere questo risultato? Considerato che in questi anni l’organizzazione sanitaria generale è rimasta strutturata come negli anni 70, ospedali, medici di famiglia, convenzionati interni ed esterni, servizi di prevenzione, hanno mantenuto le loro caratteristiche contrattuali e gestionali con alcune modifiche (la medicina generale che è transitata da un sistema a notula ad uno a quota capitaria e i ricoveri sono passati dalla giornata di degenza alla valutazione dei drg), molti cambiamenti che avrebbero dovuto essere svolti nel corso dei 40 anni trascorsi, hanno bisogno di una significativa revisione e riqualificazione.
 
In questi anni sono poi prosperate nuove attività che non sempre si sono distinte positivamente e integrate adeguatamente nel sistema sanitario, come l’assistenza domiciliare o l’organizzazione distrettuale. Oltre a “medicine olistiche” per “pazienti” prevalentemente, fisicamente, sani.
 
Naturalmente possiamo ottenere il risultato semplificando il sistema, con una lettura sui risultati e sui modelli di servizio, in piena valutazione dei bisogni dei Cittadini e nell’intento di ridurre il carico delle malattie sulla popolazione.
 
Per questo è necessario riformare l’assistenza sanitaria primaria, la continuità assistenziale, la rete ospedaliera, i servizi di emergenza, il rapporto territorio-ospedale, qualificare il finanziamento, l’assistenza e la spesa sanitaria, recuperare una responsabilità diffusa sulla spesa effettiva, la riduzione di prestazioni e attivitànon utili (amministrative, sanitarie, tecniche etc.) oltre la attivazione di nuovi servizi utili, la risposta a nuovi bisogni, incrementando l’appropriatezza e offrendo ricompense (e non punizioni) a chi riesce ad ottenere questo risultato con una contemporanea riduzione dei costi.
 
Un esempio, non banale per valore e conseguenze, è la chiusura degli sportelli per la scelta e revoca del medico, che può essere svolta direttamente nelle sedi comunali, previo accordo e finanziamento delle attività. Migliaia di sportelli possono essere chiusi favorendo i cittadini che non devono peregrinare per una prestazione amministrativa. E così per altre prestazioni o iniziative. E il personale può essere utilizzato in modo più appropriato. E si potrà assumere personale sanitario e tecnico sanitario carente.
 
Possibile da fare. Oltre a molto altro.
 
Ma molte delle indicazioni espresse sono solo nella lettura corretta di una programmazione che è mancata in questi 40 anni. E non sono lontane dal poter promuovere, nel pieno interesse dei Professionisti e dei Cittadini, risultati migliori rispetto a quanto otteniamo attualmente.
E altri interventi sono stati trascurati in questi anni, in particolare con il modello aziendalistico.
Ma è prevalentemente un cambiamento culturale che va espresso ed affrontato.
 
Management in sanità
Non è possibile utilizzare un unico e prevalente modello di management, va costruita una organizzazione integrata e organicacon una visione sistemica e non solo sistematica. E sicuramente non solo analitica. I nostri “uffici qualità” fanno “qualità” o qualcos’altro? Dovremmo chiederci cosa sia qualità, o risultato, come vengono dimostrati e se stiamo raggiungendo i nostri obiettivi, in un sistema che tende, oggi, ad una condizione in parte conflittuale tra efficacia ed efficienza.
 
Modelli di management funzionali e dinamici
Noi dobbiamo evolvere dalla focalizzazione sulle funzioni alla focalizzazione sul processo, recuperando la soddisfazione dei bisogni dei Cittadini come obiettivo primario. Fermo restando che il bilancio aziendale è ineludibile, tutti i modelli che vengono segnalati hanno modalità più strutturate ed organiche con obiettivi sistemici di risposta ai bisogni.
 
Il Beyond budgeting, Il knowledge management, l’hoshin kanri, il pay per result, il Kaizen, gli Intangible assets, i Leadership stiles, il Toyota system, Le 7 S, etc. sono strumenti più funzionali per una organizzazione complessa e organica come quella sanitaria, per la gestione di personale ad alta professionalità ed autonomia, per la gestione di casi singoli e da personalizzare, situazioni ed esigenze del tutto indipendenti dal sistema generale da affrontare in modo organico e funzionale, a cui dare una risposta adeguata anche nella difficoltà della individuazione del problema e della relativa soluzione.
 
Il capitale intellettuale
La somma delle conoscenze e delle competenze di tutto il personale sono il patrimonio, immateriale, della azienda.Obiettivo aziendale è offrire le migliori condizioni agli operatori in modo che possano esercitare le loro attività e sviluppare conoscenze per favorire un risultato clinico e relazionale al più alto livello possibile. Riuscire a costruire un modello che garantisca il migliore utilizzo e sviluppo delle “risorse umane” è fondamentale per una realtà come quella che cura.
 
È indispensabile creare un ambiente che favorisca il meccanismo di risposta facilitativa (come lo è il beyond budgeting) e crei le condizioni per favorire la costituzione di un lavoro di gruppo in cui il confronto sia l’elemento fondamentale di analisi e proposta di risultato costruendo un ambiente in cui la conoscenza può essere creata, scoperta, catturata, condivisa, distillata, convalidata, trasferita, adottata, adattata ed applicata.
 
Gli ospedali
A cosa servono e come devono essere? Quali attività devono garantire? Sono sufficienti? Sono moderni e adeguati?
 
75 strutture risalgono all’era napoleonica, nel 15% dei nostri nosocomi la prima pietra è stata messa quando i nostri bisnonni combattevano la prima guerra mondiale, mentre il 35% è stato costruito prima che finisse il secondo conflitto mondiale. In pratica 6 ospedali su 10 hanno più di 70 anni di vita alle spalle.
 
In Italia ci sono circa 1200 presidi ospedalieri. Sono indispensabili o ne bastano di meno? E che dimensione devono avere? Quali servizi devono garantire?
Prima o poi bisogna chiarire le ambiguitàsulla distanza dall’ospedale e sui servizi che vengono offerti (a cosa serve l’ospedale?). È preferibile avere ospedali attivi per 8/10 ore al giorno per 5 giorni o aperti per 16/18 ore al giorno per 7 giorni alla settimana?
Certo che se dovessimo rivedere la rete (trasformando alcuni ospedali in servizi sanitari con attività a minore intensità assistenziale) sarà fondamentale ampliare la rete di emergenza urgenza mobile.
 
Risparmiare su 3- 400 strutture e concentrare il personale nelle altre può garantire servizi adeguati con una rete assolutamente sufficiente a dare servizio per tutte le esigenze del territorio e i bisogni della comunità assistita per 24 ore al giorno 7 giorni su 7, con risultati clinici e assistenziali più adeguati.
 
Assistenza, prevenzione e genetica.
Una vastissima analisi genomica, che ha coinvolto oltre 600 mila individui in tutto il mondo, ha individuato alcuni geni che possono allungare o accorciare l’aspettativa di vita.
 
Ma ha anche stabilito che è lo stile di vita a fare la differenza maggiore: fumare un pacchetto di sigarette al giorno, accorcia l’esistenza di 7 anni e ogni chilo di troppo la riduce di due mesi. Tenere allenata la mente con lo studio infine può allungare la vita di alcuni anni
Crediamo che queste indicazioni possano far rivalutare un elemento fondamentale riguardo il finanziamento e la copertura economica del SSN.
 
La modalità con cui stiamo coprendo le spese è corretta o con qualche aggiustamento potremmo garantire una migliore ed equilibrata attività sanitaria, stimolare e responsabilizzare il Cittadino ed avere risorse sufficienti per offrire servizi qualificati e di alto livello, oltre ad una equità e accessibilità dell’intera popolazione residente, senza limiti e barriere economiche o funzionali?
 
Chi paga l’assistenza?
 
Il finanziamento del SSN per la cura delle patologie e la copertura economica per la garanzia dei servizi.
Nella attività sanitaria possiamo distinguere, in modo grossolano, due diversi modelli per i determinanti delle malattie che sono la Casualità che è certamente differente (l’opposto) dall’altro modello che è la Causalità.
 
Per queste due opzioni possiamo considerare modelli differenti di intervento economico finanziario e assistenziale senza ledere i diritti all’assistenza? In questo modo possiamo elevare il livello di equità?Dobbiamo considerare la causalità come uno stimolo, una partecipazione alla condizione morbosa come una responsabilità o una irresponsabilità individuale per la propria e altrui salute?
 
Riteniamo essenziale una corresponsabilità del Cittadino nei processi di benessere e di mantenimento di un alto livello di salute personale e sociale, con una contribuzione, seppure modesta, legata al consumo di prodotti e alla somma dei fattori di rischio, che nel totale rappresentano l’elemento critico per la “produzione di condizioni patologiche” che sono poi causa e motivo della prevalente spesa sanitaria.
 
In questo senso crediamo che la struttura finanziaria debba tenere conto di nuovi e significativi canali di riscossione che coinvolge tutti i cittadini per la somma dei fattori di rischio che vengono assunti o prodotti dalla popolazione in generale. Altrettanto deve essere recuperato nei confronti dei produttori che creano maggiori rischi ai consumatori e ne traggono benefici economici da una offerta che incrementa il rischio per la sicurezza, la salute e il benessere del singolo e della comunità.
 
Considerato che questa quota di fondo si esprime su una ampia quantità di prodotti l’incremento può essere valutato nella corrispondenza tra esigenze economiche e responsabilità del prodotto nel determinismo della situazione patologica o del danno espresso, valutato che la quota è parziale e residuale e non sostitutiva dell’intervento sociale e comunitario.
 
Pertanto crediamo che questo modello possa produrre una corretta e fondamentale quota di finanziamento, sicuramente garantita, eliminando ticket e sovrattasse regionali.
 
Pertanto il modello di finanziamento potrebbe essere modificato nel seguente modo:
 
* Statale- regionale con tassazione specifica e generale
* Spesa diretta da parte del Cittadino
* Compartecipazione per il ticket per farmaci anche per gli esenti per patologia con limite mensile/ annuale (max. 150- 200 € anno) salvo l’art. 32 della Costituzione (o una cifra relativamente più alta)
* Autoassicurazione (responsabilizzazione- compartecipazione) indiretta sui fattori di rischio noti (sostitutivi di altre entrate - finalizzati alla assistenza che determinano - come fattori di rischio e patologie relative- causa del burden of disease)
* Eliminazione del ticket sulle prestazioni specialistiche
* Contribuzione da parte dei produttori che offrono prodotti con fattori di rischio noti
* Addebito di quota delle spese sanitarie agli evasori fiscali (il diritto nasce dal dovere…)
 
E il nostro DG?
Crediamo che ci debba essere un nuovo profilo di Dg, con una cultura scientifica e una visione umanistica che protegge e garantisce i malati e la comunità, con elevata capacità di gestione nei diversi settori, in particolare per il personale e ha sensibilità per i cittadini del territorio in cui opera.
 
Nel contempo crediamo che debba partecipare ad un consiglio di amministrazione con pochi e selezionati membri scelti tra i politici del territorio con i quali valuta e seleziona gli interventi da promuovere, stabilisce e condivide il bilancio favorendo la soluzione dei problemi sanitari locali con una visione organica e sistemica, elevando la “cultura sanitaria” dei cittadini e promuovendo l’eliminazione delle criticità presenti sul territorio.
 
Giuseppe Imbalzano
Medico

17 ottobre 2017
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