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Coordinatori di Ricerca Clinica, una figura “chiave” ma ancora non riconosciuta dal Ssn

di Celeste Cagnazzo

06 AGO - Gentile direttore,
curare innovando, questo è il concetto alla base della ricerca clinica.

Negli ultimi anni è emerso che lo sviluppo di un sistema sanitario sostenibile non possa prescindere dalla sperimentazione clinica. La conduzione di studi sperimentali promossi da Aziende Farmaceutiche permette, infatti, alle strutture sanitarie di ammortizzare i costi per farmaci e procedure ad alto impatto economico che altrimenti ricadrebbero sul Servizio Sanitario Nazionale, garantendo ai pazienti l‘accesso alle migliori innovazioni tecnologiche proposte dalla comunità scientifica e dando (quantomeno in ipotesi di studio) un potenziale vantaggio terapeutico. Non da ultimo gli Istituti che investono in ricerca clinica consentono al personale coinvolto di formarsi a lavorare secondo standard internazionali di qualità.

Nell’ultimo decennio, il mondo della ricerca clinica ha visto crescere vertiginosamente la complessità delle sperimentazioni con il conseguente aumento, dell’impegno richiesto ai centri sperimentali per la loro conduzione, in termini di: coordinamento, standard di qualità e gestione del dato a garanzia della tutela dei pazienti.

Come la letteratura da tempo sottolinea, aspirare a raggiungere degli standard elevati di qualità significa in primo luogo, dotarsi di infrastrutture dedicate che affianchino l’attività dei clinici. In quest'ottica, la maggior parte dei centri sperimentali si è dotata di vere e proprie Clinical Trial Unit (CTU), composte da personale altamente formato e specializzato.

Tra le figure professionali che compongono tali CTU sono inclusi i Coordinatori di Ricerca Clinica (CRC), conosciuti anche come Study Coordinator o, più impropriamente, Data Manager.

Questa nuova figura, ormai decisamente delineata dal punto di vista professionale per lo meno su un piano teorico, è infatti essenziale non solo per l’ordinaria gestione del dato, ma soprattutto per il coordinamento delle procedure e di tutto il personale coinvolto nella sperimentazione. Sembra ormai evidente, inoltre, che il coinvolgimento di questa professionalità sia il valore aggiunto dei centri per aumentare il proprio potenziale di reclutamento e per assicurare gli standard qualitativi ed etici richiesti.

Il Gruppo Italiano Data Manager e Coordinatori di Ricerca Clinica (GIDM crc), da 20 anni punto di riferimento per tutti i CRC operanti sul territorio Nazionale, ha stimato che nella sola regione Lombardia vi sono più di 160 CRC impegnati tra IRCCS, aziende ospedaliere e centri di ricerca.

Questa figura professionale così centrale però non è riconosciuta dal Sistema Sanitario Nazionale, per cui è costretta a prestare servizio prevalentemente grazie a contratti atipici (borse di studio e contratti a progetto soprattutto) o a forme contrattuali che non consentono una valorizzazione del ruolo (inquadramento come assistente amministrativo) rispetto al background formativo medio che prevede personale laureato.

Questo, in aggiunta alle recenti disposizioni del Governo in materia di forme contrattuali atipiche, sfocia nell’impossibilità per i centri sperimentali di poter inserire in organico e in pianta stabile la figura del CRC Benché il costo/persona di un CRC possa risultare totalmente sostenibile grazie agli introiti derivanti dalle sperimentazioni profit, la mancanza di un riconoscimento istituzionale ne impedisce di fatto l'inserimento in pianta stabile, aumentandone il turn-over e limitando dunque quelle che sono le effettive potenzialità a beneficio dei centri sperimentali.
 
Il tutto con l’allarmante rischio, in molti casi già realtà, che si assista ad una migrazione massiva del personale esperto verso Aziende Farmaceutiche ed Organizzazioni di Ricerca a Contratto, penalizzando fortemente la ricerca all’interno delle strutture pubbliche/di ricerca/IRCCS.

La tematica è talmente sentita che nel gennaio 2018 l'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), in accordo con CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri), COMU (Collegio degli Oncologi Medici Universitari) e AIEOP (Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica), hanno indirizzato una lettera ufficiale all‘allora Ministro della Salute richiedendo a gran voce l'effettivo riconoscimento istituzionale per tale figura.

Lo stesso GIDM crc, a nome degli oltre 200 soci, da anni cerca di sensibilizzare gli organi istituzionali sul tema del riconoscimento professionale e sta tutt'ora portando avanti una battaglia che assicuri ai CRC lo stesso trattamento riservato in passato alla figura del Clinical Monitor, stabilizzata grazie al Decreto Ministeriale del 15 novembre 2011.
 
Celeste Cagnazzo
Presidente Gruppo Italiano Data Manager e Coordinatori di Ricerca Clinica (GIDM crc)

06 agosto 2018
© Riproduzione riservata

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