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Gli specializzandi a concorso. Era ora!

di Stefano Magnone

07 GEN - Gentile Direttore,
ho letto con stupore la lettera di Rodolfo Vincenti, Presidente Onorario ACOI, sull'assunzione degli specializzandi negli ospedali. Lo stupore è dettato dal fatto che la Legge che prevede la partecipazione degli specializzandi ai concorsi ha esattamente un anno, che il Decreto Legge che ne prevederebbe l'assunzione è dell'aprile 2019 e che il Patto per la Salute siglato prima di Natale estende ulteriormente al terzo anno la possibilità di assunzione.
 
Va detto che sinora l'unica novità rispetto al passato ha riguardato l'inserimento in graduatoria degli specializzandi a seguito di concorso, ma sinora non risultano assunzioni degli stessi. Tutto ciò perché in Italia spesso le leggi sono inapplicabili, non essendo sostanzialmente fatte bene.
 
Quindi perché Rodolfo Vincenti solo ora si lamenta di una presunta "pericolosa deriva di superficialità progettuale"? Quali particolari accadimenti hanno suscitato la sua attenzione solo ora? Non mi sono dato una risposta per questo, ma per converso mi sono balenate in mente altre domande:
1. Se in tutto il mondo evoluto il medico in formazione specialistica è parte integrante della forza-lavoro in ospedale, pur con autonomia graduale e vincolata a direttive ricevute e protocolli interni condivisi, perché in Italia tutto ciò non è gradito o possibile?
 
2. Perché porsi la domanda se lo specializzando "potrà essere in grado, ancorché supportato, di fornire la sicurezza del corretto percorso diagnostico-terapeutico (PDTA) al malato che avrà la ventura di essere accolto da un medico, per definizione, ancora non formato"? E' così difficile lavorare in team di diverse esperienze?
 
3. Soprattutto: perché tutti questi problemi vengono da chi rappresenta una generazione assunta il giorno dopo la laurea, quando il titolo di specialista non era richiesto per un posto di ruolo in ospedale e sicuramente l'esperienza era quella di un venticinquenne con qualche mese di frequenza in reparto?
 
Sarebbe interessante approfondire il discorso, lo penso da chirurgo generale esperto anche in urgenza e trauma, prima che come sindacalista, perché trovo davvero singolari certe prese di posizione che ancora legano esperienza, capacità e professionalità a un semplice pezzo di carta più che a ciò che si sa davvero fare. 
 
E tutto cio nel paese che ha specializzato il maggior numero di chirurghi che mai hanno imparato a operare nella loro vita, facendo altro rispetto alla disciplina per cui sono stati assunti dopo aver conseguito una o più specializzazioni vuote di competenze effettive. In quei casi il titolo quali specifiche capacità garantiva?
 
Stefano Magnone
Chirurgo Generale
 


07 gennaio 2020
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