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Medici sotto attacco. E’ il momento di “una ribellione epocale”

di Antonella Pezzullo

16 MAR - Gentile direttore,
chi scrive ha lavorato per anni come medico del servizio sanitario pubblico e attualmente dirige in Campania il Sindacato Pensionati della CGIL. Ha dunque la condizione privilegiata di chi può assumere un doppio sguardo, quello della domanda e quello dell'offerta professionale di servizi, vale a dire quello del cittadino e quello del medico.

 Il susseguirsi incalzante sulla stampa di notizie che pongono sotto accusa la pratica dell’intramoenia suggeriscono di non sottovalutare il tema, e tantomeno di derubricarlo a malcostume o a deficit organizzativi. A tal proposito gli articoli del professor Cavicchi centrano un tema non eludibile, vale a dire il ruolo della professione medica in un Servizio pubblico.
 E' evidente che i medici siano sotto attacco, quasi sia necessario trovare colpevoli o correi dello sfascio. Intanto la difesa della categoria procede in ordine sparso, ognuno col suo “particulare”: prima i medici dei pronto soccorso, poi i medici di medicina generale,  inviperiti perché li si considera responsabili dei codici bianchi e verdi   che  insorgono contro le proposte di chi vuole farli lavorare 7 giorni su 7 e H 24, in ultimo coloro che esercitano in intramoenia.

La logica del pensiero unico che pretende di subordinare ogni altro valore all’economicismo, adottato in Sanità con l'entusiasmo di alcuni e l'acquiescenza di molti, il "lavorare in più, di più e per più tempo", secondo il governatore della Banca d'Italia, a stipendio e pensioni invariate o decrescenti,  vale anche per i medici del sistema sanitario pubblico italiano, tra i più bravi ma i meno pagati in Europa.  La "redditività", di cui giustamente parla Cavicchi,  non è solo economica, nemmeno per il singolo, e la redditività sociale (dicasi status) dei medici è ai minimi storici, non meno delle loro retribuzioni.   Il medico, deprivato di reddito, di autorevolezza e di autonomia, impaurito da conflittualità crescenti, endogamiche e esogamiche, ridotto ad operaio di logiche che lo sovraintendono, ha davanti a se due scelte: ricostruire il proprio valore sociale attraverso il guadagno, interpretando il “lucro” come forma di compensazione, oppure, ed è la scelta per la quale propendo, prepararsi ad una ribellione epocale che ridiscuta il valore etico e sociale del suo lavoro, pretendendo di conseguenza la giusta valorizzazione economica, poiché nessuno potrà stabilire per editto che l’etica deve conciliarsi con l’economia.

In definitiva la sfida che abbiamo davanti chiama in gioco la nostra responsabilità: se scopriamo di essere il problema, o uno dei problemi, e per molti versi lo siamo, facciamo in modo di diventare anche una delle soluzioni! E’ solo se avremo l’ambizione e l’audacia di ripensare la medicina, la sanità pubblica, il valore del nostro ruolo professionale che non diventeremo controparte per i cittadini e i loro bisogni, capri espiatori del loro giusto malcontento, collaborazionisti inconsapevoli di chi il servizio pubblico vuole ridimensionare.
I diritti delle persone malate e gli interessi di chi li cura non sono inconciliabili, a patto che si abbia il coraggio di cambiare ciò che palesemente non funziona, prima che la sanità pubblica divenga un glorioso reperto dello scorso millennio.

Antonella Pezzullo
Dirigente Medico ASL NA 1 – Segretario generale SPI CGIL Campania

  
 

16 marzo 2012
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