Il paziente può rifiutare anche i trattamenti “salva vita”
di Daniele Rodriguez
10 APR -
Gentile Direttore,
la notizia della condanna penale di un medico,
per violenza privata consistita in tre trasfusioni di sangue rifiutate espressamente dalla paziente che è stata costretta a subirle, merita attenzione perché costituisce riconoscimento della dignità e della libertà della persona, ed in particolare del suo diritto all'autodeterminazione nella scelta dei trattamenti sanitari.
Traendo spunto dalla questione del "pericolo per la vita" che, come riferito nell'articolo, è stato oggetto di valutazione nella vicenda giudiziaria, ritengo che siano da focalizzare le seguenti due questioni di carattere generale.
1. La legge fondamentale del nostro Stato, la Costituzione, contiene un articolo dedicato al tema della "salute", il 32, il cui secondo comma è formulato in modo da tutelare specificamente il rifiuto che la persona eventualmente opponga ad un trattamento sanitario: "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge."
Ciò vale anche se la persona, consapevole delle conseguenze, rifiuta un trattamento salva-vita. L'art. 54 del codice penale, che tratta dello stato di necessità, non pone alcun "obbligo" ma si limita a conferire (al medico) una eventuale facoltà di intervenire se "costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile".
Con riferimento all'eccezione prevista dall'art. 32 della Costituzione, l'art. 54 del codice penale non può quindi essere considerato disposizione di legge che obblighi il paziente a sottoporsi al trattamento trasfusione di sangue, neppure qualora sussista il "pericolo attuale" per la vita.
In sintesi: in base alla Costituzione, la persona non può essere obbligata alla trasfusione neppure in caso di pericolo per la vita.
2. Dal 31 gennaio di quest’anno è operativa la legge 22 dicembre 2017, n. 219 "Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento". L'articolo 5, comma 1, afferma il diritto della persona di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia, nonché il diritto di revocare in qualsiasi momento il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l'interruzione del trattamento.
Il medesimo comma ammette l'eventualità che il rifiuto o la revoca riguardi un trattamento salva-vita, stabilendo la procedura da attuare in questi casi: "Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica."
Da segnalare gli obblighi che questo disposto pone in capo al medico, meritevoli di un approfondimento, da sviluppare in altra sede.
In sintesi: la legge 219/2017 ribadisce il diritto della persona di rifiutare qualsiasi trasfusione anche qualora sussista pericolo per la vita.
Daniele Rodriguez
Medico legale in Padova
10 aprile 2018
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